Primo bilancio con (poche) luci e (troppe) ombre sulle città metropolitane che hanno ad oggi largamente disatteso le giuste aspettative tanto dei cittadini quanto di coloro che vi operano ogni giorno, dibattendosi tra mille difficoltà e ristrettezze. L'arch. Andrea Pasetti, già dirigente dell'urbanistica della Provincia di Genova e oggi referente dell'INU per la Liguria in materia di città metropolitana, fa il punto della situazione.
di Andrea Pasetti
Il primo di gennaio 2016 le Città metropolitane italiane
hanno compiuto un anno.
In realtà per alcune (Reggio Calabria e le
Città delle Regioni a statuto speciale) la formale istituzione deve ancora
avvenire, altre hanno trascorso un periodo più o meno lungo “in incubatrice”,
non essendosi ancora ben formata l’ossatura (lo Statuto) e le connessioni che
ne regolano le funzioni vitali (le relazioni con le Regioni sulle funzioni
delegate e la correlata destinazione del personale non addetto alle funzioni
fondamentali, i rapporti tra i Comuni dell’area metropolitana, la designazione
dei Consiglieri delegati, ecc.).
La Città metropolitana di Genova al
momento della sua nascita poteva vantare un “indice di Apgar” migliore rispetto
ad altre, ed ha iniziato subito a svolgere le proprie attività sia a livello
politico, con un intenso lavoro dell’Assemblea, del Consiglio, dei Consiglieri
delegati e del Sindaco metropolitano, sia a livello tecnico con la
predisposizione di documenti, atti, proposte deliberative che attengono alle
funzioni fondamentali dell’area metropolitana: la pianificazione strategica e
territoriale, l’organizzazione dei servizi sovracomunali, l’esercizio delle
deleghe ancora attive.
E poi? Come è cresciuto questo nuovo Ente,
sul quale si concentravano le attese di chi sperava in un radicale rinnovamento
delle Autonomie locali, e di chi credeva che il nuovo arrivato avrebbe non solo
fornito ai cittadini migliori servizi con minori costi, ma soprattutto dato un
decisivo stimolo allo sviluppo economico ed al riassetto territoriale
dell’intero Paese? Purtroppo – inutile nascondercelo - il bilancio
del primo anno di vita delle Città metropolitane italiane non è positivo, per
diversi motivi che proviamo a evidenziare. Il problema minore sono i
pochi risultati concreti ottenuti: nessuna persona dotata di buon senso poteva
aspettarsi concrete realizzazioni da parte di Enti appena costituiti, i cui
Amministratori sono di secondo livello (cioè devono affrontare tutte le
complessità del nuovo soggetto pubblico continuando a svolgere le medesime
attività di prima per i propri diretti elettori), e sono chiamati a svolgere
gravose incombenze per l’area metropolitana a titolo gratuito.
La
questione che tutti sottolineano riguarda le difficoltà economiche, generate
dai tagli a bilanci, insostenibili e incomprensibili per Enti di nuova
formazione che inevitabilmente devono investire per creare quelle opportunità
di sviluppo strategico del territorio che costituiscono il DNA non solo di
quelle italiane, ma di tutte le Città metropolitane del mondo.
Da
queste considerazioni emerge un altro motivo di fondo che solo ora comincia
timidamente a filtrare sui media: le Città metropolitane hanno molti e potenti
nemici. Soprattutto le Regioni, che si sentono minacciate dallo Stato che ha
ripreso funzioni di indirizzo nel governo del territorio eliminando la
legislazione concorrente, e dai nuovi Enti metropolitani, certamente più agili
e idonei a conseguire successi sul fronte dello sviluppo strategico. Ma anche
altri soggetti mal sopportano il cambiamento, ignorando i benefici che da
questo ci si può attendere: alcuni organi dello Stato, alcune categorie del
mondo economico e finanziario interessate a mantenere lo status quo, ma anche
il mondo dell’informazione che, invece di coinvolgere il più ampio pubblico,
continua ad ignorare che le Città metropolitane ormai esistono.
A
mio parere però il problema più grave è che lo stesso personale tecnico e
politico delle Città metropolitano sta perdendo la speranza. Circolano battute
del genere: “La Città metropolitana è la Provincia con un altro nome, ma senza
soldi”. L’obiettivo è sopravvivere anziché vivere e si evita così di assumere
quel ruolo guida per lo sviluppo del territorio che consentirebbe alla Città
metropolitana di occupare lo spazio che le spetta di diritto e intraprendere
azioni che richiedono motivazione e visione prospettica prima ancora di
mobilitare risorse.
Cara Città metropolitana, visto che nessuno
ancora lo ha fatto, vorrei augurarti un buon compleanno e pensare che il 2016 e
gli anni che verranno vedranno finalmente le tue capacità vitali emergere a
dispetto di chi scommette sulla tua sconfitta e saranno gli anni nei quali
aprirci ad una dimensione europea di sviluppo e di pace.
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