a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

giovedì 31 gennaio 2013

Genova e il suo territorio, Città metropolitana o Regione urbanizzata?

Un villaggio, una città, una regione
non sono solo un "luogo nello spazio",
ma un "dramma nel tempo".
Patrick Geddes

Genova, verso la Città metropolitana
Nel 2013 la Provincia di Genova cesserà di esistere per essere sostituita dalla corrispondente Città metropolitana. Un fatto indubbiamente epocale che sancisce anche amministrativamente una sempre maggiore interdipendenza tra la città di Genova ed i territori ad essa limitrofi.
Nel caso in oggetto ci troviamo in presenza di un’area dalle caratteristiche molto differenziate, dove sono compresenti zone ad alta e a bassa densità urbanistica caratterizzate dalla presenza di un comune capoluogo (composto a sua volta di quartieri dalla fisionomia sociale e fisica molto ben definita) e da altri comuni (costieri e collinari) non necessariamente contigui a Genova, costituenti un sistema policentrico di aree più o meno “forti” in termini economici e di servizi caratterizzato da relazioni economiche, culturali e sociali tra loro integrate e da interessi che oltrepassano i singoli confini comunali. Il capoluogo genovese è, sempre più marcatamente, il baricentro di questo sistema policentrico, per via dell’alta concentrazione di attività economiche, e di servizi pubblici e privati.
Nel corso del tempo in tutta quest’area si è andata affermando una forte esigenza di fruizione comune di servizi generali essenziali per la vita sociale (si pensi, ad esempio, ai trasporti pubblici, alle funzioni legate all’istruzione, alla cultura, alla sanità, ecc.) al punto che praticamente l’intero territorio provinciale si configura come un unico complesso, strettamente integrato.
L’aumento del prezzo delle abitazioni, verificatosi a più riprese sia nel capoluogo, sia nei centri rivieraschi,  ha in molti casi provocato l’espulsione degli abitanti a reddito medio-basso  dalle zone cittadine più pregiate verso aree meno costose, ma decisamente più decentrate.
Parallelamente, si è assistito ad un sempre più accentuato affermarsi del fenomeno del pendolarismo, motivato dalla maggiore mobilità dei cittadini della provincia per motivi di lavoro e di studio, e, sempre più frequentemente, anche per assistenza familiare e fruizione del tempo libero.

Trasferimenti di residenza da Genova città verso altri comuni della Provincia di Genova – elaborazione dati ISTAT. Il trend ha subito un rallentamento negli ultimi anni ma è sempre evidente.

Analizzando i dati disponibili si può osservare che sempre più persone tendono a muoversi all’interno dei territori gravitanti su Genova in modo abbastanza indifferenziato, allargando il loro raggio di mobilità abituale ai confini dell’area metropolitana. Le città, da nuclei compatti e definiti rispetto al territorio circostante, tendono a “liquefarsi” nel territorio contiguo rimettendo in discussione quelle che un tempo erano ben definite relazioni economiche, sociali e culturali dei loro abitanti.
Appare sempre più evidente che tale fenomeno, non necessariamente negativo se opportunamente compreso e gestito, necessiti di approcci innovativi che l’attuale assetto amministrativo costituito dalle singole strutture locali non è in grado di fornire. Troppe sono infatti le complessità che le nuove dinamiche sociali, economiche, culturali hanno fatto emergere e che richiedono urgentemente valide risposte a livello di territorio. 
Persone di 15 anni e più occupate che escono di casa abitualmente per andare al lavoro in Liguria per tempo di spostamento – elaborazione dati ISTAT. Si può notare l’aumento negli anni di coloro che impiegano tra 15 e 30 minuti e anche di coloro che impiegano oltre 30 minuti a recarsi al lavoro.

Anche la scala dei fenomeni da gestire appare all’improvviso inadeguata se rapportata unicamente al singolo comune: trasporti, qualità ambientale, organizzazione e gestione dei rifiuti, gestione delle risorse idriche, viabilità, servizi territoriali, ecc.
Ecco quindi farsi strada la consapevolezza che tali complesse problematiche si possono affrontare e risolvere meglio tramite una visione unitaria in virtù della quale sia possibile dare ad esse una risposta efficace e condivisa a livello di area metropolitana. L’obiettivo diventa quindi ricomporre interessi un tempo frammentati e spesso contrastanti tra i diversi ambiti territoriali, interessi che diventano adesso non frazionabili, come ad esempio la gestione di molti servizi pubblici, che necessita di un elevato grado di programmazione e di governance integrata, a livello territoriale, anche per ottimizzare le sempre più risicate risorse disponibili.

Genova e il suo territorio, Città metropolitana o Regione urbanizzata?
Genova, al pari di molte altre grandi città italiane ed europee, conosce da tempo quei fenomeni di aggregazione dei tessuti urbani noti come processi di conurbazione che hanno in molti casi portato alla  destrutturazione del rapporto tra città e territorio circostante. 

Il caso di Genova è ancora più particolare se pensiamo che il suo territorio comunale è frutto di un accorpamento, alquanto artificiale, compiuto nel famoso “Ventennio” del secolo scorso, allo scopo di creare la Grande Genova in funzione celebrativa e propagandistica dell’allora Regime dominante.
In tale occasione alla città storicamente individuata vennero accorpati i comuni costieri da Pegli a Nervi e quelli della Val Polcevera e della Val Bisagno che, riuniti sotto una sola Amministrazione, composero l’attuale area urbana. La Genova moderna nasce quindi come città policentrica, caratterizzata da un vasto centro storico e di altri più piccoli ma non meno caratterizzati e dotati di una loro spiccata individualità, ancora ben presente peraltro in quelli che oggi sono i vari Municipi.

Da questo punto di vista, parlare di città metropolitana potrebbe sembrare quasi un naturale riproponimento di quella ormai antica esperienza,  ma una tale impostazione sarebbe fuorviante  rispetto alle attuali condizioni socio-economiche, radicalmente diverse così come dovrebbero essere diverse, a nostro avviso, le finalità, non di tipo puramente amministrativo ma piuttosto volte ad un ridisegno delle competenze e delle funzionalità dell’ente territoriale chiamato a governare nuove complessità e a riequilibrare quegli scompensi che troppo spesso hanno prodotto una bassa qualità territoriale e una scadente qualità della vita per i cittadini.
La sfida che la nuova città metropolitana deve essere in grado di vincere non consiste nel riproporre, con un improbabile salto di scala, una sorta di “supercittà” ma piuttosto il recupero di capacità gestionale della complessità generata da un diverso rapportarsi della città capoluogo con il suo territorio. Il tema è come “estendere” le opportunità generate dalla città in termini di maggiori occasioni di lavoro, istruzione, tempo libero, fruizione di servizi promuovendo uno sviluppo equilibrato dell’area metropolitana basato su un “effetto rete” dove i vari centri giocano, ciascuno, un ruolo in grado di sviluppare reciproche sinergie, ottimizzando anche l’uso delle risorse disponibili.

La città appare sempre più inscindibile dal suo territorio circostante, e viene definitivamente meno l’antica separatezza che opponeva l’area urbanizzata e il territorio extraurbano.
Tale constatazione non è da prendersi tuttavia alla leggera, poiché se da un lato configura nuove modalità di fruizione dello spazio e del territorio, dall’altro la mancanza di una oculata gestione del cambiamento significherebbe quasi sicuramente una generale perdita di qualità urbana e territoriale che certo non andrebbe nella direzione auspicata (suburbanizzazione della città periferica e del territorio).

Si pensi, ad esempio, ad alcune scelte di ubicare nuovi quartieri residenziali in zone periferiche non servite da mezzi pubblici o servizi di quartiere, che hanno creato nuovi flussi pendolari verso le aree centrali a maggiore concentrazione di attività economiche, di scuole e servizi…in questo caso non si è ragionato a scala territoriale, ma semplicemente si è ampliato il perimetro dell’urbanizzato, senza creare nuove polarità urbane in grado di proporsi come centri generatori di ambiente urbano qualificato.

Dando un rapido sguardo ai dati delle migrazioni delle residenze da Genova verso i comuni dell’hinterland si evince che questo trend prosegue almeno da più di 10 anni, pur attenuandosi nel tempo. Genova sta svuotandosi lentamente di cittadini residenti, mentre mantiene il primato di città dove si viene per lavorare e per studiare, ma anche per fruire del tempo libero. I comuni dell’hinterland stanno accentuando la loro “suburbanizzazione” rispetto a Genova, mantengono e anzi accentuano la caratterizzazione residenziale (complice anche il fenomeno delle seconde case) ma perdono peso in termini economici e di produzione di valore (si pensi solo alle molte crisi aziendali che hanno fatto registrare negli ultimi anni un aumento notevole dei disoccupati).

Già da queste considerazioni è possibile, io credo, comprendere perché l’istituzione della città metropolitana così come prefigurata nella normativa in itinere rischi di tradursi in una risposta insufficiente specie se tradotta semplicemente o quasi nell’allargamento dei confini amministrativi della città capoluogo, senza un corrispondente ripensamento delle funzioni caratterizzanti e delle modalità gestionali del territorio così individuato.

Il tema è piuttosto come governare una Regione Urbanizzata costituita dall’interazione tra Genova e i territori che ad essa sono legati da vincoli funzionali.  Occorre per questo immaginare una entità grado di governare questa complessità che nel caso di Genova presenta delle peculiarità che la differenziano in modo sostanziale da altre aree metropolitane quali ad esempio Roma o Milano.

Il disegno e la riorganizzazione della Regione Urbanizzata Genovese dovrebbe intendersi come una importante occasione per riequilibrare il territorio dal punto di vista delle opportunità socio-economiche, oltre che una operazione volta a razionalizzare le risorse pubbliche degli enti locali. Un ridisegno in grado di  tenere conto della profonda  modifica dei punti di riferimento spaziali e della mobilità giornaliera dei cittadini della Regione Urbanizzata.

Parlare di Regione Urbanizzata in luogo di Città metropolitana potrebbe anche servire a vincere certe resistenze da parte dei comuni dell’area, che vedono minate le proprie prerogative di autogoverno, in quanto il concetto di Regione Urbanizzata prefigura un sistema policentrico piuttosto che una macro-entità che ingloba le altre.

E’ interessante notare come, in questo senso, la possibilità (prefigurata dalla normativa in itinere) di suddividere la città capoluogo in comuni minori (che nel caso di Genova sarebbero ovviamente i suoi Municipi) andrebbe a rispecchiare ancora più da vicino la definizione di Regione Urbanizzata come sistema policentrico di scala territoriale.

Nessun commento :

Posta un commento

Grazie per il tuo commento, iscriviti al blog per ricevere gli aggiornamenti