1. La
proposta di modifica non è frutto di un processo di partecipazione con le Istituzioni e le Organizzazioni della cultura urbanistica ligure
La revisione della LUR della
Liguria (LR 36/97) si è resa necessaria per semplificarne i complicati
meccanismi che ne hanno, di fatto, reso assai difficile la reale applicazione,
tanto che sono pochi gli strumenti urbanistici rinnovati sulla base di tale
legge.
Tale necessità, fortemente
avallata anche dagli ordini professionali di riferimento, non è stata tuttavia
occasione di un confronto pubblico con le categorie interessate, come sarebbe
stato auspicabile. La proposta di modifica della LUR nasce avulsa da tale
contesto, già definita nelle sue linee e quindi assai rigida rispetto a
possibili proposte alternative.
La carenza di tale confronto,
osserva l’INU Liguria, fa sì che i temi della semplificazione normativa in funzione di
un rilancio della governance territoriale più efficace ed attenta a temi nuovi
quali il consumo del suolo, i criteri unificati per le leggi regionali, ecc.,
non siano affrontati in modo esplicito. Questa carenza si riflette, come è
logico, sul progetto di revisione che nasce troppo ripiegato su aspetti
burocratico-amministrativi, ma privo di una più ampia visione culturale,
sociale ed economica.
2. Possibili
sovrapposizioni tra la nuova LUR e la riforma delle Autonomie Locali in corso
per quel che riguarda l’attribuzione delle competenze ai soggetti dotati di
poteri pianificatori
Il riordino degli Enti Locali è
materia di discussione a livello nazionale ormai da diversi anni. Una
importante novità è costituita dalla legge 7 aprile, n. 56 (Delrio) contenente
disposizioni che interviene su Province, Città metropolitane e su unioni e
fusioni di Comuni.
Circa le Province, il cui ruolo
appare ridimensionato rispetto all’attuale (ed in attesa dell’eventuale loro
soppressione per via costituzionale) il DDL offre, a dire dell’INU, un contributo
poco organico. Lo stesso dicasi per il tema della Città metropolitana (che in
Liguria ha particolare rilievo, data l’assoluta preminenza economica, politica
e demografica del capoluogo rispetto all’intera Regione), e per quello della
pianificazione urbanistica nelle Unioni di Comuni.
3. L’INU
rileva una contraddizione tra l’annunciata intenzione di voler eliminare le
sovrapposizioni dei piani e l’attribuzione al PTR di contenuti e funzioni
propri dei livelli comunale, provinciale e metropolitano
La semplificazione
dei tempi della pianificazione non può essere ottenuta accentrando nella
Regione competenze proprie degli Enti Locali, come il PTR in itinere prefigura.
Esso appare, fra l’altro, poco correttamente elaborato sulla base del DDL a sua
volta in itinere, piuttosto che sulla legge 36 ad oggi vigente, configurando
quindi un evidente problema di legittimità. Questo accentramento è
particolarmente confligente con le nuove disposizioni della legge 56 che
attribuisce alle Province, tra l’altro, la pianificazione in ambito territoriale
e la valorizzazione dell’ambiente e dei servizi di trasporto e alle Città
metropolitane la programmazione e la pianificazione dello sviluppo strategico
nonché il coordinamento, la promozione e la gestione integrata dei servizi,
delle infrastrutture e delle reti di comunicazione.
Particolarmente
negativa viene valutata dall’INU la riattribuzione alla Regione
dell’approvazione dei PUC e delle loro varianti sostanziali, che si configura
in effetti come la revoca di una delle principali novità introdotte dalla legge
36/97, ossia l’autonomia decisionale dei Comuni in materia di decisioni
urbanistiche. Anche nel caso dell’Unione dei Comuni (che la nuova legge 56
incentiva ulteriormente) non sono prefigurati le competenze in materia
pianificatoria ed i rapporti con la Regione.
4. Lo
scollamento tra processo di revisione della legge e analisi delle realtà
socio-economiche condotte tramite un attivo confronto con le rappresentanze
locali e professionali provoca la mancanza di una prospettiva ampia e della
conseguente messa a fuoco delle esigenze di pianificazione territoriale.
Il DDL tende, secondo l’INU, a cristallizzare lo stato attuale del
territorio più che a prefigurarne uno sviluppo e una trasformazione
sostenibile, prescindendo dalle reali dinamiche socio-economiche in atto ed
ispirandosi a scenari piuttosto astratti basati sulla volontà, astratta
anch’essa, di proporre l’agricoltura in senso produttivo quale attività per il
rilancio dei territori regionali.[1]
Il DDL appare eccessivamente ripiegato su questa visione e poco aperto
verso il tema dell’attrattività territoriale e la “cattura” dei fondi
strutturali che l’Europa riserva alla tutela dell’ambiente, ottenibili anche
grazie all’introduzione di misure tese ad integrare tali fondi con le
previsioni territoriali anche attraverso l’effettiva integrazione del
procedimento di VAS nel percorso della pianificazione quale strumento di
elaborazione delle scelte.
5. Piano Territoriale Paesaggistico Regionale
coincidente con il PTR?
Non pare corretta l’attribuzione
al futuro PTR del valore di Piano Paesaggistico, che contiene una serie di
indicazioni specifiche mentre il PTR ha quale obiettivo la pianificazione a
grande scala, regionale e traguarda anzi la dimensione sovra regionale. E’ chiaro
che nel caso della Liguria gli aspetti paesaggistici hanno un valore per così
dire fondante, e costituiscono il substrato per ogni forma di sovrapposizione
infrastrutturale e urbanistica. Essi rappresentano il sedime da preservare e
tutelare in vista però di uno sviluppo sostenibile che il PTR deve saper
assicurare e di cui l’aspetto paesaggistico è uno dei vari aspetti, seppure di
importanza straordinaria (tanto è vero che il PTPR è sovraordinato agli altri
piani territoriali[2]).
Il PTR è viceversa concepito,
secondo l’INU, come una sorta di “PUC regionale” che prevede strumenti
conformativi ad una scala molto locale, e non corrisponde per questo alle
caratteristiche tipiche di un piano territoriale.
Anche sotto l’aspetto della
tutela paesaggistica appare opportuno, tra l’altro, procedere ad una revisione
e ad un radicale aggiornamento dell’apparato normativo del PTCP, aggiornando le
analisi sullo stato del territorio anche alla luce delle nuove leggi (in primis
il Codice dei beni culturali e del paesaggio).
6. Il
DDL sottrae competenze ai Comuni, ma non si ottiene una concreta
semplificazione dello strumento di piano di livello locale
Di seguito, alcune delle novità
valutate più negativamente dall’INU
a.
Le
varianti sono attivabili solo dagli Enti sovraordinati
b.
Introduzione
dei PUO regionali
c. Competenza
pianificatoria diretta della Regione sui territori agricoli e di presidio
ambientale
d.
Maggiore
onerosità degli studi propedeutici al PUC
e. Indeterminatezza
di alcune definizioni circa le “dotazioni funzionali”
f.
Problema
della definizione dell’ erp-ers
g.
Problema
delle definizione della natura dei vincoli
h.
Eccessiva
attenzione del DDL alla scala edilizia
i.
Procedimento
di approvazione del PUC tutt’altro che semplificato
j.
Subordinazione
delle strategie urbanistiche agli aspetti ambientali (VAS) non contemplata
neppure nel Codice dell’Ambiente, che prescrive piuttosto la coerenza tra
esigenze ambientali e sviluppo sostenibile
k.
Non
esiste distinzione tra fase strategica e fase operativa del PUC
L’INU conclude richiedendo una profonda
rivisitazione del testo, che sia aperta al contributo delle forze politiche,
culturali ed economiche presenti e operanti sul territorio. Che dire? Il
cammino sembra ancora lungo.
[1] N.d.A.: La configurazione
montagnosa della Liguria tuttavia non consente lo sviluppo di una agricoltura
sufficientemente remunerativa per una significativa incidenza diretta
sull’economia locale. Un tipo di agricoltura “industriale”, del resto, non
sembrerebbe neppure troppo auspicabile applicata alla fragilità del nostro
territorio, in quanto necessiterebbe di infrastrutture piuttosto pesanti (nuove
viabilità, nuove costruzioni e attrezzature, ecc.). Questo non significa
tuttavia che le attività agricole non siano importanti, poiché la corretta
gestione del territorio è una condizione indispensabile a preservare il
“substrato” ambientale che costituisce uno dei punti di forza dell’attrattività
territoriale. Non sarà quindi l’attività agricola di tipo “estensivo” il
modello da adottarsi in Liguria, quanto un mosaico di colture e produzioni di
nicchia e di qualità, di attività artigianali e agroturistiche (che di fatto
sono in notevole espansione), di valorizzazione di una cultura dell’abitare e
del presidio del suolo per prevenire i dissesti indotti dalla mancanza di manutenzione
a terrazzamenti e corsi d’acqua. Un reticolo insieme produttivo e protettivo,
steso a maglie ora più fitte ora più larghe su tutto il territorio rurale e
periurbano per preservarne la qualità paesistica e sociale e dove gli antichi
percorsi, i paesi, i borghi grazie alle recenti tecnologie tornano a nuova vita
e si fanno conoscere in tutto il mondo al pari delle località costiere. Non
mancano esempi interessanti, piccole aziende di produzione, vendita diretta e
accoglienza turistica, ubicate nelle vallate dell’entroterra che anche grazie
all’uso accorto della rete hanno acquisito notorietà e clientela da tutto il
mondo. La tutela dell’identità locale diventa così un elemento in grado di dare
valore aggiunto all’offerta commerciale che, se avesse puntato esclusivamente
sui parametri del prezzo e delle quantità, sarebbe stata indubbiamente perdente
nei confronti delle produzioni di massa.
[2]
Cfr. Art. 145 Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e ss. mm. e ii. Codice dei beni culturali e del paesaggio
Nessun commento :
Posta un commento
Grazie per il tuo commento, iscriviti al blog per ricevere gli aggiornamenti