a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

mercoledì 25 settembre 2013

Urbanistica, politica e l’Inu



Oggi il tema del governo del territorio è completamente assente dall’agenda politica, assorbita totalmente dalle questioni istituzionali e della spesa pubblica. Anche il tema dell’area vasta interessa solo per l’abolizione delle province, mentre occorrerebbe una approfondita riflessione a partire da una altrettanto approfondita ricerca sulla struttura amministrativa in relazione alle diverse geografie, di natura ambientale, socioeconomica e di governo dei servizi, che quasi sempre superano gli attuali confini amministrativi e alle quali quasi sempre vengono date soluzioni non commisurate ai problemi che pongono.



Pubblicato su Urbanistica Informazioni  n° 248

di Francesco Sbetti 


Il tema del governo del territorio è completamente assente dall’agenda politica, assorbita totalmente dalle questioni istituzionali e della spesa pubblica. E mentre è assente dai programmi del Governo, le Regioni, dopo la stagione "riformista" dei primi anni 2000, sembrano come "pentite" e preferiscono agire sulle strade della cosiddetta "semplificazione" intervenendo in modo settoriale con modifiche normative e procedurali sul commercio, sulle aree produttive e ancora sul piano casa, prefigurando una sorta di modello che si stabilizza attraverso interventi "in deroga", un governo del territorio per "scopo" che superi la necessità del piano.


Ancora una volta nella storia urbanistica italiana sono rimasti solo i comuni ad occuparsi contemporaneamente del governo delle trasformazioni del territorio, della gestione delle emergenze ambientali, del reperimento e fornitura di servizi compresa la casa. I comuni sono rimasti soli, senza risorse e senza la possibilità di agire con gli strumenti della fiscalità locale.


L’area vasta viene liquidata come problema assieme alle provincie e le aree metropolitane sembra non interessino nessuno e così la riorganizzazione istituzionale/amministrativa del Paese viene anch’essa lasciata ai comuni i quali stanno cercando di aggregarsi in modo più o meno casuale per raggiungere i 5000 abitanti che la leggi di riduzione della spesa hanno deciso. Il tema richiederebbe invece una approfondita riflessione a partire da una altrettanto approfondita ricerca (ma anche di queste sembra che nessuno sia più interessato) sulla struttura amministrativa in relazione alle diverse geografie, di natura ambientale, socioeconomica e di governo dei servizi, che quasi sempre superano gli attuali confini amministrativi e alle quali quasi sempre vengono date soluzioni non commisurate ai problemi che pongono. Servirebbe studiare e ricostruire localmente i processi di metropolitanizzazione, che comprendono al loro interno fenomeni, anche contrapposti, di diffusione insediativa, di densificazione e di abbandono, ma dove l’esito più evidente è rappresentato da pendolarismo sempre più lungo dal conseguente aumento di traffico e congestione delle aree centrali.


In questo quadro di assenza di politiche e strategie l’unica questione che da tutti viene posta come il problema non più prescindibile è rappresentata dalla necessità di porre fine al consumo di territorio. Si tratta di una emergenza rilevante per la quale esistono diversi disegni di legge nazionali e regionali e alla quale da tempo l’Inu presta attenzione provvedendo a denunciare e documentare (il Rapporto annuale sul consumo di suolo) il fenomeno. Ma il consumo di suolo rischia di essere una bandiera ed un arma utile solo a far lievitare i valori e le rendita in una fase di ridotti investimenti immobiliari, ma di alti fabbisogni di abitazioni sociali, di infrastrutture di servizi e di spazi verdi urbani e naturali.


Consumo di suolo zero non significa occupare ogni spazio libero da edificazioni, quanto piuttosto rispondere alle domande e a tutti i fabbisogni (compresi quelli di verde e di reti ecologiche) utilizzando gli spazi che si sono liberati da funzioni che hanno perso la loro ragione originaria (caserme, fabbriche, scuole, manicomi ...), andando a riconoscere le nuove caratteristiche che ha assunto la città contemporanea sia dal punto di vista ambientale, che economici che propriamente urbanistico. Affrontare il tema della riduzione del consumo di suolo significa affrontare anche il tema dell’agricoltura e dei modi di produzione agricola, troppo spesso estranei al territorio e incuranti dei consumi idrici ed energetici che comportano, così come significa guardare il territorio in chiave ecologica, con attenzione ai processi naturali oltre che alla sempre disattesa difesa del territorio.


L’Inu si appresta a preparare il XXVIII Congresso a Salerno il 24/26 ottobre 2013, un appuntamento importante per l’Istituto e per tutti coloro che si occupano (dovrebbero occuparsi) del territorio e delle città. Nello scenario delineato il rischio è quello di diventare un appuntamento non ascoltato, non registrato.


Il Position paper approvato dal Direttivo Nazionale dell’Inu e pubblicato in questo numero di Urbanistica Informazioni delinea in modo chiaro non solo la diagnosi dei mail della città e del territorio italiano, ma articola anche attraverso tre temi:

·         la rigenerazione urbana come resilienza;

·         la forma di piano e i compiti della pianificazione;

·         le risorse per il governo del territorio, la città pubblica e il welfare urbano;


possibili percorsi normativi e di pratica tecnico-politica.

Si tratta di un modello che l’Inu ha intrapreso da tempo, almeno dal Congresso di Bologna, quello cioè di denuncia, diagnosi delle criticità e proposte normative-disciplinari.


Un modo di essere dell’Istituto che si pone nell’ottica dell’offrire soluzioni di governo del territorio in sede nazionale e per le amministrazioni locali. Ma oggi, per riportare al centro dell’attenzione i temi posti dalle città e dal territorio e per indirizzare gli investimenti per rispondere ai fabbisogni abitativi e infrastrutturali, serve una vera e propria azione politica. Il documento per il Congresso dell’Inu deve essere sostenuto e supportato da azioni che sappiano coinvolgere, a partire dagli Amministratori locali, le forze riformiste nel Parlamento, costringendoli a produrre leggi e interventi di spesa. Una azione politica indirizzata anche verso la stampa e i media troppo spesso interessati solo a sterili grida di denuncia e non a confrontarsi con le proposte di trasformazione e riforma.

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