a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

martedì 1 gennaio 2013

Le relazioni tra città e territorio di influenza: l’esperienza statunitense

di Ernesto Frasca Polara
Aggiornato il 24 maggio 2000
Le relazioni tra città e territorio di influenza: l’esperienza statunitense
In passato le città erano delle entità geografiche ben delimitate, identificabili, autocontenute cui corrispondevano livelli istituzionali ben precisi. In tempi recenti i processi di industrializzazione e urbanizzazione hanno generato effetti divergenti riducendo, attraverso vari meccanismi, la corrispondenza tra ampiezza territoriale ed area di potere amministrativo - istituzionale. La crescita fisica dell’agglomerato urbano si è estesa oltre i confini amministrativi, la popolazione e le attività economiche si sono ridistribuite sul territorio interessando luoghi intorno al nucleo centrale. Le condizioni di vita si sono così diffuse, le relazioni funzionali modificate, generando una serie di flussi che connettono le diverse parti del territorio ed attenuando sempre più la corrispondenza fra identità urbana ed identità istituzionale. Da tutto ciò scaturisce l’interesse dei vari studiosi ad analizzare questi nuovi fenomeni (che hanno generato detti flussi migratori), e a stabilire delle definizioni funzionali, più aderenti alla realtà, atte ad identificare e delimitare i sistemi urbani e le aree metropolitane. Esistono, infatti, delle esperienze di identificazione dei sistemi urbani metropolitani, (DUS: DAYLY URBAN SYSTEMS), che confermano quanto detto, poiché si tratta di una denominazione assegnata a dei sistemi territoriali delimitati, con riferimento ad una specifica procedura di regionalizzazione funzionale (COOMBES ed altri 1978).Tale denominazione riferita da B.J.L. BERRY (1973) ai "campi di pendolarità ", che egli ha reso famosa; con l’analisi dei cambiamenti occorsi nel decennio 1960-70 negli Stati Uniti, ha permesso una ripartizione esaustiva del territorio continentale e successivamente è stata adottata dal BUREAU OF ECONOMIC ANALYSIS. L’esperienza pionieristica in materia è quella del BUREAU OF THE CENSUS degli Stati Uniti, che già all’inizio del secolo definisce un sistema di aree per compendiare i dati sulla popolazione urbana (1910: distretto metropolitano 1950: area metropolitana 1960: area metropolitana statistica standard). Un’analisi più dettagliata dei sistemi urbani si trova nello studio più recente condotto da HALL e HAY nel 1980. Tutte le definizioni, proposte dagli studiosi, sui sistemi urbani presentano tre elementi in comune (F. SFORZI - 1987):

1) località(città) centrale dotata di una soglia minima di popolazione;  
2)estensione territoriale abbastanza grande da comprendere l’agglomerato urbano ed abbastanza piccola da mantenere un livello minimo di densità demografica;  
3) un insieme di località da cui i lavoratori si dirigono verso il nucleo urbano centrale, tale da costituire una efficace approssimazione territoriale del mercato del lavoro urbano.
In ciascun paese questi criteri vengono interpretati ed applicati in maniera diversa, anche le unità territoriali elementari, utilizzate come unità di base dei dati variano per estensione territoriale e per popolazione media residente, tutto ciò comporta effetti non trascurabili sull’applicazione dei criteri per l’identificazione dei sistemi urbani.
1.1.  - La città come sistema ad elevata complessità
È necessario considerare la città come sistema dinamico ad elevata complessità per comprendere gli studi, condotti da diversi esperti, sulle aree metropolitane. Cominciamo col dire che la città può essere concepita come un sistema. Un sistema è un insieme di parti tra loro in relazione. Se il concetto viene riferito alla città, troviamo: posti di lavoro industriali, residenze, posti di lavoro terziari, diffusi su un grande scacchiere, tra loro in relazione attraverso comunicazioni e trasporti. Quando le parti e le relazioni sono in numero elevato il sistema è complesso (Bertuglia "La città come sistema" - Udine 1980). La complessità è in relazione con il numero di elementi identificabili all’interno del sistema e col numero delle loro relazioni (Waddington, 1977). Con riferimento ad un sistema qualsiasi si può enunciare la seguente proprietà: "un’azione compiuta su una parte o su una relazione genera effetti su altre relazioni e parti, a cascata", in un sistema complesso la cascata di effetti non può essere assolutamente seguita senza adeguati strumenti. In un sistema gli effetti a cascata delle azioni non si producono istantaneamente, quindi l’evoluzione va studiata nel corso del tempo, non ricorrendo ad una dinamica di tipo lineare. Questi concetti risultano appropriati se riferiti alla città: come sistema complesso, la cui evoluzione non può essere ricondotta ad una dinamica di tipo lineare. Senza adeguati strumenti, non siamo in grado di prevedere gli effetti delle azioni che compiamo sulla città. I fatti confermano questa affermazione (Bertuglia - Udine 1980).La sociologia urbana definiva la città: "meta di imponenti flussi migratori, dove popolazioni con usi e costumi diversi dismettevano le abitudini tradizionali ed assumevano comportamenti orientati all’innovazione". La città si presentava come <<teatro vivo>>, come un insieme di infrastrutture fisiche e sociali, di opportunità’ di lavoro, che ampliavano le chances di vita per le popolazioni. La città, sempre più’ grande, appariva come punta avanzata dei processi di modernizzazione socio-economico (A. Detragiache - FORMEZ 1985).
1.2. - Possibili definizioni di area metropolitana
L’analisi, dal punto di vista storico-cronologico, delle varie definizioni di area metropolitana non può prescindere dal chiarimento dei diversi significati attribuiti al termine "urbano". Il primo significato riguarda "la determinazione fisica di un luogo": costituito da un agglomerato di edifici differenziati in relazione alle attività che vi si svolgono (abitative, lavorative, di servizio, ricreative), ed anche da strade e suolo non edificato, destinato, quest’ultimo, ad attività pubbliche e private relative all’impiego del tempo libero. Il secondo significato scaturisce dalla "struttura economica" di un luogo, cioè dalla presenza di imprese che producono beni e servizi, e dalla "struttura sociale" relativa alla comunità di persone che vive in quel luogo. Il terzo significato che viene indicato come "funzionale", è inerente alle relazioni che si instaurano fra la comunità di persone e le sedi dove viene svolta l’attività giornaliera. L’ultimo significato, "amministrativo", è riferito alle responsabilità connesse con i compiti di governo locale. In alcuni Paesi le definizioni di "urbano" sono ancora legate alla dimensione istituzionale, e vengono considerati, luoghi la cui configurazione territoriale non risulta più aderente alla realtà fisica o funzionale dei sistemi urbani che essi dovrebbero rappresentare. Il concetto di "città estesa" è stato applicato, per la prima volta negli Stati Uniti, dall’Ufficio del Censimento -1910-realizzando la delimitazione dei "distretti metropolitani", in occasione del censimento della popolazione. IL DISTRETTO METROPOLITANO (censimento 1910), definito per ogni città con più di 200.000 abitanti, veniva utilizzato per distinguere la popolazione urbana, che abitava all’interno della città stessa o in località’ adiacenti ad essa, dalla popolazione rurale residente nei dintorni. L’area metropolitana, così determinata, impiegava le divisioni amministrative di singole città e di entità locali minori come unita territoriale elementare, e venne utilizzata fino al censimento del 1940 (Berry, Goheen, Goldstein, 1968). In seguito, col censimento del 1950, vennero definite, fissando dei limiti ben precisi, le aree metropolitane: SMA(Standard Metropolitan Areas-1950) formate da una o più contee contigue, che includono almeno una città di 50.000 abitanti, le restanti contee potevano essere comprese in una SMA solo se rispondevano ai criteri di "carattere metropolitano" e di "integrazione economica e sociale" con la città centrale. Nel 1960, il concetto di area metropolitana subì delle modifiche per migliorarne l’efficienza, la funzionalità e l’adattabilità all’evolversi di tutto il sistema. Vennero circoscritte delle nuove tipologie di aree metropolitane: SMSA (Standard Metropolitan Statistical Areas-1960), derivanti dalle SMA, la cui unità territoriale elementare è costituita dalla contea. Prendono in esame anche i dati inerenti agli spostamenti ricorrenti della popolazione per motivi di lavoro ed utilizzati, poi, come misura del grado di integrazione fra la contea centrale e le altre. La definizione di SMSA considera, inoltre, sia le località di concentrazione occupazionale (domanda di lavoro), sia quelle di concentrazione residenziale (offerta di lavoro). Detta definizione è stata studiata principalmente per poter disporre di entità geografica valida ed utilizzabile per l’osservazione delle varie trasformazioni metropolitane, in relazione anche alla revisione delle politiche amministrative locali.
La SMSA è composta da:
1- una città centrale con una popolazione di almeno 50.000 abitanti o da due città contigue che economicamente e socialmente formano una singola comunità comprendente una popolazione congiunta di 50.000 abitanti, la più piccola di esse deve necessariamente avere una popolazione di almeno 15.000 abitanti;  
2- il resto della contea cui appartiene la città centrale, detta appunto "contea centrale";  
3- altre contee contigue che rispondono ai seguenti requisiti:
a) almeno il 75% di lavoratori occupati in attività extragricole;
b) il 15% dei lavoratori residenti in una contea contigua deve prestare attività lavorativa presso la contea centrale, ed il 25% di lavoratori occupati in una contea contigua deve risiedere nella contea centrale;
c) il 50% della popolazione residente in una contea contigua deve vivere in divisioni amministrative minori, contigue con densità di popolazione di 150 persone/miglio quadrato. L’occupazione extragricola deve rispondere almeno al 10% di quella della contea centrale e deve corrispondere , in totale, ad almeno 10.000 occupati. Secondo il parere di SIMMONS e di BOURNE (New York - 1978), il limite maggiore della definizione delle SMSA consiste nell’utilizzo della contea come unità elementare, infatti, è sufficiente che un ridotto centro urbano, situato ad un angolo di una contea, sia collegato ad una città adiacente di un’altra contea perché l’intera area venga inclusa in una SMSA, generando un effetto di concatenamento che estende oltre misura l’area metropolitana. Intorno al 1965, sempre negli Stati Uniti, venne definita la FEA (Functional Economic Area), riferita all’area economica funzionale. La FEA, rappresenta l’area del mercato del riferita alla città centrale e ad un insieme di località, che intorno ad essa, costituiscono l’area di residenza della popolazione quotidianamente occupata nella città centrale.
FOX e KUMAR (1965), propongono un nuovo modello in cui un’area così definita rappresenta una città a bassa densità abitativa, caratterizzata dall’interazione delle varie parti con il centro. Per la sua individuazione è necessario disporre degli spostamenti per motivi di lavoro tra una località e l’altra del territorio oggetto di studio. Ogni FEA ha il suo punto focale in una città centrale di almeno 25.000 abitanti, che può essere considerata il risultato della dinamica economica locale. Essa è costituita da luoghi che rivestono una certa importanza sociale, e altri luoghi che rivestono importanza economica, in continua sinergia fra di loro per i contatti giornalieri e continui che vi si svolgono.

IL CAMPO URBANO è un nuovo concetto proposto, inizialmente, da FRIEDMAN e MILLER (1965) e ripreso successivamente dallo stesso FRIEDMAN nel 1978. Il concetto di campo urbano è basato sul criterio dell’interdipendenza, dove la città non corrisponde più ad una entità fisica, ma essa configura una rete di flussi e di localizzazioni costituiti da persone, beni ed informazioni. Il campo urbano può essere rappresentato come una fusione di spazi metropolitani e non, che fanno capo ad un’area centrale di almeno 300.000 abitanti e che si estendono, al di fuori di questo nucleo centrale, per una distanza di 100 miglia, corrispondente ad almeno due ore di guida. Sempre secondo FRIEDMAN il campo urbano rappresenta uno dei più recenti concetti di città, soggetto ad aggiornamenti continui. La città, infatti si accresce continuamente, e l’area urbanizzata, alla fine ha dato origine alla città-regione, in cui l’economia risulta integrata con il vecchio centro. Questa regione estesa ha generato il campo urbano, che si discosta dagli altri concetti di città, perché in esso vengono riconosciuti gli usi della popolazione urbana del proprio ambiente. Il campo urbano, viene considerato da FRIEDMAN come l’entità territoriale di base di una società post-industriale, in relazione a questa considerazione, egli riconosce nel campo urbano: "un sottosistema territoriale della società", caratterizzato da una rete molto estesa di interazioni funzionali e da una organizzazione spaziale multicentrica, i cui limiti esterni vengono definiti dagli usi periodici per scopi ricreativi, da parte della popolazione residente; "una configurazione di densità", caratterizzata dalla dispersione spaziale della popolazione in gruppi di attività ad elevata densità, circondati da spazi a bassa densità, interrelati fra di loro da una rete di flussi di trasporto , di comunicazioni e di energia; "un ambiente fisico", caratterizzato da usi permanenti ma periodici del territorio (uso estensivo del suolo destinato ad attività ricreative), caratterizzato anche da usi permanenti ma continuativi del territorio (uso intensivo del suolo destinato ad attività residenziali, economiche, culturali e politiche).Il campo urbano rappresenta, quindi, una caratteristica significativa della geografia degli insediamenti, quando la città centrale raggruppa una popolazione di 300.000 abitanti.

Altri studi vengono eseguiti da BERRY, GOHEEN, GOLDSTEIN, nel 1968 sul tema delle unita territoriali, basati principalmente sull’analisi dei dati sugli spostamenti compiuti giornalmente dai lavoratori, determinando le seguenti unita territoriali: "Campo di Pendolarità", rappresentato dall’area che include tutte le località da cui si spostano i lavoratori pendolari, verso la località che concentra i posti di lavoro. L’intensità varia a seconda della proporzione di occupati residenti in ciascuna località, da cui la popolazione occupata si muove verso il luogo di lavoro, mentre il numero dei campi di pendolarità dipende dal numero delle località che concentrano i posti di lavoro; "Mercato del Lavoro", designato dall’insieme di contee da cui muovono i pendolari lavoratori verso la contea centrale che rappresenta il luogo di lavoro designato, la città centrale corrisponde alla città principale di una contea centrale. "Area Economica Funzionale"(FEA), formata da tutte le contee interne ad un mercato del lavoro, dove il numero dei lavoratori residenti che si sposta verso una data contea centrale risulta superiore alla quantità di lavoratori che si dirige verso altre contee centrali alternative. Il numero delle FEA dipende da quello delle contee centrali designate; "Regione Urbana Consolidata" (CUR: Consolidated Urban Region), composta da una o più FEA, dove almeno il 5% dei lavoratori residenti nella contea centrale di una FEA si spostano quotidianamente verso la contea centrale di un’altra FEA. In relazione alla città centrale, BERRY e collaboratori suggeriscono che la sua dimensione deve risultare di 50.000 abitanti, tenendo in considerazione le varianti previste dalla definizione di SMSA, oppure può essere estesa anche ai centri compresi fra i 25.000 e 50.000 abitanti, cosi da potervi includere anche le FEA. BERRY non esclude che tali limiti, riferiti alla città centrale, possano essere ulteriormente ridotti includendo, di conseguenza, un territorio più vasto. L’intero territorio nazionale verrebbe ripartito in "Unità Sociali ed Economiche Integrate", organizzate in un sistema a cascata:
CUR: regioni urbane consolidate, costituite da due o più aree economiche-funzionali (FEA);  
2- FEA: singole aree economiche-funzionali con città centrali superiori a 50.000 abitanti;  
3- FEA: singole aree economiche-funzionali con città centrali più piccole.

BERRY e Collaboratori suggeriscono ulteriori criteri di identificazione tendenti a stabilire la dimensione minima della popolazione di un’area e l’esaustività del territorio, oggetto di studio, che può coincidere con quello dell’intero Paese.
Il primo di questi criteri riguarda l’esaustività del territorio nazionale, dopo che è stata ottenuta la prima configurazione di CUR e di FEA. Il secondo criterio consiste nel ridurre il numero delle aree, ponendo come vincolo il requisito della quantità minima di popolazione complessiva per ogni CUR o FEA. Il terzo criterio scaturisce dalla fusione dei primi due. Lo Sforzi non condivide l’obiettivo dell’esaustività del territorio di un intero paese in una configurazione di sistemi urbani perché ciò finirebbe per aderire ad una visione dualistica dell’organizzazione economica-territoriale, costituita semplicemente di realtà "urbana" e "non urbana". Le definizioni, fin qui esposte, portano ad un insieme di unità territoriali economicamente e socialmente integrate, che prendono in considerazione anche gli spostamenti per motivi di lavoro ed identificano mercati di lavoro relativamente autocontenuti.

1.3.- Criteri e metodi di identificazione del sistema urbano
Secondo la definizione di BERRY (1964), il sistema urbano viene considerato come un sistema territoriale costituito da un "insieme di luoghi urbani interdipendenti" (teoria delle località centrali). Questo concetto deriva dagli studi effettuati sui vantaggi provenienti dall’applicazione dell’analisi dei sistemi e della TGS (teoria generale dei sistemi), alla interpretazione delle relazioni intercorrenti fra la città centrale, che svolge funzioni commerciali e di servizio e le aree circostanti. Successivamente, nel 1973, lo stesso studioso, riferendosi anche alle analisi condotte sugli spostamenti giornalieri dei lavoratori pendolari e all’individuazione delle aree da essi derivate, osservando, quindi le potenzialità di queste interazioni, afferma che l’intero territorio degli Stati Uniti può essere considerato urbanizzato, e conseguentemente ripartito in maniera esaustiva in sistemi urbani. Lo stesso BERRY identifica nelle SMSA la base per delimitare i sistemi urbani. Nelle aree ad intensa urbanizzazione, dove le SMSA presentano un elevato grado di connessione, diverse SMSA vengono raggruppate per dare origine ad un unico sistema urbano. Nelle aree meno urbanizzate e rurali vengono aggregati i "Campi di Pendolarità" a SMSA contigue. Ogni area abitata risulta, così, appartenente ad un campo di pendolarità ed è a questi che BERRY (1973) si riferisce quando utilizza l’espressione: <<Sistema Urbano Giornaliero>> (D U S). Le definizioni di sistema urbano presentano alcuni elementi comuni che sfociano nei criteri di identificazione di seguito enunciati: una località centrale, intesa come concentrazione di posti di lavoro, a dimensione demografica minima, affiancata, implicitamente, da una quota predominante di occupazione extragricola; una rete di relazioni funzionali tra la località centrale e quelle contigue, interpretata attraverso la configurazione spaziale degli spostamenti giornalieri per motivi di lavoro. L’autocontenimento è il criterio - guida che ogni sistema urbano deve soddisfare, caratterizzato dalla numerosità di relazioni interne che tende ad esaurire l’insieme delle sue relazioni con l’ambiente esterno, pur mantenendo la caratteristica di "sistema aperto". L’autocontenimento è il requisito indispensabile per definire le aree funzionali che abbiano la caratteristica di sistemi urbani. L’identificazione dei sistemi urbani corrisponde al riconoscimento, nella realtà concreta, di ispessimenti localizzati di reti di relazioni funzionali. La qualificazione di urbano è una caratteristica che si può attribuire ad un sistema urbano, quando ricorrono determinate condizioni: una dimensione demografica minima ed anche le tipologie socio-economiche della popolazione che vi risiede.
1.4. - Effetti prodotti dalle relazioni socio-economiche sulla realtà
La dinamica insediativa della popolazione che ha contraddistinto il tessuto urbano degli Stati Uniti, negli anni ‘60-‘70, presenta varie analogie con quella europea. Molti studi tentano di collegare le fluttuazioni della popolazione urbana (crescita o declino) allo sviluppo economico generale, evidenziando il ruolo prioritario che assume il progresso tecnologico e l’innovazione nei processi di sviluppo urbano. È chiaro, comunque, che le città possono manifestare comportamenti diversi da quelli seguiti dall’economia generale in relazione alle peculiari situazioni che si possono verificare a livello locale. Un ciclo urbano, per esempio, può dipendere fortemente dal ciclo di vita di un prodotto che qualifica l’economia della città. L’esame delle relazioni che si creano fra i cicli urbani e i cicli economici generali, risulta non privo di difficoltà, dovendo fare riferimento a contesti territoriali abbastanza ampi e a fenomeni socio-economici urbani e nazionali. Esistono diverse teorie e schemi applicativi che forniscono varie interpretazioni delle suddette correlazioni, fra questi il modello delle "Fasi dello Sviluppo Economico" di SCHUMPETER (1964), che distingue quattro diversi momenti dello sviluppo economico, legati ai flussi migratori della popolazione:
1-un periodo di prosperità corrispondente alla fase di diffusione della innovazione;  
2- un periodo di recessione, dato dal superamento della soglia di sviluppo del mercato, perciò dalla saturazione dello stesso;  
3-un periodo di depressione;  
4-un periodo di ripresa, in cui comincia a definirsi un nuovo paradigma tecnologico e la riorganizzazione della produzione.

All’interno di questi cicli possono evidenziarsi diverse morfologie territoriali e sociali. Numerose indagini sono state condotte sulla natura e l’origine dei processi di redistribuzione territoriale della popolazione negli Stati Uniti, importante, fra questi, lo studio sugli assetti territoriali degli USA nel 1960-‘75, condotto da BERRY e Collaboratori. Berry propone "il modello della controurbanizzazione", partendo dall’analisi della sostenuta crescita demografica ed economica delle aree non metropolitane e dalla crisi attraversata dalle aree metropolitane, giunge ad ipotizzare l’inversione dei flussi migratori tradizionali e la rilocalizzazione delle attività economiche, a favore delle aree non metropolitane e di quelle a più recente urbanizzazione ed industrializzazione. Il termine "controurbanizzazione" sta ad indicare, dunque, l’abbandono della città in favore di scelte residenziali periferiche. Le cause di questi sconvolgimenti sono da ricercare nella crescente antieconomicità della città, sia dal punto di vista produttivo che umano. Individui ed imprese, infatti, preferiscono zone più vivibili e governabili, riaffermando i classici valori culturali americani (libertà, natura, benessere, novità).


VAN DEN BERG (1982), al fine di analizzare le fluttuazioni della popolazione urbana, propone il "modello del ciclo di vita metropolitano", fornendo un’interpretazione dinamica dello sviluppo metropolitano. Il modello orientato secondo una schematizzazione concettuale, risulta, a volte, inadeguato a spiegare fenomeni tanto complessi e differenziati da città a città e da Paese a Paese. Il modello prevede un processo ciclico dello sviluppo metropolitano, nel quadro di un sistema conflittuale fra centro e periferia, governato da fenomeni di saturazione del territorio e di congestione economica (diseconomie urbane), articolato in quattro stadi fondamentali:

1-URBANIZZAZIONE, corrispondente al periodo dell’industrializzazione e del "boom economico";  
2-SUBURBANIZZAZIONE, verificatosi intorno agli anni ‘60-‘70;  
3-DISURBANIZZAZIONE, interessa gli anni ‘70-‘80;  
4-RIURBANIZZAZIONE, ipotizzato per l’ultimo decennio (‘80-‘90).

Il modello, come osserva CAFIERO (1990), non ripete temporalità definite univocamente per tutte le aree metropolitane, ma evidenzia situazioni differenti a partire da stadi di sviluppo diversi che le caratterizzano. Il gruppo di lavoro CURB (The Costs Of Urban Growth), che si è occupato di studiare la situazione europea, a differenza della scuola americana, usa il termine "disurbanizzazione" per indicare la fase che inizia quando "la popolazione della città centrale diminuisce in misura tale da determinare la riduzione assoluta di una intera regione urbana". Mentre la "controurbanizzazione" presuppone un elevato numero di città, la "disurbanizzazione", invece, si riferisce ad un singolo sistema urbano, definito con criteri di carattere funzionale: FUR (Functional Urban Regions). Il FUR è formato da una città centrale (Core), ed una corona suburbana (Ring), rappresenta un ampliamento del modello dell’urbanizzazione, dove la città è il centro di tutte le trasformazioni. È da segnalare, infine, che il riavvio del ciclo, cioè la fase di "riurbanizzazione" che dovrebbe succedere alla " disurbanizzazione ",è una mera ipotesi, non documentata statisticamente, e si basa principalmente sulla capacità dell’intervento pubblico di valorizzare il ruolo economico e le amenità delle grandi città.

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