a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

domenica 7 aprile 2013

Dall’area metropolitana allo sprawl urbano: la disarticolazione del territorio - parte 3a

L’area metropolitana di Napoli come estensione della sua periferia
Parte 3a 

di Giuseppe Mazzeo

pubblicato su TeMA Vol 2 - No 4 - dicembre 2009 - pagg. 7-20
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I caratteri primari dell’area metropolitana di Napoli sono la congestione e il disordine urbano. Questi caratteri negativi sono presenti nella periferia napoletana e connotano in modo sempre più marcato i centri della prima e della seconda corona.
La periferia di Napoli è una delle grandi questioni aperte della città; in essa sono presenti rilevanti problemi urbani la cui soluzione può rappresentare una delle maggiori sfide
per la città e per la sua vivibilità.
I processi di crescita della città hanno ampliato i suoi confini verso gli antichi casali posti a corona della città (divenuti parte della stessa negli anni ‘20) e, successivamente, oltre i confini comunali; ciò ha comportato una diffusione fisica, scarsamente governata, di aree residenziali e produttive, spesso frammiste.
Le aree residenziali possono essere divise in tre gruppi. Al primo gruppo appartengono le grandi aree di edilizia economica e popolare (Soccavo, Ponticelli, Secondigliano) nelle quali esiste una struttura urbana pianificata, con un sistema insediativo caratterizzato da una grande povertà di servizi e da edifici ed attrezzature spesso abbandonati a sé stessi. Ciò rende questi ambiti urbani molto lontani da standard di vita accettabili, al punto che, in alcuni casi, si è dovuto provvedere ad azioni di demolizione di strutture divenute ingovernabili (basti ricordare quella parziale delle Vele di Secondigliano tra il 1997 e il 2003). Il secondo gruppo è formato da sistema abitativi “ibridi”, realizzati anche sulla base di strumenti di pianificazione, ma senza la presenza di infrastrutture e di un preciso disegno urbano (anche, e soprattutto, per quanto concerne la città pubblica).
Infine vi sono i quartieri abusivi in tutto o in grande parte, generalmente caratterizzati dalla mancanza di ogni struttura pubblica se non come elemento sporadico; tali ambiti residenziali hanno letteralmente attaccato il territorio, espellendo da esso le precedenti attività agricole o riducendole a dimensioni ridottissime.

Secondo dati recenti dal 1998 al 2007 in Campania sono stati costruiti 60.690 edifici abusivi per una superficie utile complessiva di 9.103.434 mq, la maggior parte nelle province di Napoli e Caserta (Legambiente 2008).
Le aree produttive sono tipiche della periferia orientale della città dove impianti produttivi antichi e recenti coesistono spesso inseriti nella struttura residenziale della città. Impianti e sistemi produttivi sono molto spesso poveri e testimoniano della perdita di competitività industriale della città.
La bassa qualità dei servizi pubblici e dell’ambiente urbano, unito alla forte disoccupazione e al basso livello dei redditi hanno favorito nelle aree periferiche la crescita di “poteri” paralleli: la nascita di gruppi criminali organizzati si nutre anche del “rispetto” da parte dei residenti e della trasformazione delle relazioni tra popolazione e pubblica amministrazione, non più considerata come il reale interlocutore: nella sola città di Napoli sono censiti 40 gruppi criminali; altri 14 nel resto della Provincia di Napoli.
L’intera Campania è assediata da 90 gruppi criminali (Ministero dell’Interno 2008), capaci di imporre una propria logica imprenditoriale deviata su settori fondamentali come, ad esempio, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti o la realizzazione di opere pubbliche.

L’espansione della sistema urbano di Napoli ha avuto un forte impatto sul territorio circostante, prima sui comuni più vicini, poi sui comuni più esterni; i processi di espansione residenziale hanno condotto alla cementificazione di vaste aree agricole e all’espansione dei fenomeni di degrado in molti di questi territori.
I caratteri della maggior parte dell’area metropolitana si sono via via omogenizzati e sono divenuti molto simili a quelli della periferia napoletana, anche se il territorio che circonda la città presenta caratteri molto differenziati e, in alcune sue parti, mantiene caratteri di unicità e di forza ambientale;
basti pensare ai famosi paesaggi della Penisola Sorrentina e delle isole di Capri, Ischia e Procida (che, per propri caratteri, mantengono una immagine completamente diversa dal resto della Provincia di Napoli), ai siti archeologici di Pompei, Ercolano e Cuma (sebbene immersi in una matrice urbana indifferente alle specificità dei luoghi), alle propaggini appenniniche della provincia.
La situazione critica dell’area metropolitana è connessa, in particolare, con lo spazio indifferenziato posto a nord e ad est della città, in cui l’evoluzione dell’area metropolitana ha creato una città informe ed estesa, sovraurbanizzata (Vettoretto 1996) e con una debole percentuale di attività lavorative e di occupati (43,63% per la Provincia di Napoli al 2001), una forte disoccupazione (30,90% al 2001), una forte criminalità e una debole struttura produttiva.

Il processo di espansione urbana che ha interessato l’area a corona della città di Napoli è testimoniato, in particolare, dall’evoluzione di due fondamentali indicatori urbani; il primo è la distribuzione della popolazione: nel 1961 la popolazione della città di Napoli ammontava al 48,86% del totale della provincia; nel 2001 essa era pari al 32,44% e una delle ultime rilevazioni (maggio 2009) portava questo valore al 31,28% (demo.istat.it).
Il secondo è la diffusione sul territorio metropolitano di attività connesse al commercio e al tempo libero, con considerevoli conseguenze sui costi di mobilità e sugli impatti ambientali (Martinotti 1993; Dal Piaz 1995).
Uno degli elementi positivi in questo quadro è lo sviluppo della rete di mobilità su ferro. Secondo gli ultimi dati, l’area metropolitana di Napoli possiede 555,60 kilometri di ferrovie, incluse le reti suburbane e regionali (500,00), quelle metropolitane (27,80), le reti leggere, i tram ed altri sistemi (27,80), con una dotazione di 0,30 km di linee a kmq e 156,41 km di linee ogni milione di abitanti, dato comparabile con quello di altre aree metropolitane nazionali ed internazionali (Regione Campania - ACaM 2008).
Elementi caratterizzanti l’area metropolitana di Napoli
Dal 1990 una legge della Repubblica prevede l’istituzione di aree metropolitane quali strutture amministrative autonome atte a governare spazi territoriali interessati da ampie concentrazioni urbane. Una di queste aree è centrata su Napoli. Dall’emanzione della legge poco è stato fatto, non esistendo alcun documento ufficiale che delimiti l’area o che definisca i compiti della struttura amministrativa. Anche i piani territoriali che interessano questa area (Piano Territoriale Regionale e Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Napoli) non sembrano interessati al problema.
L’area metropolitana di Napoli si caratterizza per essere monocentrica, ossia incentrata sulla città come unico fulcro del sistema territoriale.
Diversi sono stati i tentativi di delimitare questo sistema territoriale; basti ricordare gli studi condotti dall’ISPRA (www.apat.it) che ha pubblicato una serie di rapporti annuali sullo stato delle aree metropolitane italiane, procedendo anche ad una delimitazione di massima.
L’analisi riportata in queste pagine non vuole essere un ulteriore tentativo di delimitazione, bensì un approfondimento delle analisi relative ai processi insediativi che vedono in un’area metropolitana uno dei maggiori motori di cambiamento territoriale.
A partire da Napoli, si sono costruiti cinque anelli concentrici di comuni, via via più lontani dalla città, allo scopo di individuare le tendenze nei processi insediativi che, nel corso di oltre un secolo, si sono verificati in questo territorio (3).
I comuni sono tutti quelli della Provincia di Napoli, oltre ad una serie di realtà territoriali appartenenti alle province di Caserta e Salerno, che si ritengono strettamente connesse con il capoluogo. La stessa città di Caserta è stata inserita nella penultima fascia, in considerazione della stretta interrelazione e dei rilevanti fenomeni insediativi verificatisi lungo l’asse di connessione Napoli-Caserta; tale ragionamento può essere fatto (anche se con gradienti minori) anche per i comuni della Provincia di Salerno a sud-est.
Un discorso a parte va fatto per i comuni della Provincia di Napoli appartenenti all’ultima fascia territoriale, di cui fanno parte i comuni isolani e quelli posti nella Penisola Sorrentina oltre Vico Equense. Essi sono stati inseriti nell’analisi per completezza di informazione anche se sembrano estranei alle dinamiche dell’area metropolitana napoletana, conservando caratteri distintivi autonomi.
L’analisi portata avanti ha analizzato la variazione di popolazione nei comuni a partire dal Censimento del 1861 fino alla rilevazione della popolazione residente del maggio 2009, con cadenze temporali di circa 20 anni l’una dall’altra.
Si è proceduto ad assegnare ogni Comune ad una fascia e a calcolare il totale della popolazione per fascia e per anno.
Le analisi hanno portato alla costruzione di due tabelle, una per popolazione ed una per percentuale di popolazione. Da queste tabelle si sono ricavati i grafici riportati nel paper.
Dal primo grafico (popolazione in valore assoluto) si rileva come il periodo 1936-1981 sia stato caratterizzato da una crescita rilevante della popolazione nel territorio di analisi, quasi raddoppiata in valore (da 2.178.000 a 3.700.000 circa), mentre nel periodo successivo (1981-2009) la crescita è stata caratterizzata da gradienti inferiori (4.020.000 a maggio 2009). In questo periodo Napoli ha visto crescere la sua popolazione fino al 1961 mentre, a partire al 1981, l’andamento si è invertito.
A fronte di ciò la popolazione nelle fasce esterne, da 1 a 4, ha visto un aumento continuo, con una stabilizzazione negli ultimi periodi. Dal grafico costruito sulla base delle percentuali si rileva un andamento più marcato dei fenomeni. La percentuale di popolazione residente a Napoli cresce fino al 1921 (circa il 45% della popolazione dell’area è residente a Napoli) e, parallelamente, diminuisce la percentuale dei residenti nei comuni esterni. A partire dal 1921 l’andamento si inverte. Si arriva nel 2009 ad un dato di residenti a Napoli pari a circa il 24% (31,28% se si considera il dato della sola Provincia di Napoli) e tale dato è quasi simile a quello dei residenti nei comuni della prima fascia (23% circa).
Anche i Comuni appartenenti alla fascia 2 presentano un fenomeno di crescita costante che li porta a raggiungere il valore di oltre il 17% di residenti. La fascia 3 si mantiene sul 15% di residenti, mentre i comuni di fascia 4, dopo una diminuzione percentuale che continua fino al 1981, hanno iniziato lentamente a crescere arrivando anch’essi a circa il 17%. In diminuzione la percentuale di residenti nella fascia 5. Dai dati analizzati si evidenzia come la diminuzione di popolazione della città di Napoli si sia distribuita nel suo intorno ed, in particolare, nei comuni di fascia 1 e 2.

Se si considera il periodo 1961-2009 la variazione percentuale di popolazione residente nei comuni oggetto di analisi va da un massimo positivo pari a 626,42% (Castelvolturno, CE, fascia 3) ad un massimo negativo di -24,39% (Torre Annunziata, NA, fascia 3); in questo periodo 39 comuni hanno avuto una crescita superiore al 100% (4).
Dalla lettura dei dati e dalla loro evoluzione emergono una serie di tendenze evolutive interessanti. Il dato relativo alla città di Napoli è sintomatico delle difficoltà della città di creare qualità al suo interno, allo scopo di ridurre o invertire i processi di perdita della popolazione.
Altre zone della corona sembrano avere gli stessi problemi: in particolare si fa riferimento ai comuni della fascia costiera vesuviana che avevano subìto forti incrementi di popolazione dopo la Seconda Guerra Mondiale e che si sono ritrovati ad essere schiacciati da valori di densità di popolazione spropositati se messi in relazione al territorio e ai servizi presenti.
Un altro elemento da sottolineare è la strategicità del corridoio Napoli-Caserta: l’elevata densità raggiunta (in termini di popolazione, di attività produttive e commerciali e di presenza criminale) ne fanno una potenziale polveriera metropolitana.
Infine, due sembrano essere i polmoni di crescita ancora presenti nel territorio analizzato: la fascia costiera nord dei Campi Flegrei e il Nolano verso est. Su di essi è possibile intervenire per recuperare e tutelare ambiti paesaggistici e agricoli ed evitare i processi degenerativi che hanno interessato altri ambiti.
Considerazioni conclusive
«Negli ultimi 40 anni, la popolazione europea è cresciuta del 20%, mentre la popolazione urbana è cresciuta praticamente del doppio (40%); inoltre, negli ultimi 20 anni, l’estensione delle aree urbanizzate a livello europeo è aumentata del 20%, contro un aumento della popolazione del 6%.
Attualmente, benché la crescita di popolazione in molte aree urbane si sia stabilizzata, continua lo sviluppo attorno alle periferie dei maggiori centri urbani, portando ad una specie di “decentralizzazione” dell’uso del territorio urbano.
L’aumento del trasporto su strada ha stimolato lo sviluppo di nuove infrastrutture di trasporto e, in particolare, ha incrementato la richiesta di territorio da utilizzare per queste nuove infrastrutture; negli anni ’90 si è avuta nell’EU una perdita di 10 ettari al giorno di suolo solamente per la costruzione di nuove autostrade. Questa richiesta di infrastrutture è favorita dall’aumento dello standard medio di vita e dall’aumentata distanza tra le aree residenziali e i luoghi di lavoro, distanza principalmente coperta mediante l’uso di mezzi privati» (Barberis 2006).
Il consumo di suolo non è un concetto legato ad una organizzazione metropolitana del territorio. Infatti, un’area metropolitana deve avere una sua struttura organizzativa capace di farla funzionare, mentre una espansione pura e semplice non ha bisogno di elementi organizzativi, collegandosi spesso alla organizzazione preesistente e facendola collassare. Vi è quindi una grande differenza tra espansione dell’urbanizzato e costruzione di un’area metropolitana. È la stessa differenza che corre tra migliaia di libri ammonticchiati e una biblioteca ben organizzata.

Vi sono azioni che possono favorire il raggiungimento dell’obiettivo, ossia mutare un insieme sconnesso di funzioni e di spazi in una organizzazione metropolitana?
Una azione di base è sicuramente la costruzione di un sistema amministrativo unitario e coerente per tutta l’area metropolitana, da cui derivi una conseguente coerenza del sistema delle previsioni territoriali.
In questo modo si rafforza anche la base organizzativa che influisce sul ruolo giocato dalla città e dalla sua area metropolitana nel sistema della competizione internazionale.
Le politiche che derivano da questa organizzazione amministrativa unitaria, però, devono essere consapevoli della insostenibilità dell’organizzazione metropolitana così come essa è attualmente strutturata. A questo riguardo è possibile agire con politiche specifiche, indirizzate alla effettiva riduzione del consumo di suolo.
Una delle azioni possibili è quella della densificazione, ossia della realizzazione di sistemi edilizi concentrati al posto di quelli diffusi. Ciò ridurrebbe la quantità di suolo necessaria ad insediare abitanti e funzioni, ma presuppone una reale lotta contro la diffusione insediativa, ossia contro la tendenza alla occupazione di territorio a bassa densità.
Una seconda azione può esse l’utilizzazione intensiva del sottosuolo per la realizzazione di volumi per attività diverse (commercio, produzione, terziario, ecc.) grazie anche alla disponibilità di moderne tecniche di illuminazione, di condizionamento e di risparmio energetico.
Una terza azione, connessa alla definizione di precisi confini e alla costruzione di una autorità
amministrativa unitaria, è rappresentata dalla preservazione degli spazi aperti e dalla
quantificazione monetaria dei costi ambientali e
sociali che comporta la loro trasformazione: un adeguato uso della leva fiscale, applicata ai soggetti che vogliono realizzare queste trasformazioni, ridurrebbe la convenienza di tali interventi.

Note
3 Appartiene alla fascia 0 il solo Comune di Napoli. La fascia 1 è
composta da 27 Comuni, tutti nella Provincia di Napoli. La fascia
2 è composta da 25 Comuni; di essi 14 sono nella Provincia di
Napoli e 11 in quella di Caserta, a testimonianza della stretta
interrelazione esitente tra le due. Lo stesso è testimoniato anche
dalla composizione della fascia 3 (35 Comuni, di cui 22
appartenenti a Napoli e 13 a Caserta) e della fascia 4 (40 Comuni,
di cui 14 appartenenti a Napoli, 16 a Caserta e 10 a Salerno). La
fascia 5 è stata inserita per completezza. Essa contiene 14
Comuni che, per loro caratteristiche, possono essere considerati
autonomi dall’area metropolitana.
4 L’analisi prevede ulteriori sviluppi. In particolare, la possibilità di
associare ad ogni comune l’elenco delle nodi su ferro (nazionali,
regionali, metropolitane) e delle uscite autostradali e la
definizione delle percentuali di territorio comunale definibile come
urbanizzato, anche suddiviso per categorie di urbanizzazione.

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Referenze immagini
L’immagine a pag. 7 è tratta dal sito http://myopera.com. L’immegine a pag. 9 è tratta da Mercandino (2001); quella a pag. 13 da EEA
(2009). L’immagine a pag. 14 è tratta dal Ptcp di Milano. Le immagini alle pagg. 11, 12, 15, 16, 17, 18 sono dell’autore. L’immagine di
pag. 19 è tratta da www.wikimedia.org.

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