Prendendo spunto da un curioso fatto di cronaca, Andrea Pasetti prosegue le riflessioni sulle promesse mancate fatte ai cittadini in tema di città metropolitana, su quello che il nuovo ente doveva essere e su quello che in realtà è attualmente: una grande incompiuta, priva di mezzi e "snobbata" dalla classe politica che guarda altrove, mentre vengono a mancare i servizi più elementari e Genova sale all'onore delle cronache nazionali per l'Università di Scienze Politiche okkupata...ma invece che la pantera, questa volta ci sono i cinghiali.
di Andrea Pasetti*
Sgrunff! Sgrunff!
Una famiglia di allegri cinghialotti, che ha inopinatamente
fatto irruzione nei giardini pubblici e nelle sistemazioni a verde
dell’Università, scorrazzando liberamente nei quartieri del centro, ha creato nei
giorni scorsi un certo scompiglio.
La vicenda, oltre ad aver dato spunto per articoli “di colore”
nelle cronache locali anche grazie alle curiose reazioni di simpatia animalista
che gli ungulati hanno suscitato, ci consente di fare qualche riflessione e di
trarre qualche insegnamento in chiave metropolitana.
E già, perché i cinghiali sono certamente animali
metropolitani: non conoscono i confini tra un Comune e l’altro, si aggirano
liberamente sulle alture di tutta l’area metropolitana genovese e da anni si
intrufolano con sempre maggiore frequenza nei campi, negli orti e nei giardini
di molte comunità locali che oggi appartengono a tale vasta area urbana. La
loro sgradita presenza sembra testimoniare la necessità di un coordinamento di
scala sovra comunale, per il quale è stata proprio costituita la Città
metropolitana.
Un singolo Comune, anche ben organizzato e dotato di mezzi e
personale come il Comune di Genova, non avrebbe certo la possibilità di
governare efficacemente il fenomeno, conoscerne le caratteristiche e le
evoluzioni, introdurre misure per contenerlo e limitarlo senza urtare le
sensibilità di una parte dei cittadini, ma anche senza consentire la produzione
di danni su beni pubblici e privati, anche consistenti e in settori delicati
come l’agricoltura.
Prendere di peso la famiglia di cinghiali dai giardini
dell’Università e riportarla sui monti serve a poco: quanto tempo dovremo
attendere perché la stessa famiglia o un altro gruppo o dieci o cento prendano
la stessa strada, attirati dai facili bocconi disponibili nei quartieri bassi?
Soprattutto, pensiamo che nella stessa area metropolitana non
ci siano uguali diritti e doveri per tutti i cittadini? Che di questo problema,
come di altri che caratterizzano i nostri territori interni, come ad esempio il
dissesto idrogeologico, se ne debba occupare qualcun altro?
Qualcuno risponderà che del problema se ne sta occupando la
Regione ed è vero, visto che è stato emanato recentemente un apposito
regolamento sulla base delle deleghe “riassorbite” dalle Province. Bisogna però
osservare da una parte che la legge di recepimento di queste deleghe era stata
fatta più di un anno fa e forse, in questa occasione, la macchina
amministrativa regionale non ha brillato per rapidità di riflessi, e dall’altra
che, per sua natura, l’Ente regionale è sempre portato ad affrontare le
questioni sotto un profilo normativo e programmatorio.
Purtroppo i cinghiali sono bestie rozze e ignoranti e di leggi
e regolamenti non sanno che farsene. Per affrontare seriamente il problema
occorre organizzazione, collaborazione tra diversi Enti, condivisione tra
comunità locali: ma per ottenere questo risultato occorre un progetto
collettivo di uso del territorio che consideri le parti meno urbanizzate
dell’area metropolitana come un prezioso complemento di quelle più densamente
abitate, da curare e proteggere nello stesso modo in cui ci si occupa del
proprio orto e del proprio giardino.
È troppo ambizioso questo obiettivo? È forse irraggiungibile
quanto previsto dallo Statuto della Città metropolitana quando afferma tra i
propri obiettivi quello “… dello sviluppo sostenibile, orientato al potenziamento e alla
valorizzazione delle reti infrastrutturali e dei sistemi di mobilità pubblica,
alla rigenerazione dei tessuti edificati, al potenziamento e alla
riqualificazione dei servizi e degli spazi pubblici, alla costruzione della
rete ecologica metropolitana, alla valorizzazione e tutela del sistema
agricolo, dei suoli liberi e dei beni paesistici”?
Sappiamo
purtroppo che la Città metropolitana è un Ente privo di mezzi, di risorse e
forse anche di speranze per il proprio futuro, abbandonato dallo Stato che l’aveva
voluto (forse solo per far digerire meglio l’abolizione delle Province) e
osteggiato dagli altri Enti, in particolare dalla Regione.
Nonostante il ruolo costituzionale e le attribuzioni della
legge costitutiva molti, in particolare appartenenti al cosiddetto
establishment, pensano che le Città metropolitane siano Enti inutili e comunque
il loro numero debba essere ridotto, facendo scempio in questo modo
dell’impegno di chi ci lavora e soprattutto dei diritti che i cittadini
metropolitani hanno tutti in uguale misura.
Il comportamento di costoro, che distruggono l’ordinamento
voluto dalle leggi riproponendo vecchi schemi gerarchici e disfano il faticoso
lavoro di chi cerca di coordinare le diverse esigenze delle comunità locali
allo scopo di eliminare le disparità tra i cittadini, e di quelli che ridono e
applaudono allo spettacolo di tale distruzione, non ricorda forse quello di
altri, incolpevoli, soggetti citati nell’articolo?
Sgrunff! Sgrunff!
*Architetto, già Direttore dell'Urbanistica della Provincia di Genova e attualmente membro dell'INU Liguria
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