di Sonia Zarino
Condizione fondamentale per il buon funzionamento delle neonate Città metropolitane è che si proceda alla riallocazione, tra i vari Enti, delle funzioni non fondamentali, e tuttavia molte sono le regioni che non hanno ancora provveduto
ad adottare le leggi di loro competenza.
Sul sito Regioni.it
è disponibile una tabella che sintetizza lo stato dell’arte delle leggi
regionali e mostra come solo 15 regioni abbiano iniziato e in alcuni casi
concluso l’iter normativo previsto. A metà luglio (data dell’ultimo
aggiornamento) erano conclusi unicamente i procedimenti relativi a Toscana,
Umbria, Calabria, Liguria e Marche.
In nessun caso risultano
concretamente avviati i procedimenti necessari al trasferimento delle funzioni
e del personale nonché delle corrispondenti risorse finanziarie.
Le città metropolitane e le
province si trovano quindi ad operare in una sorta di “terra di mezzo”
legislativa, la cui fluidità rende poco stabile il terreno normativo sul quale
le Pubbliche Amministrazioni si trovano ad operare, così come estremamente
difficile è la gestione tanto a breve quanto a lungo termine di enti non ancora
del tutto delineati nelle loro competenze e relative dotazioni finanziarie.
Se da un lato, infatti, la
“macchina” delle riforme ha modificato a livello nazionale il quadro relativo a
regioni, province, città metropolitane e comuni, il livello locale non ha
seguito con la stessa velocità il calendario previsto per la messa in atto
delle conseguenti determinazioni, tanto che ad oggi è fortemente avvertito il
pericolo di fallimento che la riforma stessa potrebbe incontrare. Fallimento
causato, in primis, proprio per il grande ritardo e la poca convinzione con cui
le regioni hanno affrontato il compito di legiferare per riattribuire le
funzioni (e le risorse) a province e città metropolitane.
Il DL 78/2015 è stato convertito
in legge con molte modifiche il 28 luglio. Il nuovo testo ha introdotto fra
l’altro l’obbligo per le Regioni di completare il riordino delle funzioni non
fondamentali di province e città metropolitane entro il 30 ottobre,
obbligandole in alternativa a trasferire agli stessi enti le risorse
corrispondenti. E’ stato inoltre concessa per le città metropolitane la
possibilità di redigere il bilancio solo per il 2015 e una riduzione delle sanzioni
per gli enti locali che avranno sforato il Patto di stabilità.
Certo è che il processo di
riforma non sembra avere quella fluidità che sarebbe necessaria per un
passaggio senza intoppi da una forma ad un'altra dell’ordinamento complessivo
degli Enti locali.
La natura e l'ambito di interesse della città metropolitana
Uno dei problemi che maggiormente
si percepisce è la poca comprensione, negli stessi amministratori, delle reali
implicazioni che, specie nel caso della città metropolitana, la creazione del
nuovo ente comporta, e questo compromette non di poco, a nostro avviso, la
riuscita della riforma stessa.