a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

lunedì 18 marzo 2013

Una proposta per l’assetto del territorio della città metropolitana di Genova

L’Arch. Andrea Pasetti, Direttore Pianificazione Generale e di Bacino della Provincia di Genova, ripercorre le tappe del percorso verso la costituzione della Città Metropolitana di Genova, evidenziando come esso vada integrato fortemente con il tema della pianificazione territoriale di area vasta che ha trovato espressione, fino ad oggi, a livello provinciale. Proprio nel momento in cui le città metropolitane paiono prendere corpo, la pianificazione di area vasta si rivela in tutta la sua attualità e adeguatezza nel saper dare delle risposte a temi complessi, nell'organizzazione dei servizi ma anche nelle scelte insediative di realtà che aspirano ad una dimensione finalmente internazionale. Nel contempo, il Piano di area vasta semplifica l’esercizio della pianificazione da parte delle singole realtà comunali ricomponendo eventuali conflittualità in un disegno più vasto e condiviso di sviluppo territoriale. Da questo punto di vista il progetto del nuovo PTCp fornisce contenuti che possono costituire per i Comuni della Città metropolitana la base interpretativa del nuovo piano di area vasta che potrebbe, così, vedere la luce quasi in concomitanza con la nascita della nuova entità territoriale. 


di Andrea Pasetti
La Città metropolitana e il Piano di area vasta

Il dibattito sulla formazione delle Città metropolitane in Italia si è spesso soffermato sugli aspetti istituzionali del nuovo soggetto che, pur essendo compreso al titolo quinto della Costituzione tra gli Enti che formano la nostra Repubblica e nonostante diversi tentativi di attivazione, l’ultimo avviato con la legge del 7 agosto 2012, n. 135 e con le successive disposizioni applicative, non ha ancora visto la luce.

Occorre registrare, anche nell’attuazione di queste misure di miglioramento dell’assetto istituzionale, un ritardo politico e culturale rispetto alla maggioranza degli altri Stati europei, che si rivela non solo a livello nazionale: si deve infatti constatare che il confronto sui requisiti del nuovo soggetto istituzionale in Italia ha creato spesso tensioni nelle relazioni tra Comuni, Province e Regioni coinvolte dal processo avviato.


A fronte di questi ritardi bisogna però riconoscere i segnali positivi che provengono dal dibattito tra gli addetti ai lavori, che resta vivo e intenso, come testimonia il sito che ospita questo contributo, e bisogna anche ammettere che negli ultimi tempi si stanno intravvedendo condizioni più favorevoli per la costituzione del nuovo soggetto.

 Per quanto riguarda la situazione di Genova, in particolare, si deve rimarcare che dal settembre 2012 sono in corso i lavori della Conferenza Metropolitana, che sta elaborando, con grande impegno e con la condivisione della maggior parte dei 67 Comuni coinvolti, lo statuto ed i regolamenti della Città metropolitana, che sono prossimi alla loro definitiva messa a punto. Grazie a questo impegno si può traguardare ad una possibile svolta nel processo di riorganizzazione dell’architettura istituzionale, uscendo dal guado in cui sono rimasti molti Enti, ed in particolare le Province.
Vorrei però affrontare la questione sotto un altro punto di vista: forse la prevalente attenzione dedicata alle problematiche istituzionali, che comunque ha messo in luce la grande valenza riformatrice del nuovo Ente, ha collocato in secondo piano un tema che risulta invece di decisiva importanza, anche per dare spessore, concretezza ed efficacia alle iniziative della Città metropolitana non appena questa sarà costituita.

Mi riferisco al tema della pianificazione territoriale di area vasta o, in altri termini, dell’area omogenea sovracomunale che la legge 135/2012 comprende tra le funzioni fondamentali di Province e Città metropolitane, nonché dei Comuni che ne fanno parte, in forma partecipata, sottraendo forse questa funzione dagli oggetti della legislazione concorrente regionale in merito alla “gestione del territorio”.

Occorre anche ricordare che tale livello di pianificazione negli ultimi 15 anni ha costituito il contenuto essenziale dei Piani provinciali, che diligentemente hanno affrontato questa funzione con esiti di grande interesse ed innovazione; tuttavia la mancanza di poteri reali affidati alle Province, e la superficiale campagna di stampa condotta negli ultimi anni per la loro “abolizione” non ha consentito alle stesse di esprimere tutte le positive potenzialità del piano di area vasta che si sono realizzate negli altri Stati europei, come ampiamente documentato da studi e da documenti facilmente reperibili [1], in parte già ospitati in questo sito.

Ma è davvero necessaria la pianificazione di area vasta? Non rischia di essere un inutile esercizio che aggiunge complicazioni ad un quadro già fin troppo complesso? E comunque, quanto tempo ci vuole per fare un Piano di area vasta?

Intendo affrontare molto sommariamente questi interrogativi nei punti seguenti, per giungere in conclusione a rappresentare la proposta citata nel titolo del presente contributo.


Verso un nuovo progetto di territorio. 

Negli ultimi decenni il rapporto tra le comunità locali, le singole persone ed il territorio è profondamente mutato.

La distinzione tra città e campagna non è più così netta come nei secoli e nei decenni passati: chi abita fuori dai centri urbani più densi, oggi, ha le stesse esigenze, le stesse abitudini, gli stessi modelli di consumo, gli stessi stili di vita dei cittadini delle aree centrali; quasi sempre (almeno per quanto riguarda il territorio della Provincia di Genova) non svolge attività agricola a titolo principale e fa quindi il pendolare, esattamente come i cittadini delle aree centrali e delle periferie.

I grandi servizi collettivi (scuole superiori, università, ospedali, centri commerciali, poli sportivi e ricreativi), che sono stati localizzati sulla base di proprie logiche insediative, determinano una rete di relazioni che quasi sempre superano i confini comunali.

Anche il territorio non è più lo stesso di quello conosciuto dalle generazioni precedenti. L’abbandono delle aree non insediate, la nuova composizione sociale e demografica, ed i cambiamenti climatici provocano profondi mutamenti nell’assetto del territorio che si rivelano drammaticamente nell’abbandono di parti consistenti delle vallate più interne, e negli eventi calamitosi che sempre più di frequente investono aree densamente abitate.

A fronte di questa realtà gli strumenti di governo del territorio, ed in primo luogo la pianificazione territoriale e urbanistica, non possono restare gli stessi di prima.

Il blocco che caratterizza negativamente i nostri piani urbanistici comunali mi pare sia determinato dalla loro continua divaricazione verso due opposte polarità: da una parte i “piani sovraordinati” pongono vincoli per l’uso del territorio, sulla base di problematiche settoriali certamente rilevanti (l’ambiente, il paesaggio, la difesa del suolo, il consumo del suolo, le grandi infrastrutture), ma indifferenti rispetto ai complessivi scenari evolutivi che devono essere progettati ed attuati per fermare il degrado e l’abbandono del territorio; dall’altra il disegno d’insieme del piano comunale è costantemente messo in crisi dalla necessità di consentire la realizzazione di interventi edilizi che, nell’attuale congiuntura economica, richiedono sempre più frequentemente modifiche a tale disegno.

Il risultato di questo blocco è procedere faticosamente “caso per caso”, cercando di ottenere in qualche modo il consenso dei soggetti deputati al rilascio di autorizzazioni ed al controllo degli strumenti urbanistici per consentire la realizzazione di singoli interventi, spesso in variante o in deroga agli stessi Piani; in questo modo è evidente che si perde di vista l’obiettivo fondamentale del Piano che non è quello di consentire o meno l’edificazione in tutte le sue varie forme, ma di offrire ai singoli cittadini, agli operatori economici ed alle comunità locali uno strumento di previsione e di governo del futuro assetto del territorio, un “progetto di territorio” attraverso il quale costruire i riferimenti per una comune identità, intesa come senso di appartenenza ad una comunità collettiva, e per la realizzazione delle condizioni per consentire uno sviluppo equo, equilibrato ed integrato.

La formazione del Piano Territoriale Generale della Città metropolitana costituisce una formidabile occasione, politica e tecnica, “senza costi aggiuntivi per i cittadini”, per rimettere al centro dell’attenzione la vera funzione dei Piani che, attraverso la costruzione di questo complessivo “progetto di territorio”, consiste nel porre nuove basi per il futuro della nostra e delle successive generazioni.

Il Piano dell’area metropolitana è un piano semplice. 

Fermo restando che la semplicità in una società complessa come quella in cui viviamo è un obiettivo difficile da conseguire, anche se certamente necessario, che semplificazione non vuol dire banalizzazione e impoverimento dei contenuti, ma modo comprensibile ed efficace di esprimerli, ed infine che occorre diffidare di chi contrabbanda come semplificazione l’accentramento delle informazioni e delle decisioni nelle mani di pochi, resta comunque evidente la necessità di intervenire nel comparto della pianificazione del territorio per liberarlo dalle trappole burocratiche in cui si trova invischiato.

Oggi, in Liguria, un Comune che intende dotarsi di un nuovo Piano Urbanistico Comunale deve mettere in conto che dal momento della decisione di intraprendere il percorso pianificatorio al momento della approvazione finale passano circa quattro o cinque anni, che occorrono discreti investimenti per dotarsi di consulenze specialistiche e di strumentazioni informatiche per la redazione e la gestione del Piano, e che occorre coinvolgere gli organi politici in defatiganti procedure per l’acquisizione di pareri e contributi, che possono anche comportare la necessità di ricominciare da capo [2].

A questo quadro sconfortante si aggiunge la considerazione che per la valutazione di elementi rilevanti ai fini delle scelte del Piano, in particolare di carattere ambientale, trasportistico e relative ai servizi, al Comune viene richiesto di far riferimento a processi che vanno oltre i propri confini e che quindi superano la sua capacità di intervento e di controllo.

L’introduzione del Piano dell’area metropolitana semplifica radicalmente l’esercizio della pianificazione, collegando in modo inscindibile il livello comunale con quello di area vasta.



Tale semplificazione, a mio parere, si deve basare su tre “pilastri”:

1.    nella Città metropolitana si devono stabilire intensi rapporti di collaborazione e integrazione tra le strutture funzionali degli Uffici centrali e quelle dei Comuni singoli ed associati; in questo modo, nel rispetto del principio di offrire ai cittadini servizi di qualità a minori costi, diventa possibile ottimizzare le (poche) risorse disponibili interne agli Enti, mettendo a sistema conoscenze e competenze di carattere locale (lo specifico stato dei luoghi, le caratteristiche e le esigenze delle comunità locali, ecc.) con quelle dell’area vasta (la conformazione ambientale e paesaggistica della vallata o dell’area omogenea, la rete dei servizi, dei trasporti, ecc.)[3];

2.    il Piano generale della Città metropolitana, articolato in ambiti omogenei di area vasta, si deve far carico dei processi complessi di armonizzazione con la pianificazione di settore (VAS, Piani di Bacino, Piani della mobilità, Piani energetici, Piani paesaggistici, ecc.), liberando la pianificazione comunale da compiti che risultano di complessa attuazione alla scala locale, e rendendola già conforme qualora non si discosti dal quadro di compatibilità già approvato; si rende possibile in questo modo consolidare il principio dell’approvazione diretta del Piano da parte dell’Ente che lo ha prodotto;

3.    nel rapporto non conflittuale tra Piano della Città metropolitana e Piano Comunale ogni cittadino deve poter trovare le risposte alle proprie esigenze che si collocano, da una parte, in quadro di area vasta (mobilità, grandi servizi, aree produttive e commerciali, fruizione di aree naturalistiche, protezione dai rischi), dall’altra in una dimensione locale tipicamente residenziale (di vicinato, di quartiere, di piccolo centro urbano o di contesto rurale), e di infrastrutture e servizi minori.


Tempi rapidi per la formazione del Piano dell’area metropolitana. 

L’elemento decisivo perché i Comuni percepiscano come vantaggiosa la disponibilità del Piano della Città metropolitana è la riduzione dei tempi della pianificazione di loro competenza.

Poter affidare al Piano di area vasta una serie di contenuti che oggi appesantiscono la pianificazione comunale, senza perdere la coerenza tra la dimensione locale e quella sovracomunale, consente di ridurre radicalmente i tempi di formazione del Piano comunale.

Qualora il rilascio dei pareri da parte della Regione e degli altri soggetti istituzionali competenti sia effettuato tramite Conferenza di servizi, e l’approvazione finale del Piano sia affidata allo stesso Comune, può essere traguardato l’obiettivo di contenere in un anno il termine per la conclusione del processo di pianificazione.

Tuttavia il presupposto essenziale per tale traguardo è che sia già in vigore il Piano dell’area metropolitana: e allora, come ci chiedevamo all’inizio, quanto tempo ci vuole per la sua formazione?

La Provincia di Genova, tra le prime Province italiane ad essere commissariata, ha recentemente deciso di lanciare una proposta a tutti i Comuni del suo territorio, chiamati a far parte della nuova Città metropolitana: la discussione di un documento di 16 pagine, che sintetizza i temi essenziali del nuovo Piano [4].

Tale proposta, anche nello spirito di contenere i costi della Pubblica Amministrazione evitando quindi di rottamare prodotti che possono svolgere in pieno la loro funzione, riprende in parte i contenuti del progetto di variante del proprio PTCp conseguente alla “verifica di adeguatezza” completato alla fine del 2011, e portato nei primi mesi del 2012 ad una “approvazione tecnica” da parte del Consiglio provinciale ormai prossimo al suo scioglimento [5].

L’obiettivo di questa iniziativa è di consentire ai Comuni di appropriarsi in breve tempo degli elementi essenziali del Piano di area vasta, in particolare del progetto del territorio articolato in ambiti omogenei, in modo da pervenire alla condivisione di tale Piano opportunamente modificato ed integrato, in tempi assolutamente rapidi.

In definitiva se nel corso del 2013 si riesce a portare a compimento tale percorso partecipativo, è credibile sostenere che nei primi mesi del 2014 il primo Piano della Città metropolitana di Genova, almeno nella sua prima versione, sia pronto per poter essere approvato e diventare guida e riferimento per la pianificazione comunale, in concomitanza con la prevista costituzione del nuovo Ente. 

Conclusioni e ripartenze. 

Nel rinviare al Documento elaborato dalla Provincia di Genova sopra citato: “Proposta per l’assetto del territorio della città metropolitana di Genova” per tutte le necessarie specificazioni, ritengo che in questa sede sia necessario solamente accennare ai temi fondamentali affrontati, per chiarire qual è il terreno su cui ci stiamo muovendo.

Il Documento, richiamate le funzioni del Piano Territoriale di Coordinamento provinciale, e sintetizzato il percorso che ha condotto alla formazione del progetto PTCp 2020 approvato dal Consiglio provinciale solo in linea tecnica, affronta il nodo del rapporto tra questo Piano ed il nuovo PTGcm attraverso i seguenti temi:


  • relazioni tra insediamenti, aree verdi e blu e polarità urbane;
  • i macro obiettivi per la Città metropolitana, articolati nelle categorie dell’equità, dell’equilibrio e dell’integrazione;
  • l’accessibilità, che costituisce il tema centrale per la creazione di relazioni di livello metropolitano;
  • la definizione di ambiti territoriali omogenei di concertazione (la proposta ne individua 9), nei quali armonizzare le politiche di Piano tra i Comuni che ne fanno parte;
  • l’indicazione di azioni / obiettivo, oggetto della concertazione, con particolare riferimento a quattro temi trasversali: le aree produttive, le infrastrutture e i servizi territoriali, le aree verdi e i corridoi verdi e blu, la fascia costiera;
  • la traduzione delle “missioni di pianificazione” indicate dal Piano provinciale in “schemi direttori d’ambito”, espressione della concertazione delle politiche comunali nella dimensione di area vasta;
  • l’individuazione di cinque priorità strategiche per la Città metropolitana, che investono sistemi territoriali nei quali devono essere coinvolti gli attori sociali attraverso processi di co-pianificazione;
  • le condizioni per conseguire positive relazioni tra il Piano dell’area metropolitana ed il Piano Territoriale Regionale in corso di predisposizione. 
Ritengo che nella difficile congiuntura che stiamo vivendo sia soprattutto necessario utilizzare gli strumenti che consentano alla nostra società di uscire dal tunnel in cui si trova; nel passato lontano e recente, e in molte occasioni, Genova e il suo territorio hanno dimostrato grandi e innovative capacità di reazione di fronte alle difficoltà, e sono stati di esempio per altre realtà nazionali. La costruzione condivisa e partecipata del primo Piano Territoriale Generale della Città metropolitana di Genova potrebbe costituire un forte segnale per la ripartenza del nostro e di altri territori.

I Comuni che faranno parte del nuovo Ente e le persone di buona volontà sono chiamati a raccolta.





[1] Fra i vari siti web utili per una consultazione segnalo il seguente: http://progetti.gogol.it/upiprg/usr_es/index.bfr nel quale sono ampiamente documentati gli esiti della pianificazione provinciale, grazie anche ad un coordinamento nazionale dei Responsabili provinciali della pianificazione territoriale.
[2] Il risultato è che nella Provincia di Genova su 67 Comuni circa 40 hanno il proprio Piano scaduto e non procedono al suo rinnovo o alla formazione di un nuovo Piano.
[3] Nella Provincia di Genova tali rapporti di collaborazione sono già stati praticati anche nella formazione di PUC da parte di Comuni in ambiti a ridotta complessità: sono state complessivamente attivate 10 convenzioni che hanno prodotto Piani comunali in tempi più brevi di quelli consueti.
[4] Con la legge di stabilità 2013, la n. 228/2012, il Parlamento ha prorogato o sospeso i termini per il riordino dell’assetto istituzionale delle Province e dei Comuni, non modificando tuttavia la previsione di costituzione delle Città metropolitane, tra cui quella di Genova, che decorrerà dal primo gennaio 2014.

[5] Il documento “Proposta perl’assetto del territorio della città metropolitana di Genova” è pubblicato sul sito ufficiale della Provincia di Genova www.provincia.genova.it .

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