a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

venerdì 25 gennaio 2013

La disciplina della Città Metropolitana nel DL 95/2012. Una risposta davvero soddisfacente al tema dell'area metropolitana?

Il Decreto Legge n° 95 del 2012
L’art. 18 del decreto legge n. 95 del 2012 introduce una nuova disciplina – la quarta – sull’istituzione, le funzioni e gli organi delle Città metropolitane, con contestuale abrogazione della precedente regolamentazione degli artt. 22 e 23 del Tuel e degli artt. 23 e 24, commi 9 e 10, della legge – delega n. 42 del 2009.
Alle Città metropolitane sono attribuite le funzioni fondamentali delle province (comma 7), e quelle elencate al comma 10 dell’art. 17:
a) coordinamento ed indirizzo dell’attività dei comuni;
b) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento;
c) tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza;
d) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale;
e) autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato;
f) costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente.
g) programmazione della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica relative alle scuole secondarie di secondo grado;
Son assegnate, inoltre, al nuovo ente le seguenti ulteriori funzioni, qualificate anch’esse come fondamentali:
a) la pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali;
b) la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, nonché organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;
c) la mobilità e viabilità;
d) la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale;
La città metropolitana potrà inoltre ricevere funzioni  conferite dallo Stato e dalla regione ed, eventualmente, dai comuni dell’area metropolitana.
Lo Stato e le regioni, infatti, ciascuno per le proprie competenze, sono tenuti ad attribuire alle Città metropolitane ulteriori funzioni, in attuazione dei principi costituzionali di sussidiarietà, di differenziazione e adeguatezza (comma 11-bis). Anche i comuni potranno conferire alla città metropolitana ulteriori funzioni con le modalità previste dallo statuto metropolitano (comma 9, lett. d).
Il conferimento delle funzioni dovrà essere accompagnato, in ogni caso, dalla definizione delle risorse strumentali, finanziarie e umane per il loro svolgimento.
Sono assegnate, comunque, alle città metropolitane il patrimonio, le risorse umane e strumentali delle province soppresse.

La Città metropolitana nell’art. 18 del decreto legge n. 95 del 2012: una risposta soddisfacente al tema della complessità?
Il decreto n. 95/2012 non sembra dare la giusta risposta a quelle esigenze di governo dell’area vasta che abbiamo sopra ricordato.  Esso propone infatti uno schema rigido e astratto di città metropolitana cui dovrebbero conformarsi tutte le varie realtà urbane da esso individuate.
Il decreto compie una grave forzatura imponendo la coincidenza del territorio metropolitano con quello provinciale, escludendo anche l’ipotesi di definire un’area più ristretta comprendente solo il comune capoluogo e i comuni urbani effettivamente ad esso collegati da relazioni funzionali. Esso inoltre abbandona la possibilità di optare per soluzioni più flessibili, basate su criteri di funzionamento e di cooperazione tra i Comuni, così come prefigurato dall’art. 24 del TUEL.
In altre parole, la città metropolitana appare un ente nuovo solo nella forma, ma nasce di fatto inadeguato a risolvere concretamente le complesse problematiche delle concentrazioni urbane e delle “città-diffuse” di cui abbiamo parlato prima. L’art. 18 non coglie nel segno ed invece di definire una nuova entità amministrativa ripropone, nella sostanza, la provincia con qualche funzione in più.
E’ proprio, tuttavia, sulle funzioni, più che sulla dimensione territoriale (comunque strategica) che il legislatore dovrebbe puntare per dare effettività ad un ente come la città metropolitana ed evitare il rischio di un cambiamento gattopardesco, volto a non modificare nulla. La peculiarità di una città metropolitana non discende dall’esercizio delle funzioni “di area vasta” o, comunque, da riservare ad un ente intermedio tra il comune e la regione.
Non ha alcuna rilevanza, per la fisionomia e la funzione di una città metropolitana vera e propria, affidarle, ad esempio, la funzione provinciale qualificata come fondamentale della “programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado”.
Una città metropolitana vera e propria deve attendere al fondamentale compito, piuttosto, di assicurare nell’hinterland composito e complesso che la caratterizza orari, trasporti pubblici, collegamenti telematici, ecc.  coordinati, evoluti e sviluppati.
La funzione fondamentale della “mobilità e viabilità” risulta, allora, quella rilevante e strategica, ma si dovrebbe specificare che il sindaco metropolitano dovrebbe assumere al posto dei sindaci dei comuni dell’area metropolitane anche le competenze proprie di quest’ultimi in questo ambito.
La città metropolitana, insomma, tale è solo ed esclusivamente se non risulti la mera riconfigurazione politico-amministrativo-geografica di una provincia: a questo punto, basterebbe rivedere le funzioni di tutte le province alla luce di quanto prevede l’articolo 18 della legge 135/2012 (e forse non sarebbe una cattiva idea), per dare un minimo di razionalità all’intervento oggettivamente frettoloso, sconnesso e poco efficace della “spending review”.
Un altro esempio riguarda la non ben definita funzione fondamentale relativa alla “promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale”. Si tratta solo di un titolo, che andrebbe arricchito di contenuti e, soprattutto, ben tarato rispetto alle rilevanti e pervasive competenze che in tema di sviluppo economico e sociale hanno Stato e regioni. Basti pensare, ad esempio, al tema delle vertenze per esuberi lavorativi delle grandi aziende, degli incentivi alle imprese, del sostegno ad infrastrutture e telematica, all’operato di promozione delle Camere di commercio.
Nessun ente locale, non il comune, non le province, assume parte effettivamente attiva in politiche di sviluppo di questo genere. I comuni possono creare l’humus per progetti di sviluppo, mediante una pianificazione territoriale e sociale adeguata. Le province possono concorrere allo sviluppo con le politiche attive del lavoro (fin quando e se resteranno loro appannaggio), ma non attraverso iniziative per l’incentivazione delle attività economiche.
Sull’esempio di Roma Capitale, la città metropolitana per essere realmente utile e diversa dagli altri enti locali dovrebbe essere, allora, dotata di specifiche competenze, sottratte a Stato e regioni o, in alcuni casi, in concorso con esse, finalizzate allo sviluppo economico. I grandi appalti per i nodi autostradali, gli aeroporti; le vertenze sulle crisi aziendali delle grandi aziende (che impiegano generalmente lavoratori dell’hinterland); le iniziative di promozione dell’economia e delle aziende anche all’estero (caso Expo, ad esempio). Sono queste, per fermarsi a qualche esempio, le funzioni che dovrebbero caratterizzare le città metropolitane per rendere davvero utili per il territorio.
Se si partisse da un’analisi concreta di quello che una città metropolitana dovrebbe fare e, dunque, quali competenze gestire, risulterebbe anche più semplice comprendere come non sempre, nella realtà quasi mai, l’estensione territoriale della città metropolitana debba coincidere con quella della provincia cui succederebbe. (…)
La frettolosità con la quale il dl. n. 95/2012 prova a ridisegnare gli assetti delle province e, di conseguenza, delle città metropolitane, mentre svuota le prime, non riesce a caratterizzare e finalizzare utilmente le seconde.
L’impressione è, dunque, di un disegno non solo incompiuto, ma lasciato solo allo stato embrionale, per dare un “segnale” di cambiamento, senza che effettivamente sul piano ordinamentale le potenzialità della città metropolitana siano nemmeno minimamente attivate nella loro pienezza.
In questo senso, il tentativo di attivare le città metropolitane appare condizionato dalla frettolosità e sommarietà del complesso del “riordino” delle province, come dimostra il più evidente degli elementi di criticità della norma: la sostanziale sovrapposizione delle città metropolitane alle province soppresse, il che determina l’effetto del semplice “cambio del nome” dell’istituzione.”[1]

Riferimenti

  

·Il riordino delle province e delle città metropolitane (Dossier di Documentazione – Servizio Studi - Dipartimento istituzioni – Camera dei Deputati)


·Il progetto di istituzione delle Città metropolitane (di Luigi Oliveri e Giuseppe Panassidi)

·Audiomob – La domanda di mobilità degli italiani – (Isfort – 2011)

·Piano della Viabilità extraurbana della Provincia di Genova (2008)

·Istat – elaborazioni dati censimenti e rilevazioni demografiche

·G. Astengo, voce Urbanistica dell’EUA

·Treccani.it, voce Territorio


[1] Cfr. “Il progetto di istituzione delle Città metropolitane” (di Luigi Oliveri e Giuseppe Panassidi)

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