a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

venerdì 2 maggio 2014

L’INU (Istituto Nazionale per l'Urbanistica), sezione della Liguria, ha analizzato la proposta di revisione della Legge Urbanistica della Liguria (LR 36/97), facendo emergere non pochi elementi di criticità.



1.    La proposta di modifica non è frutto di un processo di partecipazione con le Istituzioni e le Organizzazioni della cultura urbanistica ligure

La revisione della LUR della Liguria (LR 36/97) si è resa necessaria per semplificarne i complicati meccanismi che ne hanno, di fatto, reso assai difficile la reale applicazione, tanto che sono pochi gli strumenti urbanistici rinnovati sulla base di tale legge.

Tale necessità, fortemente avallata anche dagli ordini professionali di riferimento, non è stata tuttavia occasione di un confronto pubblico con le categorie interessate, come sarebbe stato auspicabile. La proposta di modifica della LUR nasce avulsa da tale contesto, già definita nelle sue linee e quindi assai rigida rispetto a possibili proposte alternative.

La carenza di tale confronto, osserva l’INU Liguria, fa sì che i temi della semplificazione normativa in funzione di un rilancio della governance territoriale più efficace ed attenta a temi nuovi quali il consumo del suolo, i criteri unificati per le leggi regionali, ecc., non siano affrontati in modo esplicito. Questa carenza si riflette, come è logico, sul progetto di revisione che nasce troppo ripiegato su aspetti burocratico-amministrativi, ma privo di una più ampia visione culturale, sociale ed economica.  


2.  Possibili sovrapposizioni tra la nuova LUR e la riforma delle Autonomie Locali in corso per quel che riguarda l’attribuzione delle competenze ai soggetti dotati di poteri pianificatori

Il riordino degli Enti Locali è materia di discussione a livello nazionale ormai da diversi anni. Una importante novità è costituita dalla legge 7 aprile, n. 56 (Delrio) contenente disposizioni che interviene su Province, Città metropolitane e su unioni e fusioni di Comuni.

Circa le Province, il cui ruolo appare ridimensionato rispetto all’attuale (ed in attesa dell’eventuale loro soppressione per via costituzionale) il DDL offre, a dire dell’INU, un contributo poco organico. Lo stesso dicasi per il tema della Città metropolitana (che in Liguria ha particolare rilievo, data l’assoluta preminenza economica, politica e demografica del capoluogo rispetto all’intera Regione), e per quello della pianificazione urbanistica nelle Unioni di Comuni.


3. L’INU rileva una contraddizione tra l’annunciata intenzione di voler eliminare le sovrapposizioni dei piani e l’attribuzione al PTR di contenuti e funzioni propri dei livelli comunale, provinciale e metropolitano

La semplificazione dei tempi della pianificazione non può essere ottenuta accentrando nella Regione competenze proprie degli Enti Locali, come il PTR in itinere prefigura. Esso appare, fra l’altro, poco correttamente elaborato sulla base del DDL a sua volta in itinere, piuttosto che sulla legge 36 ad oggi vigente, configurando quindi un evidente problema di legittimità. Questo accentramento è particolarmente confligente con le nuove disposizioni della legge 56 che attribuisce alle Province, tra l’altro, la pianificazione in ambito territoriale e la valorizzazione dell’ambiente e dei servizi di trasporto e alle Città metropolitane la programmazione e la pianificazione dello sviluppo strategico nonché il coordinamento, la promozione e la gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione.

Particolarmente negativa viene valutata dall’INU la riattribuzione alla Regione dell’approvazione dei PUC e delle loro varianti sostanziali, che si configura in effetti come la revoca di una delle principali novità introdotte dalla legge 36/97, ossia l’autonomia decisionale dei Comuni in materia di decisioni urbanistiche. Anche nel caso dell’Unione dei Comuni (che la nuova legge 56 incentiva ulteriormente) non sono prefigurati le competenze in materia pianificatoria ed i rapporti con la Regione.


4.  Lo scollamento tra processo di revisione della legge e analisi delle realtà socio-economiche condotte tramite un attivo confronto con le rappresentanze locali e professionali provoca la mancanza di una prospettiva ampia e della conseguente messa a fuoco delle esigenze di pianificazione territoriale.

Il DDL tende, secondo l’INU, a cristallizzare lo stato attuale del territorio più che a prefigurarne uno sviluppo e una trasformazione sostenibile, prescindendo dalle reali dinamiche socio-economiche in atto ed ispirandosi a scenari piuttosto astratti basati sulla volontà, astratta anch’essa, di proporre l’agricoltura in senso produttivo quale attività per il rilancio dei territori regionali.[1]



Il DDL appare eccessivamente ripiegato su questa visione e poco aperto verso il tema dell’attrattività territoriale e la “cattura” dei fondi strutturali che l’Europa riserva alla tutela dell’ambiente, ottenibili anche grazie all’introduzione di misure tese ad integrare tali fondi con le previsioni territoriali anche attraverso l’effettiva integrazione del procedimento di VAS nel percorso della pianificazione quale strumento di elaborazione delle scelte.



5.      Piano Territoriale Paesaggistico Regionale coincidente con il PTR?

Non pare corretta l’attribuzione al futuro PTR del valore di Piano Paesaggistico, che contiene una serie di indicazioni specifiche mentre il PTR ha quale obiettivo la pianificazione a grande scala, regionale e traguarda anzi la dimensione sovra regionale. E’ chiaro che nel caso della Liguria gli aspetti paesaggistici hanno un valore per così dire fondante, e costituiscono il substrato per ogni forma di sovrapposizione infrastrutturale e urbanistica. Essi rappresentano il sedime da preservare e tutelare in vista però di uno sviluppo sostenibile che il PTR deve saper assicurare e di cui l’aspetto paesaggistico è uno dei vari aspetti, seppure di importanza straordinaria (tanto è vero che il PTPR è sovraordinato agli altri piani territoriali[2]).

Il PTR è viceversa concepito, secondo l’INU, come una sorta di “PUC regionale” che prevede strumenti conformativi ad una scala molto locale, e non corrisponde per questo alle caratteristiche tipiche di un piano territoriale.

Anche sotto l’aspetto della tutela paesaggistica appare opportuno, tra l’altro, procedere ad una revisione e ad un radicale aggiornamento dell’apparato normativo del PTCP, aggiornando le analisi sullo stato del territorio anche alla luce delle nuove leggi (in primis il Codice dei beni culturali e del paesaggio).


6. Il DDL sottrae competenze ai Comuni, ma non si ottiene una concreta semplificazione dello strumento di piano di livello locale


Di seguito, alcune delle novità valutate più negativamente dall’INU

a.      Le varianti sono attivabili solo dagli Enti sovraordinati

b.     Introduzione dei PUO regionali

c.   Competenza pianificatoria diretta della Regione sui territori agricoli e di presidio ambientale

d.     Maggiore onerosità degli studi propedeutici al PUC

e. Indeterminatezza di alcune definizioni circa le “dotazioni funzionali”

f.       Problema della definizione dell’ erp-ers

g.      Problema delle definizione della natura dei vincoli

h.     Eccessiva attenzione del DDL alla scala edilizia

i.       Procedimento di approvazione del PUC tutt’altro che semplificato

j.       Subordinazione delle strategie urbanistiche agli aspetti ambientali (VAS) non contemplata neppure nel Codice dell’Ambiente, che prescrive piuttosto la coerenza tra esigenze ambientali e sviluppo sostenibile

k.      Non esiste distinzione tra fase strategica e fase operativa del PUC



L’INU conclude richiedendo una profonda rivisitazione del testo, che sia aperta al contributo delle forze politiche, culturali ed economiche presenti e operanti sul territorio. Che dire? Il cammino sembra ancora lungo.





[1] N.d.A.: La configurazione montagnosa della Liguria tuttavia non consente lo sviluppo di una agricoltura sufficientemente remunerativa per una significativa incidenza diretta sull’economia locale. Un tipo di agricoltura “industriale”, del resto, non sembrerebbe neppure troppo auspicabile applicata alla fragilità del nostro territorio, in quanto necessiterebbe di infrastrutture piuttosto pesanti (nuove viabilità, nuove costruzioni e attrezzature, ecc.). Questo non significa tuttavia che le attività agricole non siano importanti, poiché la corretta gestione del territorio è una condizione indispensabile a preservare il “substrato” ambientale che costituisce uno dei punti di forza dell’attrattività territoriale. Non sarà quindi l’attività agricola di tipo “estensivo” il modello da adottarsi in Liguria, quanto un mosaico di colture e produzioni di nicchia e di qualità, di attività artigianali e agroturistiche (che di fatto sono in notevole espansione), di valorizzazione di una cultura dell’abitare e del presidio del suolo per prevenire i dissesti indotti dalla mancanza di manutenzione a terrazzamenti e corsi d’acqua. Un reticolo insieme produttivo e protettivo, steso a maglie ora più fitte ora più larghe su tutto il territorio rurale e periurbano per preservarne la qualità paesistica e sociale e dove gli antichi percorsi, i paesi, i borghi grazie alle recenti tecnologie tornano a nuova vita e si fanno conoscere in tutto il mondo al pari delle località costiere. Non mancano esempi interessanti, piccole aziende di produzione, vendita diretta e accoglienza turistica, ubicate nelle vallate dell’entroterra che anche grazie all’uso accorto della rete hanno acquisito notorietà e clientela da tutto il mondo. La tutela dell’identità locale diventa così un elemento in grado di dare valore aggiunto all’offerta commerciale che, se avesse puntato esclusivamente sui parametri del prezzo e delle quantità, sarebbe stata indubbiamente perdente nei confronti delle produzioni di massa.



[2] Cfr. Art. 145 Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e ss. mm. e ii. Codice dei beni culturali e del paesaggio

Nessun commento :

Posta un commento

Grazie per il tuo commento, iscriviti al blog per ricevere gli aggiornamenti