di Sonia Zarino
I concetti di “centro” e di
“periferia” sono da sempre associati ad una loro rappresentazione spaziale. Già
il loro etimo, del resto, affonda le radici nella geometria elementare: la parola centro deriva
da kéntron, ossia “punto”, riferito
alla punta del compasso che segna il centro della circonferenza, mentre
periferia deriva da perì, ossia
“intorno” e phèreia, dal verbo phèrein “portare”, descrivendo in questo modo l’atto
di curvare e chiudere una linea definendo, così, uno spazio. Se immaginiamo che
la figura inscritta entro questa linea curva sia una circonferenza, ecco che la
relazione tra centro e periferia appare geometricamente individuata, poiché il
raggio della circonferenza è la distanza che separa le due entità.
La circonferenza ed il centro si
prestano a rappresentare quella che è stata per lungo tempo la forma urbana,
dal villaggio fortificato in poi: un insieme denso di edifici nettamente
separato dal resto del territorio da un perimetro chiuso, costituito per lo più
da mura, al cui interno era possibile individuare una zona centrale che ospitava
le funzioni più importanti e collettivamente significative: la piazza, il
mercato, il tempio, e così via.
Se pensiamo alle numerose
rappresentazioni delle città che gli antichi cartografi hanno realizzato nei
secoli scorsi, possiamo agevolmente verificare quanto sopra affermato: la città
è tale proprio perché la sua forma la separa nettamente dal contado rurale. Essa
è un punto di aggregazione socio-economica dove i prodotti del territorio
circostante vengono venduti e scambiati con altri prodotti e servizi, generando
una economia mercantile del tutto distinta da quella rurale, seppure con essa
fortemente collegata, che promuove e diffonde modelli culturali peculiari
dell’ambiente urbano.
Quando, già alla fine dell’800, le città abbandonano la forma murata quale
sistema difensivo, si assiste ad una progressiva espansione dell’edificato nel
territorio circostante, e le città arrivano ad inglobare quartieri e borghi
rurali in un continuum sempre più destrutturato.
Ai giorni nostri, l’espansione
urbana ha assunto forme per così dire patologiche, dilagando spesso in modo
disordinato sui contesti rurali, distruggendo identità e trame territoriali che
si erano fin qui conservate e davano vita ad una pluralità di paesaggi di alto
valore oramai fortemente compromessi da interventi edilizi omologanti e di
nessuna qualità.
Termini quali “centro” e
“periferia” non sono più applicabili spazialmente, come in passato, quando si
potevano correttamente utilizzare in riferimento alla città storica. E’ venuto
meno il margine che definiva l’interno della struttura urbana rispetto
all’esterno rurale, si sono affermate nuove polarità “concorrenti” rispetto a
quelle tradizionali che hanno perso la loro univocità.
E’ emerso così il concetto di città “policentrica” dove il
sistema urbano si scompone in una serie di centri tra loro interconnessi anche
grazie alle reti di trasporto pubblico e privato che hanno di fatto
“avvicinato” luoghi che in passato erano percepiti come entità ben separate e
distinte.
Lo spazio periferico è diventato
lo spazio interstiziale tra questi centri in grado ormai di calamitare
l’interesse culturale, economico, amministrativo della società moderna. Le
grandi città sono caratterizzate da questa struttura “spugnosa” dove il “pieno”
delle aree vitali e ricche di attività si alterna al “vuoto” delle zone
dismesse, degradate e quindi periferiche. Un vuoto, si badi bene, non necessariamente
fisico, perché in moltissimi casi trattasi di aree costruite, e successivamente
svuotate di funzioni e abbandonate a se stesse.
E’ evidente che descrivere il
centro e la periferia nel modo in cui il loro etimo suggerisce appare oggi non
più pertinente, e occorre quindi analizzare cosa caratterizza le due entità,
cosa ce le fa istintivamente riconoscere al di là della loro collocazione
spaziale.
Centro vs Periferia:
vecchie e nuove antinomie
In quale modo possiamo, oggi, analizzare
il significato di parole come “centro” e “periferia”? Il metodo da noi proposto è quello di indagare
quali concetti comunemente, al giorno d’oggi, vengono associati ai due termini,
nel tentativo di giungere ad una definizione che prescinda dal dato puramente
spaziale, che abbiamo visto non essere più sufficiente.
Proponiamo qui una scelta di
questi concetti, non pensando sia esaustiva: la proponiamo quale griglia
concettuale utile per sviluppare un’immagine diversa attorno al binomio
“centro-periferia”, un’immagine che si arricchisce di elementi sociali,
economici, etici, estetici, sensoriali e che aiuta, pensiamo, ad avere una
visione non più solo “bidimensionale”, geometrica, ma che trae da punti di
vista molteplici gli elementi per ricostruire e analizzare il funzionamento dei
fatti urbani.
CENTRO
|
PERIFERIA
|
positivo
|
negativo
|
sicurezza
|
insicurezza
|
benessere
|
disagio
|
ricchezza
|
povertà
|
occasioni
|
esclusione
|
integrazione
|
ghettizzazione
|
varietà
|
monotonia
|
cura degli spazi
|
degrado degli spazi
|
densità
|
diradamento
|
identità
|
alienazione
|
Proviamo a pensare, facendo
ricorso magari alla nostra esperienza personale, ad un luogo considerato come
“centrale” di una città e ad un altro considerato quale “periferico”. Già in
partenza dire che un luogo è centrale o periferico implica spesso un giudizio
di valore, positivo nel primo caso e negativo nell’altro. Il motivo per cui ciò
avviene è determinato da diversi fattori: ad esempio, quando ci troviamo in zone
che percepiamo come centrali avvertiamo, nel complesso, un senso di sicurezza : essere in luoghi frequentati
a tutte le ore del giorno e della notte è sicuramente più rassicurante rispetto
al trovarsi in luoghi dove la presenza di altri cittadini è più scarsa, e che
percepiamo anche per questo come periferici;
L’essere in una zona centrale, ci
dà un senso di benessere dovuto anche alla possibilità di accedere facilmente
alle molte opportunità di lavoro, e di svago, ai servizi pubblici, e così via, diversamente
a quanto accade per chi si trova in zone desolate e senza vita, che
sperimentano così varie forme di disagio, da quello socio-economico a quello
culturale.
Notiamo, per inciso, come già in
questi primi casi tali antinomie siano completamente svincolate dall’aspetto
spaziale, ovvero non si riferiscono necessariamente ad aree collocate
geograficamente ai margini dell’entità
urbana considerata.
Le aree centrali presentano di
norma valori immobiliari più elevati, e anche il costo della vita è maggiore,
ciò che segnala di norma status sociali corrispondenti di coloro che abitano in
tali zone. Esse sono inoltre anche più ricche di servizi e di attrezzature
collettive (es.: parchi, giardini, musei, biblioteche, teatri, ecc.).
Quelle centrali sono inoltre aree
dove vi sono maggiori opportunità di scambio e di incontro: per stringere
amicizia, per fare affari, per ottenere un lavoro. Le aree periferiche sono
all’opposto molto più povere in termini di occasioni di questo genere, ed
ospitano spesso categorie deboli che per qualche motivo risultano escluse dai
flussi sociali più dinamici.
Le maggiori opportunità date
dalle aree centrali sono inoltre riscontrabili in molti altri campi:
nell’offerta culturale, nell’accesso ai servizi (pubblici e privati),
nell’accesso alle reti di comunicazione fisiche e immateriali.
Questo ha una diretta conseguenza
sulle maggiori o minori possibilità di integrazione. Se nei quartieri centrali
sono la ricchezza e varietà di occasioni di scambio a favorire l’integrazione e
la condivisione di valori, nelle aree periferiche all’opposto si nota una certa
tendenza alla segregazione per gruppi chiusi su basi etniche, religiose, ecc.
La varietà è un altro aspetto che
nelle aree centrali trova la sua realizzazione: varietà e mescolanza nelle
forme edilizie, nelle funzioni, nelle proporzioni urbane e nei ceti sociali. In
queste aree la vita scorre e pulsa ad ogni ora del giorno e della notte. Le
aree periferiche al contrario sono spesso caratterizzate da una monotonia tanto
formale quanto funzionale: si pensi ad esempio ai quartieri “dormitorio” o alle
grandi concentrazioni commerciali, la cui vita è limitata alle ore dello
shopping. Seguendo questa metodologia, tuttavia, appaiono periferici tanto alcuni noti quartieri popolari quanto i sobborghi di lusso dove le ville si susseguono isolate e quasi barricate nei loro rigogliosi parchi e giardini.
Le zone centrali sono
identificabili anche per l’aspetto particolarmente curato e ordinato, dotate di
attrezzature pubbliche (giardini, piazze, illuminazione, ecc.) mentre le aree
periferiche hanno spesso un aspetto trasandato e inospitale, con attrezzature
pubbliche carenti o inesistenti dovute spesso a fenomeni di vandalismo.
Le zone centrali sono inoltre caratterizzate da una notevole
densità del tessuto edilizio, che presenta una struttura ben riconoscibile e
una gerarchizzazione tra le varie componenti (gli spazi pubblici, i vari tipi
di tessuto residenziale, gli edifici specialistici, ecc.), mentre le zone
periferiche, specie di recente insediamento, si presentano di norma composte da
elementi edilizi incapaci di instaurare un dialogo con quelli circostanti, e sono
edifici che sembrano perdersi in spazi vuoti che non creano identità ma
alienazione.
Uno spazio è in definitiva
centrale o periferico non solo e non tanto in virtù della sua collocazione
spaziale all’interno di un tessuto urbano, ma anche a seconda che presenti
quelle caratteristiche (tutte o in parte) che abbiamo elencato. Analizzare i
diversi livelli di “centralità” o di “perifericità” può aiutare a capire i
meccanismi che ne determinano l’insorgenza e di conseguenza porre in atto
opportune azioni correttive, che necessiteranno di volta in volta di diverse
competenze (urbanistica, sociale, economica, ecc.) nell’intento di diminuire le
aree di disagio e di depauperamento territoriale e socio-economico.