a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

martedì 2 aprile 2013

Cosa devono fare i responsabili delle politiche pubbliche per rispondere alla crescente importanza del ruolo delle grandi città?

Riassunto in italiano del documento OCSE : Competitive Cities in the Global Economy (2006)

parte 2 
I responsabili delle politiche pubbliche sono confrontati a numerose scelte strategiche o dilemmi a causa dell’intreccio dei vantaggi economici e delle difficoltà originate dall’emergenza delle aree metropolitane.

Dilemma I. Ricadute positive o negative?
Le grandi aree metropolitane sono il motore o il risultato della crescita economica? Se ne sono il motore, devono essere incoraggiate? Se invece ne sono il risultato, la loro tendenza ad attrarre risorse a scapito di altre zone potrebbe essere più dannosa che proficua a livello generale?

  • La relazione causale fra i livelli di urbanizzazione e i redditi pro capite non è chiara. Le aree metropolitane, essendo caratterizzate da una notevole diversità interna hanno tuttavia più opportunità di diventare poli di innovazione rispetto alle aree più piccole, più specializzate o meno pluralistiche. 
  • Non è neanche chiaro l’impatto delle aree metropolitane sulle altre aree del paese. Anche se la ricchezza e le economie di scala generate in un’area metropolitana sono destinate a diffondersi su ampia scala territoriale, le aree metropolitane possono avere un effetto di drenaggio del capitale (specie delle competenze) delle altre aere. 
  • Riconciliare gli interessi nazionali con quelli delle aere dominanti con un gioco positivo di addizione totale richiede una nuova strategia che va oltre la classica dicotomia “dal centro alla periferia”. L’esperienza di politiche di regolazione nei paesi OCSE (Parigi, Tokyo, Londra e Seoul) ha dato risultati diseguali. Le misure più efficaci non consistono nel distribuire aiuti diretti alle regioni meno sviluppate trascurando le regioni che ottengono le migliori performance, ma nel cogliere vantaggi competitivi regionali differenziati. 
  • Gli effetti sinergici potrebbero essere generati creando reti di cooperazione e di scambi fra le principali città e altre aree (es. programmi di gemellaggio di università e altre regioni, insediamento in due aree diverse di diversi aspetti dei principali progetti tecnologici).
Dilemma II. Quale visione strategica pubblica occorre adottare in un contesto di mercato?
Per incoraggiare la competitività delle aree metropolitane è necessario adottare un approccio strategico. Ma le autorità pubbliche possono adottare una visione strategica senza mettere in opera una diretta e sostanziale pianificazione economica che non puo’ funzionare in un’economia dinamica e mutevole?
  • Un approccio diversificato, basato sui cluster, potrebbe essere utile per limitare i rischi collegati a una pianificazione strategica? Un notevole vantaggio delle grandi agglomerazioni è la loro economia diversificata che comprende vari cluster specializzati. Tanto la specializzazione quanto la diversità devono essere promosse mediante politiche elaborate su misura, tenendo conto delle fasi di sviluppo dei cluster, senza rinunciare ai vantaggi della diversità nel stabilire le priorità. 
  • E’ essenziale tessere une rete di valori positivi e offrire beni locali collettivi. Le reti di collaborazione sono la chiave dello sviluppo per l’area metropolitana. Le politiche dovrebbero mirare a creare specifici legami settoriali fra i dipartimenti di ricerca universitari e le attività industriali basate sulle conoscenze scientifiche o servizi di mediazione per promuovere i legami interimprese e la partecipazione delle PMI. Altri beni collettivi quali i trasporti e altre infrastrutture pubbliche sono ugualmente essenziali. 
  • Non tutte le aree metropolitane diventeranno leader mondiali nelle attività di alta tecnologia. La ricerca di forti, sostenibili nicchie è necessaria in un’altra gamma di attività. I decisori a livello delle aree metropolitane incoraggiano spesso nuovi settori per i quali esistono pochi elementi che confermano il loro successo in passato; spesso anche le innovazioni radicali si sviluppano a partire di capacità esistenti e di un potenziale individuabile. 
  • Coinvolgere un ampio ventaglio di attori potrebbe aiutare a ridurre i rischi collegati all’adozione di una pianificazione strategica. Le autorità pubbliche delle aree metropolitane dovrebbero individuare le relazioni fondamentali fra i numerosi attori che potrebbero incidere sullo sviluppo futuro di un territorio.
Dilemma III. Dinamismo economico o città che offrono buone condizioni di vita?
La concentrazione della popolazione, che consente di spiegare in parte il dinamismo delle aree metropolitane, provoca anche un fenomeno di congestione, una scarsa qualità ambientale, una mancanza di alloggi e la formazione di ghetti. Esiste un’alternativa fra il dinamismo economico e il fatto di avere una città che offre buone condizioni di vita?
  • Un ambiente attraente contribuisce al successo economico. Spesso è più facile e meno costoso prevenire i problemi che risolverli quando sono già radicati. Per esempio, i ghetti di alloggi poveri sono quasi impossibili da eradicare quando sono già sviluppati senza uno sconvolgimento della vita dei loro abitanti che provoca nuovi problemi. 
  • Un approccio più sostenibile della gestione dello spazio urbano migliora la qualità della vita in città e la sua attrattiva. Esempi di tali strategie, comprendono lo sviluppo di zone verdi (Seoul), approcci multi-nodali (Melbourne), cosi’ come la determinazione del prezzo delle strade e gli oneri di congestione (Londra, Stoccolma e Singapore). Le strategie di rinascita urbana basate per esempio sullo sviluppo di beni culturali nelle aree depresse (Glasgow, Bilbao, Cleveland e Kitakyushu) contribuiscono ad attirare popolazioni creative e innovative, a promuovere il turismo e l’immagine del territorio e possono essere una importante componente per attrarre gli IDE.
La povertà e la polarizzazione territoriale sono probabilmente le sfide più difficili per le aree metropolitane. Gli approcci sopra menzionati non risolvono tutti i problemi visto che si possono rendere attraenti le zone centrali della città attraenti mentre nelle vicinanze sussistono i ghetti delle categorie di popolazione socialmente escluse. Benché la crescita delle grandi aree metropolitane dipenda tanto dalle interdipendenze economiche quanto dalla coesione sociale, le politiche sociali e destinate ai quartieri più poveri non hanno ottenuto ovunque i risultati attesi. La maggioranza delle autorità responsabili delle città e nazionali accetta di assumere alcune responsabilità per risolvere queste problematiche, ma è rara la volontà politica di dedicare le adeguate risorse per far fronte alle sfide che tali problemi pongono.

Dilemma IV. Un approccio strategico appropriato o un approccio che risponde alle esigenze dei cittadini?
La necessità di adottare orientamenti strategici e di pianificazione strutturale a livello generale per le aree metropolitane comporterebbe anche quella di un’autorità pubblica relativamente autonoma a un adeguato livello geografico. Tuttavia tale livello sarà distante da molte preoccupazioni dei cittadini a livello locale. Come si possono equilibrare tali tensioni?
  • Nella zona OCSE esiste una grande diversità di modelli di governo delle aree metropolitane. Le soluzioni più radicali prevedono l’istituzione di nuove autorità a livello funzionale, frapponendo uno strato supplementare di governo (es. Londra, Stuttgart, Portland) o estendendo i limiti territoriali delle città esistenti (es. Montreal, Toronto, Busan, Istanbul). Inoltre, esistono varie forme di collaborazione, che vanno dalla creazione di enti specializzati o di organi intercomunali mediante contratti fra le diverse autorità destinati ad istituire un rapporto di lavoro comune, ad accordi informali di cooperazione. Anche le competenze devolute possono essere diverse: alcune collaborazioni sono plurifunzionali (es. Vancouver, Lione) e altre sono istituite per offrire servizi individuali, quali i trasporti (es. Atene, Filadelfia).
  • I diversi modelli sono anche il risultato di considerevoli compromessi in termini di benefici e costi. In termini di efficienza, il fatto di appoggiarsi a un meccanismo di cooperazione potrebbe essere la seconda scelta migliore se comparata a quella di un organo autofinanziato e direttamente eletto, visto che tale approccio incoraggia la comunicazione e attenua la tendenza burocratica a procedere lentamente. Le associazioni o le reti comunali locali, che hanno abitualmente la possibilità di partecipare o no all’elaborazione delle politiche, contribuiscono alla flessibilità della sperimentazione consentendo una cooperazione intercomunale graduale che si adegui alle situazioni e alla cultura locali. Le istituzioni ufficiali possono essere più atte a coordinare gli obiettivi delle politiche adottate per l’insieme dell’area metropolitana e per gestire le disparità territoriali. Forme più leggere e informali di governance tendono generalmente ad essere più efficaci nel coinvolgere le parti interessate delle grandi aree metropolitane in un progetto comune, ma la tappa di attuazione richiede un piano d’azione e una massa critica di finanziamento che potrebbe esigere un foro più ufficiale per la cooperazione e per gli strumenti di collaborazione.
  • Il sostegno pubblico e la legittimità sono due fattori determinanti del successo della riforma. Spesso una forte leadership di una personalità carismatica e autorevole e/o una coalizione di un’ampia area (es. ONG, settore privato) sono state fondamentali per l’istituzione di un nuovo organo decisionale. Tuttavia, i modelli imposti o che provocano un conflitto potrebbero compromettere la riforma (es. il risultato del referendum ad Amsterdam per rifiutare i progetti di fusione d’imprese) o indebolire la stabilità delle nuove strutture (es. movimenti a favore dello scorporo delle fusioni d’imprese a Montréal). Per tale motivo, la partecipazione degli attori locali è essenziale per gestire i conflitti e le tensioni sociali, non solo mediante il voto e la rappresentazione, ma anche per il tramite di reti di attori non governativi e di associazioni.
Dilemma V. Aree metropolitane o gestione centralizzata o governativa?
Le autorità pubbliche autonome a livello delle aree metropolitane potrebbero ambire a poteri decentrati mentre i livelli più centrali di governo (il governo centrale o lo stato nei paesi federali) vogliono ancora mantenere il controllo delle grandi città. Qual è l’equilibrio da trovare fra questi due poli di potere?
  • I livelli più centrali di governo sono determinanti per istituire una cooperazione metropolitana. Nella maggior parte dei casi, il governo nazionale ha svolto un ruolo di leadership sia imponendo sia incoraggiando la riforma. Frequentemente, una base giuridica serve a legittimare il processo di riforma (es. in Corea, nelle provincie canadesi del Quebec e dell’Ontario) o a facilitare la cooperazione fra autorità locali (es. in Francia, Italia e Portogallo). Gli incentivi (erariali o finanziari) previsti da tali leggi sono elementi determinanti per l’attuazione del processo di riforma.
  • Nuovi strumenti di gestione delle relazioni verticali nelle aree metropolitane si stanno sviluppando. L’uso esclusivo di strategie decise a livello centrale e destinate al livello locale di governo non sembra adeguato per creare una visione rassicurante del futuro a partire della quale si potrebbe elaborare una strategia generale di sviluppo. Le misure giuridiche che consentono ai partenariati urbani di assumere la forma di contratti che coinvolgono numerose autorità, sono particolarmente importanti (es. le grandi città francesi, Stoccolma e Vancouver). Gli accordi contrattuali sono più efficienti quando è previsto un processo di pianificazione negoziato fra i diversi livelli di governo e quando esistono incentivi di partecipazione, un ciclo strutturato di negoziati con obiettivi chiaramente definiti, un preciso calendario ed elementi di valutazione.
Dilemma VI. La partecipazione degli attori del settore privato al governo delle
aree metropolitane

Le autorità pubbliche devono coinvolgere il settore privato nell’istituzione di partenariati regionali per lo sviluppo economico. Ma tale coinvolgimento del settore privato è sufficiente per evitare un inadeguato lobbying e un’estromissione delle imprese di piccola e media dimensione da parte delle grandi società ?
La partecipazione del settore privato al governo metropolitano offre opportunità ma comporta anche rischi. Coinvolgere le imprese locali nell’elaborazione di visioni strategiche metropolitane potrebbe aiutare le autorità a non allontanarsi dalle realtà del mercato. Tuttavia, le imprese che sono state scelte come interlocutori potrebbero sfruttare tale posizione per escludere le ditte concorrenti (es. le società multinazionali rispetto alle PMI locali). Le autorità pubbliche possono risolvere in parte tale problema, rivolgendosi alle confederazioni piuttosto che alle imprese individuali. Tale approccio potrebbe tuttavia favorire i settori già stabiliti (e forse in declino) a scapito di nuovi settori (es. negli anni ottanta e novanta, nelle città europee dominate dal settore dell’acciaio e siderurgico).
  • Il livello metropolitano offre maggiori opportunità per catturare attività di esistenti o potenziali settori, rispetto al livello locale. Anche in questo caso, siamo confrontati al compromesso di assicurare una valida partecipazione di tutte le parti interessate del mondo dell’industria alla formulazione di strategie di sviluppo o di aprire la via al lobbying e alla distorsione del mercato.
Dilemma VI. Oneri diseguali o sussidi che generano distorsioni?
Le grandi esigenze di spesa delle aree metropolitane pongono notevoli sfide finanziarie. Al tempo stesso, gli obiettivi nazionali – quali un’esigenza di equità regionale – potrebbero costringere le aree metropolitane a contribuire finanziariamente allo sviluppo economico del resto del paese. Come raggiungere un giusto equilibrio?
  • Le specifiche sfide che caratterizzano le aree metropolitane esigono un approccio urbano per gestire le finanze pubbliche locali. Occorre adeguare meglio il sistema erariale locale alle aree metropolitane che spesso offrono una più ampia scelta di servizi rispetto ad altre aree del paese. Sul fronte delle entrate fiscali, sarebbe opportuno devolvere una sufficiente autonomia alle aree metropolitane al fine di consentire a tali aeree di prendere decisioni in materia di tasse locali e di definire le priorità locali. Sarebbe anche utile diversificare le entrate fiscali e introdurre le cosìdette “smart taxes” (tasse intelligenti), quali gli oneri di congestione e altre tasse ambientali. Sul fronte della spesa pubblica, il fatto di assegnare funzioni al livello più adeguato di governo della cosa pubblica potrebbe aumentare l’efficienza della spesa. Fra i principi generali da applicare, il governo locale dovrebbe essere responsabile dell’offerta dei servizi locali, quali la gestione dei rifiuti e la manutenzione delle strade, mentre un’entità con responsibilità più estese rispetto a quelle della città dovrebbe occuparsi dei beni pubblici con maggiori esternalità, quali l’inquinamento atmosferico e dell’acqua. 
  • I piani di equalizzazione potrebbero avere effetti perversi. Un notevole dilemma per i governi centrali è come ottenere sufficienti risorse dalle aree metropolitane per assicurare l’attuazione di alcuni obiettivi di equità territoriale senza compromettere le loro capacità finanziarie.
    • Le equalizzazioni intrametropolitane sono usate per lottare contro gli effetti negativi di uno sviluppo urbano caotico e per far fronte alla polarizzazione dei redditi. Tali meccanismi di equalizzazione sono applicati da numerosi governi metropolitani (es. Istanbul, Tokyo e Seoul) cosi’ come da aeree metropolitane molto disorganiche (es. Minneapolis-St.Paul). In Francia, il centro del governo prevede di erogare stanziamenti aggiuntivi per i comuni che accettano un piano di equalizzazione intrametropolitana. 
    • I piani nazionali di equalizzazione che mirano a ridistribuire le risorse dalle aree più prospere verso quelle più povere sono frequentemente oggetto di discussione e di polemiche. Talvolta, alcuni aspetti della spesa non sono presi in considerazione, quali i costi più alti della manodopera (es. Stoccolma) e i costi più elevati dei terreni (es. Helsinki). In altri casi, i comuni che hanno un’elevata capacità contributiva ricevono un maggior numero di trasferimenti che provengono dall’applicazione del meccanismo di equalizzazione (es. Amsterdam). I piani di equalizzazione possono anche disincentivare le misure volte ad aumentare le tasse e avere effetti negativi sulle aree metropolitane che espletano grandi sforzi per raccogliere entrate fiscali (es. Seoul).
In sintesi: riconsiderare le strategie urbane nazionali
Le città sono le componenti chiave della strategia dello sviluppo territoriale. In passato, tuttavia, le poltiche nazionali urbane reagivano ai problemi, compensandoli volta in volta e non adottavano un approccio proattivo e dinamico. Non è quindi solo necessario dare maggiore visibilità e attribuire una priorità più alta alle problematiche urbane negli orientamenti delle politche nazionali, ma occorre anche prevedere l’eventualità di nuove politiche a livello nazionale, regionale e locale. I governi devono riesaminare i loro ruoli e le loro responsabilità a tutti i livelli di gestione e studiare strumenti volti ad incoraggiare le sinergie in un assetto collaborativo.

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