a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

domenica 6 gennaio 2013

Studio Formez sulle aree metropolitane (Napoli 1985)

di Ernesto Frasca Polari

Nell’incontro di studio tenutosi nel 1982 presso il FORMEZ di Napoli, Angelo Detragiache, riferiva che Lyod Rodwin prevedeva che verso il duemila l’intera popolazione degli Stati Uniti d’America si sarebbe tendenzialmente raccolta in quattro aree, dalla popolazione compresa, fra i 30 e 50 milioni di abitanti. In Italia il documento relativo alle linee di assetto territoriale che il Paese doveva assumere, che non venne mai alla luce, e che accompagnava il <<progetto ‘80>>, disegnava un’Italia territorialmente strutturata per aggregati urbani distinti in: metropoli esistenti, metropoli Nord-Occidentale del Paese che vivevano una stagione di intensissima industrializzazione e di grand’urbanizzazione: si prevedeva per il duemila la nascita di "MI.TO", che doveva coinvolgere in un’unica configurazione territoriale a forte integrazione interna, le due metropoli di Milano e Torino. Nell’Italia Centrale e Meridionale si prevedeva una forte conurbazione fra Roma e Napoli, i cui processi sarebbero dovuti essere accelerati e razionalizzati. Nella stessa occasione, Michele Sernini, affrontava il problema dell’assetto istituzionale nelle aree metropolitane, che si pone per due ordini di cause:
1) cause di carattere istituzionale e funzionale che riguardano le autorità politiche ed amministrative che governano gli Enti Locali compresi nell’area che di fatto è divenuta area metropolitana. Sono le cause più tecniche.  
2) cause che riguardano il collegamento tra riforma istituzionale, o stato attuale inadeguato del funzionamento istituzionale, e le esigenze di un riassetto istituzionale nelle aree metropolitane.

Alla base del problema si pone un dato formale, che si configura nella non coincidenza fra l’area metropolitana e i confini amministrativi dell’Ente Locale, o degli Enti Locali, presenti e competenti ad amministrarla. Né il comune della città centrale, né la provincia, né un insieme di comuni coincidono perfettamente con l’area metropolitana, anche dove l’insieme dei comuni coincidesse, vi sarebbe il problema di un loro coordinamento, o questo non sarebbe completo per tutti i settori, né esteso a tutta l’area. Il collegamento generale degli Enti dell’area presenta problemi di vero e proprio coordinamento tra decisioni di diversi Enti per i servizi e per la pianificazione del territorio. Questo dovrà avvenire o tra tutti gli Enti interessati o attraverso un Ente di livello superiore. Particolare importanza riveste, anche, il problema decisionale relativo alla vasta area metropolitana, che sovente interessa come effetti, per la localizzazione, solo una porzione del territorio. Si hanno, infatti, effetti diversi a secondo che la decisione sia presa dal singolo Comune coinvolto, dall’insieme dei Comuni, o, da un Ente di livello superiore. 

Solo nei primi anni sessanta il tema aree urbane ed aree metropolitane venne inserito nei documenti governativi di programmazione, dalla nota La Malfa del ‘62 alla prima stesura del piano Pieraccini del ‘65. Poi venne affidato alla pianificazione urbanistica nazionale regionale, e verrà ripreso in singoli provvedimenti che riguardano le aree metropolitane, eccezione fatta per il progetto ‘8° del 1969, mai divenuto ufficiale documento di piano. In Italia il tema "governo metropolitano" non è mai stato inserito in un’esplicita politica governativa nazionale, ma trattato come un semplice problema istituzionale. La saldatura tra aspetto istituzionale e politica territoriale è affidata alla pianificazione urbanistica.

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