di Ernesto Frasca Polari
Nell’incontro
di studio tenutosi nel 1982 presso il FORMEZ di Napoli, Angelo
Detragiache, riferiva che Lyod Rodwin prevedeva che verso il duemila
l’intera popolazione degli Stati Uniti d’America si sarebbe
tendenzialmente raccolta in quattro aree, dalla popolazione compresa,
fra i 30 e 50 milioni di abitanti. In Italia il documento relativo alle
linee di assetto territoriale che il Paese doveva assumere, che non
venne mai alla luce, e che accompagnava il <<progetto ‘80>>,
disegnava un’Italia territorialmente strutturata per aggregati urbani
distinti in: metropoli esistenti, metropoli Nord-Occidentale del Paese
che vivevano una stagione di intensissima industrializzazione e di
grand’urbanizzazione: si prevedeva per il duemila la nascita di "MI.TO",
che doveva coinvolgere in un’unica configurazione territoriale a forte
integrazione interna, le due metropoli di Milano e Torino. Nell’Italia
Centrale e Meridionale si prevedeva una forte conurbazione fra Roma e
Napoli, i cui processi sarebbero dovuti essere accelerati e
razionalizzati. Nella stessa occasione, Michele Sernini, affrontava il
problema dell’assetto istituzionale nelle aree metropolitane, che si
pone per due ordini di cause:
1)
cause di carattere istituzionale e funzionale che riguardano le
autorità politiche ed amministrative che governano gli Enti Locali
compresi nell’area che di fatto è divenuta area metropolitana. Sono le
cause più tecniche.
2) cause che riguardano il collegamento tra riforma istituzionale, o stato attuale inadeguato del funzionamento istituzionale, e le esigenze di un riassetto istituzionale nelle aree metropolitane.
2) cause che riguardano il collegamento tra riforma istituzionale, o stato attuale inadeguato del funzionamento istituzionale, e le esigenze di un riassetto istituzionale nelle aree metropolitane.
Alla
base del problema si pone un dato formale, che si configura nella non
coincidenza fra l’area metropolitana e i confini amministrativi
dell’Ente Locale, o degli Enti Locali, presenti e competenti ad
amministrarla. Né il comune della città centrale, né la provincia, né un
insieme di comuni coincidono perfettamente con l’area metropolitana,
anche dove l’insieme dei comuni coincidesse, vi sarebbe il problema di
un loro coordinamento, o questo non sarebbe completo per tutti i
settori, né esteso a tutta l’area. Il collegamento generale degli Enti
dell’area presenta problemi di vero e proprio coordinamento tra
decisioni di diversi Enti per i servizi e per la pianificazione del
territorio. Questo dovrà avvenire o tra tutti gli Enti interessati o
attraverso un Ente di livello superiore. Particolare importanza riveste,
anche, il problema decisionale relativo alla vasta area metropolitana,
che sovente interessa come effetti, per la localizzazione, solo una
porzione del territorio. Si hanno, infatti, effetti diversi a secondo
che la decisione sia presa dal singolo Comune coinvolto, dall’insieme
dei Comuni, o, da un Ente di livello superiore.
Solo nei primi anni sessanta il tema aree urbane ed aree metropolitane venne inserito nei documenti governativi di programmazione, dalla nota La Malfa del ‘62 alla prima stesura del piano Pieraccini del ‘65. Poi venne affidato alla pianificazione urbanistica nazionale regionale, e verrà ripreso in singoli provvedimenti che riguardano le aree metropolitane, eccezione fatta per il progetto ‘8° del 1969, mai divenuto ufficiale documento di piano. In Italia il tema "governo metropolitano" non è mai stato inserito in un’esplicita politica governativa nazionale, ma trattato come un semplice problema istituzionale. La saldatura tra aspetto istituzionale e politica territoriale è affidata alla pianificazione urbanistica.
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