a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

lunedì 7 gennaio 2013

Città e metropoli nell'evoluzione del Mezzogiorno - Area metropolitana di Palermo (L. Viganoni, Milano 1990)

di Ernesto Frasca Polari
In una fase di grande trasformazione della natura e della distribuzione del fenomeno urbano, il Mezzogiorno sembra restare ancora ai margini rispetto alle forze-guida che ridisegnano le reti e le gerarchie di città. ne deriva una rinnovata incapacità a reggere il confronto con l’evoluzione dei sistemi urbani dell’Italia settentrionale e centrale.

La realtà urbana in Sicilia, si articola intorno a quattro principali aree: l’area catanese-etnea, l’area del messinese, l’area megarese-iblea ed infine l’area di Palermo. Le prime tre aree tendono ad integrarsi in un unico processo di urbanizzazione, che si spiega lungo tutta la fascia ionica. Nella Sicilia occidentale abbiamo, invece, una regione urbana che raggiunge il milione di abitanti, ma che gravita essenzialmente su Palermo. È netta, infatti, la supremazia del capoluogo regionale sulla parte occidentale dell’Isola, che ne dipende anche per i servizi banali ed elementari.

Palermo rappresenta una entità urbana pressoché isolata, con vie di comunicazione lente e quasi priva dell’apporto dei centri vitali ed in via di sviluppo nelle sue vicinanze (ad eccezione di Termini Imerese e della sua zona industriale). Una metropoli regionale risulta tale se si dimostra in grado di organizzare intorno a sé una regione vasta, integrata e coerente, esprimendo così una forte nodalità. Un presupposto essenziale dell’esistenza della metropoli é la dotazione di servizi specializzati, centri di decisioni ed istituzioni culturali innovative. Palermo, per origini e dimensioni è sicuramente una grande città, ma allo stato attuale del suo sviluppo, non sono ad essa attribuibili doti di funzionalità e personalità tali da promuovere e qualificare, in senso moderno ed innovativo, vocazioni e risorse del territorio della Sicilia occidentale. Il capoluogo regionale conferma la sua immagine tradizionale di entità urbana isolata ed accentratrice. Il sistema urbano della Sicilia occidentale, infatti, è dotato di una fascia di centri medi, compresi fra i venti ed i centomila abitanti, la cui popolazione, se considerata globalmente, quasi controbilancia quella residente nella metropoli centrale. Grazie all’apporto di autostrade e superstrade, le vie di comunicazione si sono molto velocizzate, negli ultimi decenni, ed interconnettono aree economiche caratterizzate da una certa vitalità.

I processi di rivalorizzazione, in campo agricolo, promuovono un miglioramento dei livelli di reddito ed una più articolata domanda di servizi a vantaggio soprattutto dei poli più attrezzati della rete urbana. Il centro urbano di Palermo ha occupato, per secoli, un’estensione relativamente modesta, pari a quella dell’attuale centro storico. Con l’espansione degli ultimi decenni si assiste ad un progressivo ed accelerato sviluppo del tessuto connettivo tra la città e i quartieri di edilizia sovvenzionata, sorti ad una certa distanza da essa. Rispetto al grande trasferimento di popolazione realizzato con la costituzione di alcuni quartieri satellite (CEP, ZEN, VILLAGGIO RUFFINI), rappresentano dei piccoli contingenti persino i nuclei di edilizia sovvenzionata (Tasca Lanza, Perpignano, Villaggio S. Rosalia), che disponendosi attorno alla circonvallazione ed intercalandosi ad enormi caseggiati di edilizia privata e di altre tipologie, rappresentano il crogiolo in cui si forgiano valori, modelli e stili di una nuova vita urbana. È, infatti, lungo l’asse della circonvallazione, già definito dal piano di ricostruzione, che si configura una nuova direttrice fondamentale dello sviluppo urbano. Nel periodo compreso tra il 1971 ed il 1986 una particolare dinamicità , sul piano demografico, hanno dimostrato i centri minori compresi nell’area metropolitana di Palermo, per cui il capoluogo pare in grado di coinvolgere nella sua espansione una cerchia di centri medi e piccoli ben più ampia della sua conurbazione. Nonostante l’accentuata dinamicità dei centri minori dell’area metropolitana, il carattere strutturale di quest’ultima non muta: essa rimane essenzialmente monocentrica. Se guardiamo all’interno della metropoli, durante il periodo preso in esame, osserviamo la tendenza alla redistribuzione della popolazione a favore dei quartieri periferici. Questa scelta non è stata adeguatamente contrastata, infatti si è decentrato il grosso della funzione residenziale, riservando al centro una funzione di servizio. L’intensa edificazione avvenuta ai due lati del Viale della Regione Siciliana, promossa dagli insediamenti di edilizia pubblica o sovvenzionata, ha contribuito a snaturare la funzione della circonvallazione, trasformandola da fondamentale asse di scorrimento veloce e raccordo tra le autostrade di Catania e di Mazara del Vallo, in intasata arteria cittadina. I quartieri urbani, e i comuni caratterizzati da forti incrementi demografici si dispongono lungo l’asse della circonvallazione e dai suoi prolungamenti ideali verso Est ed Ovest. Viale della Regione Siciliana piuttosto che perimetrale dall’esterno la città si propone come nuova direttrice dello sviluppo urbano, esautorando, di fatto, l’asse che va dalla stazione centrale alla statua della libertà.

La struttura produttiva e l’apparato industriale esigui concorrono a limitare l’impulso verso il policentrismo, anzi non sono in grado di modellare lo sviluppo urbano secondo le loro esigenze, pertanto si adattano alle modalità di sviluppo dettate dal sistema insediativo.
 Se analizziamo ora il processo di adeguamento delle forme istituzionali al sistema territoriale che va delineandosi, un significativo passo avanti è stato compiuto con l’approvazione della citata Legge Regionale n. 9 del 6 marzo 1986, che disciplina la materia relativa alle aree metropolitane, definendole e delimitandole. Nel caso di Palermo il processo di definizione di una proposta di delimitazione è risultato piuttosto laborioso. Le funzioni speciali attribuite alle provincie, contenenti aree metropolitane, costituiscono una sottrazione di poteri nei confronti degli Enti locali e quindi un notevole riassetto sia sul piano politico-istituzionale che su quello delle effettive reti ed aree di influenza politica. I comuni minori, inoltre, intravedono il rischio di soccombere sotto il peso della particolare concentrazione di problemi e poteri, costituito dalla città di Palermo. In sostanza, il processo di adeguamento al mutamento di scala indotto dallo sviluppo metropolitano evidenzia una sorta di deficit di cultura politica ed amministrativa che, se non tempestivamente colmato, potrebbe seriamente compromettere le istanze di autogoverno del territorio meridionale.

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