a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

martedì 24 maggio 2016

Cinghiali metropolitani


Prendendo spunto da un curioso fatto di cronaca, Andrea Pasetti prosegue le riflessioni sulle promesse mancate fatte ai cittadini in tema di città metropolitana, su quello che il nuovo ente doveva essere e su quello che in realtà è attualmente: una grande incompiuta, priva di mezzi e "snobbata" dalla classe politica che guarda altrove, mentre vengono a mancare i servizi più elementari e Genova sale all'onore delle cronache nazionali per l'Università di Scienze Politiche okkupata...ma invece che la pantera, questa volta ci sono i cinghiali.

di Andrea Pasetti*


Sgrunff! Sgrunff!
Una famiglia di allegri cinghialotti, che ha inopinatamente fatto irruzione nei giardini pubblici e nelle sistemazioni a verde dell’Università, scorrazzando liberamente nei quartieri del centro, ha creato nei giorni scorsi un certo scompiglio.
La vicenda, oltre ad aver dato spunto per articoli “di colore” nelle cronache locali anche grazie alle curiose reazioni di simpatia animalista che gli ungulati hanno suscitato, ci consente di fare qualche riflessione e di trarre qualche insegnamento in chiave metropolitana.
E già, perché i cinghiali sono certamente animali metropolitani: non conoscono i confini tra un Comune e l’altro, si aggirano liberamente sulle alture di tutta l’area metropolitana genovese e da anni si intrufolano con sempre maggiore frequenza nei campi, negli orti e nei giardini di molte comunità locali che oggi appartengono a tale vasta area urbana. La loro sgradita presenza sembra testimoniare la necessità di un coordinamento di scala sovra comunale, per il quale è stata proprio costituita la Città metropolitana.
Un singolo Comune, anche ben organizzato e dotato di mezzi e personale come il Comune di Genova, non avrebbe certo la possibilità di governare efficacemente il fenomeno, conoscerne le caratteristiche e le evoluzioni, introdurre misure per contenerlo e limitarlo senza urtare le sensibilità di una parte dei cittadini, ma anche senza consentire la produzione di danni su beni pubblici e privati, anche consistenti e in settori delicati come l’agricoltura.
Prendere di peso la famiglia di cinghiali dai giardini dell’Università e riportarla sui monti serve a poco: quanto tempo dovremo attendere perché la stessa famiglia o un altro gruppo o dieci o cento prendano la stessa strada, attirati dai facili bocconi disponibili nei quartieri bassi?
Soprattutto, pensiamo che nella stessa area metropolitana non ci siano uguali diritti e doveri per tutti i cittadini? Che di questo problema, come di altri che caratterizzano i nostri territori interni, come ad esempio il dissesto idrogeologico, se ne debba occupare qualcun altro?
Qualcuno risponderà che del problema se ne sta occupando la Regione ed è vero, visto che è stato emanato recentemente un apposito regolamento sulla base delle deleghe “riassorbite” dalle Province. Bisogna però osservare da una parte che la legge di recepimento di queste deleghe era stata fatta più di un anno fa e forse, in questa occasione, la macchina amministrativa regionale non ha brillato per rapidità di riflessi, e dall’altra che, per sua natura, l’Ente regionale è sempre portato ad affrontare le questioni sotto un profilo normativo e programmatorio.
Purtroppo i cinghiali sono bestie rozze e ignoranti e di leggi e regolamenti non sanno che farsene. Per affrontare seriamente il problema occorre organizzazione, collaborazione tra diversi Enti, condivisione tra comunità locali: ma per ottenere questo risultato occorre un progetto collettivo di uso del territorio che consideri le parti meno urbanizzate dell’area metropolitana come un prezioso complemento di quelle più densamente abitate, da curare e proteggere nello stesso modo in cui ci si occupa del proprio orto e del proprio giardino.
È troppo ambizioso questo obiettivo? È forse irraggiungibile quanto previsto dallo Statuto della Città metropolitana quando afferma tra i propri obiettivi quello “… dello sviluppo sostenibile, orientato al potenziamento e alla valorizzazione delle reti infrastrutturali e dei sistemi di mobilità pubblica, alla rigenerazione dei tessuti edificati, al potenziamento e alla riqualificazione dei servizi e degli spazi pubblici, alla costruzione della rete ecologica metropolitana, alla valorizzazione e tutela del sistema agricolo, dei suoli liberi e dei beni paesistici”?
Sappiamo purtroppo che la Città metropolitana è un Ente privo di mezzi, di risorse e forse anche di speranze per il proprio futuro, abbandonato dallo Stato che l’aveva voluto (forse solo per far digerire meglio l’abolizione delle Province) e osteggiato dagli altri Enti, in particolare dalla Regione.
Nonostante il ruolo costituzionale e le attribuzioni della legge costitutiva molti, in particolare appartenenti al cosiddetto establishment, pensano che le Città metropolitane siano Enti inutili e comunque il loro numero debba essere ridotto, facendo scempio in questo modo dell’impegno di chi ci lavora e soprattutto dei diritti che i cittadini metropolitani hanno tutti in uguale misura.
Il comportamento di costoro, che distruggono l’ordinamento voluto dalle leggi riproponendo vecchi schemi gerarchici e disfano il faticoso lavoro di chi cerca di coordinare le diverse esigenze delle comunità locali allo scopo di eliminare le disparità tra i cittadini, e di quelli che ridono e applaudono allo spettacolo di tale distruzione, non ricorda forse quello di altri, incolpevoli, soggetti citati nell’articolo?
Sgrunff! Sgrunff!
 
*Architetto, già Direttore dell'Urbanistica della Provincia di Genova e attualmente membro dell'INU Liguria

Nessun commento :

Posta un commento

Grazie per il tuo commento, iscriviti al blog per ricevere gli aggiornamenti