a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

lunedì 1 aprile 2013

Il paradosso delle aree urbane: una sfida per l’economia e per uno sviluppo sostenibile a livello nazionale e mondiale

Luci e ombre caratterizzano le aree metropolitane presenti nel mondo: alti livelli di PIL pro-capite e di produttività, crescita economica dinamica, maggiori occasioni di lavoro e di promozione sociale si accompagnano, a volte, ad alti costi sociali quali diseguaglianze accentuate, sacche di disoccupazione, scarsa qualità delle dotazioni infrastrutturali.
Un interessante documento dell'OCSE ci illustra queste problematiche suggerendo anche alcune chiavi interpretative e possibili linee di azione.

Riassunto in italiano del documento OCSE : Competitive Cities in the Global Economy (2006)

parte 1 

L’accelerazione dell’urbanizzazione ha rafforzato il peso delle grandi città o delle aree metropolitane. Oggi, più della metà (53%) della popolazione totale dei paesi OCSE vive nelle aree urbane. La zona OCSE annovera 78 aree metropolitane di 1,5 milione di abitanti od oltre, che tendono a concentrare una notevole parte delle attività economiche nazionali. Ad esempio, Budapest, Seoul, Copenaghen, Dublino, Helsinki, Randstad-Holland e Bruxelles concentrano quasi la metà del PIL nazionale nelle aree metropolitane, mentre Oslo, Auckland, Praga, Londra, Stoccolma, Tokyo e Parigi registrano un PIL che rappresenta circa un terzo di quello nazionale. 

Fatto ancora più saliente: la maggior parte delle aree metropolitane attesta un PIL pro capite superiore alla media nazionale (del 78% contro il 66%) e una più alta produttività della manodopera (del 78% contro il 65%). Inoltre, molte aree metropolitane hanno un tasso di crescita economica più rapido rispetto al proprio paese.

Numerosi fattori concorrono a spiegare i vantaggi delle grandi agglomerazioni che generano un prodotto pro capite e una produttività più alti.

  • Le economie delle agglomerazioni consentono alle grandi aree metropolitane di attrarre le sedi internazionali e regionali delle società, offrono una scelta più ampia di risorse e concentrano un maggior numero di servizi economici specializzati e di infrastrutture. Tali economie delle agglomerazioni sono confermate da una correlazione positiva fra la dimensione e il reddito delle aree metropolitane, in particolare quando le stesse aree concentrano più del 20% del PIL nazionale. 
  • Generalmente, le aree metropolitane offrono al tempo stesso i vantaggi della specializzazione e quelli della diversità. La specializzazione è in atto nelle attività ad alto valore aggiunto grazie a un più facile accesso alle conoscenze. Il favorevole modello di mix industriale delle aree metropolitane dipende anche dalla capacità di tali aree di concentrare le attività di R-S e di produrre innovazioni (oltre l’81% dei brevetti è depositato da candidati ubicati nelle regioni urbane). 
  • Le aree metropolitane tendono ad avere maggiori dotazioni di capitale (umano e fisico). Nella maggior parte delle aree metropolitane, il livello delle competenze è più alto rispetto alla media nazionale e la struttura demografica è più favorevole. Le aree metropolitane hanno uno stock di capitale fisico superiore se misurato in termini di attrezzatura delle ditte e di stock immobiliare e di infrastrutture e una migliore dotazione di trasporti e di infrastrutture di telecomunicazioni.
La capacità di crescita delle aree metropolitane non deve tuttavia essere sopravalutata, visto che le aree metropolitane non sono sempre sinonimo di successo.
  • Un certo numero di aree metropolitane sono meno sviluppate rispetto alla media nazionale, fra cui Berlino (Germania), Fukuoka (Giappone), Lille (Francia), Napoli (Italia) e Pittsburgh (Stati Uniti). Inoltre, per molte aree metropolitane, la differenza nei livelli del prodotto, della produttività e dell’occupazione rispetto alle medie nazionali non è poi cosi’ grande. La capacità innovativa delle grandi città è forse sopravalutata perché i brevetti sono generalmente registrati nelle grandi città, mentre in realtà possono provenire da ricerche che si svolgono in altre regioni. 
  • Le aree metropolitane concentrano grandi e persistenti bacini di disoccupazione. Un terzo delle 78 aree metropolitane registra tassi di disoccupazione superiori alla media nazionale. Inoltre e inaspettatamente, le zone urbane mostrano tassi di attività inferiori rispetto ad altri tipi di aree (del 44,3% contro il 49,7% e il 44,5% nelle aree intermedie e rurali nel 2003). 
  • L’esclusione e la povertà nella maggior parte dei paesi della zona OCSE sono diventate fenomeni urbani, non solo nelle aree metropolitane meno avanzate come Città del Messico, ma anche nelle città che hanno fatto fronte a notevoli ristrutturazioni industriali (Rotterdam, Lille, Detroit), cosi’ come nelle perifierie di alcune fra le più prospere aree metropolitane (Parigi, Londra). La disparità socioeconomica è un carattere condiviso da tutte le aree metropolitane. Gli immigranti e i loro discendenti rappresentano una categoria particolarmente vulnerabile della popolazione delle aree metropolitane, che tende a raggrupparsi nelle grandi città. Molti immigranti sono poco qualificati ma anche gli immigranti più qualificati si inseriscono difficilmente nelle reti economiche. 
  • La povertà e l’esclusione sociale hanno elevati costi, in particolare si traducono in alti livelli di criminalità (in media, nelle aree urbani il tasso di criminalità supera del 30% la media nazionale) e una forte polarizzazione spaziale (in dieci paesi OCSE esaminati, dal 7% al 25% della popolazione vive in quartieri sfavoriti, ossia fino al 10% della popolazione nazionale). I quartieri depressi accedono spesso in proporzione inferiore alle infrastrutture e ai servizi pubblici e mostrano livelli di investimenti pro capite inferiori rispetto ai quartieri più favoriti.
In realtà, le aree metropolitane hanno anche notevoli esternalità negative.
  • I costi della congestione sono particolarmente ingenti (es. i costi collegati al traffico, all’inquinamento atmosferico e dell’acqua, al livello sonoro e al degrado delle zone verdi) nelle aree metropolitane dei paesi OCSE che si sono sviluppati di recente e a un rapido ritmo (es. Seoul, Istanbul), ma anche nelle grandi città già sviluppate da tempo come Parigi, Tokyo e Londra e anche in alcune parti di aree che presentano una densità demografica meno alta come Helsinki e Stoccolma. 
  • A causa degli elevati costi della manutenzione, esistono infrastrutture di scarsa qualità sono presenti anche in talune aree metropolitane. Tale situazione si verifica più spesso nelle aree in cui si concentrano le case popolari o nelle aree con attività economiche associate al rumore o ad altri effetti ambientali poco graditi.
  • Le megapoli possono essere caratterizzate da diseconomie di agglomerazione. Una dimensione più grande significa più ricchezza fino a una certa soglia (circa 7 milioni di abitanti), oltre la quale la correlazione fra la dimensione dell’area metropolitana e il reddito diventa negativa (es. Seoul, Città del Messico, Istanbul e Tokyo).
Le aree metropolitane presentano potenziali elevati di benessere e di opportunità per i cittadini, ma necessitano di politiche mirate a correggerne i molti effetti collaterali negativi.
Nel prossimo articolo vedremo come i responsabili delle politiche pubbliche possono rispondere alla crescente importanza del ruolo delle grandi città.

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