a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

domenica 14 settembre 2014

Torino: Dieci progetti per cambiare il futuro. E la città sarà bilingue

L'obiettivo è attrarre aziende estere e creare nuovi saperi. Il piano presentato da Fassino al forum di Cernobbio: "Torino dovrà diventare una piccola Svizzera, sarà creata un'agenzia a questo scopo" . Di questo argomento avevamo trattato anche noi, in riferimento al territorio di Genova e provincia, nell'articolo Il territorio della Provincia di Genova, alcune idee per riconquistare l'attrattività perduta, e ci fa piacere riscontrare molte analogie con quanto si vorrebbe fare a Torino.

di GABRIELE GUCCIONE
pubblicato su La Repubblica Torino l'8 settembre 2014

Una città dove ogni turista, studente, ingegnere o ricercatore straniero possa sentirsi a casa. Sentirsi rispondere in inglese a qualunque domanda, per strada, o sul posto di lavoro. Come se Torino fosse un punto sulla cartina della Finlandia. Sembra un sogno. Ma l'idea di una città bilingue, e per questo più capace di attrarre investitori stranieri, è diventata un progetto. Uno di quelli messi a punto dal nuovo piano strategico che il "pensatoio" presieduto dall'ex sindaco Valentino Castellani e diretto da Anna Prat stanno finendo di scrivere e che ha l'ambizione di puntare al traguardo del 2025.

Uno di quei dieci progetti concreti che saranno affidati ciascuno a un "manager" con il compito di portarlo a compimento. Così la città che ha perso la testa della Fiat, diventata nel frattempo Fca, pensa in concreto di uscire dalla crisi: attraendo nuove imprese, creando saperi specialistici, snellendo la burocrazia e dando condizioni certe a chi vuole investire. Ma anche inventando un programma che faccia diventare Torino bilingue. Un pacchetto che è stato presentato dal sindaco Piero Fassino al forum Ambrosetti di Cernobbio, davanti al gotha della finanza italiana. "Esiste un "caso Torino", ed è l'esempio - dice il primo cittadino rivolto alla platea di Villa d'Este - di come nella crisi una città che si è ritrovata nel giro di vent'anni con 10 milioni di metri quadri di fabbriche abbandonate, è stata capace di trasformare se stessa e di trovare una nuova identità e un nuovo modello di sviluppo".

Da dove partire per riprendersi dalla "scossa"? "Dalla ricerca di nuove vocazioni, di una pluralità di vocazioni - sostiene il primo cittadino - La storia di Torino non è finita". Resta la città industriale: "È importante e vogliamo che lo rimanga". Ma non basta più una sola vocazione. L'unica strada, in fondo, è trovare nuove produzioni, nuovi investitori che arrivino alla ricerca di un luogo adatto, di un ventre capace di accogliere. "Torino non sarà mai come Milano, una città dove trovano servizi indistinti e misti - ragiona Anna Prat, direttrice di Torino Strategica - Ma sarà un piazza in cui sviluppare dei servizi legati a produzioni specifiche". Un esempio su tutti è quello che sta succedendo nel mondo dell'automotive. Se prima c'era un solo produttore che fagocitava ogni tipo di attività e si imponeva come esclusivo, da qualche anno altri hanno fatto la loro comparsa. Si punta a un vero "secondo produttore", che venga attratto dalle produzioni e dai centri di ricerca come quello di General Motors sui motori diesel e di Volkswagen sul design attraverso Giugiaro. Senza contare i tre centri cinesi di disegno industriale.

Ma prima di tutto bisogna diventare attrattivi. E per diventarlo bisogna migliorare almeno tre cose, come le tre pale di un'elica: la capacità di attrarre investimenti, la formazione di personale qualificato, l'innovazione della pubblica amministrazione. Per ogni elica il piano strategico mette in cantiere tre progetti da realizzare concretamente. Il primo obbiettivo è far diventare Torino una piccola Svizzera. "Perché le imprese delocalizzano oltralpe? Non certo perché il costo del lavoro è inferiore", dice Prat. "Piuttosto - aggiunge - perché ci sono condizioni certe, la burocrazia è snella e chi vuole investire viene seguito passo passo". Anche qui si cercherà di adottare lo stesso metodo. Sarà creata una agenzia, "Destinazione Torino", che avrà questo compito. E un sistema, "AcceleraTo", che dovrà investire sulle start-up per aiutarle a stare sul mercato e a crescere rapidamente. In questo settore sarà creato anche un incubatore, "Civic tech", che svilupperà nuove imprese capaci di creare un welfare integrativo o sostitutivo basato sulla gestione imprenditoriale e sull'uso delle tecnologie. Nel campo della formazione e della ricerca il piano indica la creazione di una scuola di alta formazione nella gestione d'impresa, che parta dalle esperienze esistenti di Politecnico e Università.

E poi un "Laboratorio Torino": un gruppo di imprese manifatturiere che, in accordo col ministero, riqualifichino i laboratori degli istituti tecnici con la diffusione di nuove tecnologie d'avanguardia. Oltre a un progetto di "open access". L'altra cosa da innovare è la pubblica amministrazione: il progetto


prevede la creazione di un "Portale unico delle imprese", che gestirà tutte le pratiche online, un programma per la semplificazione e la sburocratizzazione del territorio, e un "Ecosistema digitale" che valorizzerà il patrimonio informativo pubblico.

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