Pubblicato su La Voce.info il 24/07/2015
Le città metropolitane sono appena nate e già devono affrontare
molte difficoltà. Prima tra tutte la questione delle risorse.
L’istituzione di imposte proprie sarebbe auspicabile, ma a sua volta
apre il problema degli interventi compensativi a favore dei comuni
limitrofi all’area metropolitana.
Città metropolitane senza fondi
L’istituzione delle città metropolitane rappresenta la prima riforma
in linea con gli obiettivi e le strategie europee che identificano le
città e le aree urbane come i luoghi chiave della crescita intelligente,
dell’innovazione e della inclusività. Tuttavia in queste aree, per la
più elevata densità demografica che le caratterizza, si concentrano
anche gli squilibri territoriali più evidenti. Insieme alla necessità di
rilanciare le politiche urbane, sono tutti elementi che sottolineano le
potenzialità connesse all’istituzione di un livello territoriale di
governo intermedio.
Se la fiducia nelle potenzialità intrinseche dei sistemi metropolitani è alta, si fa strada tuttavia una crescente preoccupazione legata alle risorse disponibili. Per la nuova istituzione l’avvio è infatti molto difficile a causa dei tagli di risorse e di personale indicati dalla Legge di stabilità per il 2015 e dalle altre normative vigenti.
A questo, si aggiungono poi i criteri adottati per distribuire i tagli, che penalizzano in modo particolare alcune città metropolitane, come quella fiorentina, in conseguenza della procedura utilizzata basata sull’incrocio della “capacità fiscali” con il “costo efficiente” delle funzioni fondamentali.
Se la fiducia nelle potenzialità intrinseche dei sistemi metropolitani è alta, si fa strada tuttavia una crescente preoccupazione legata alle risorse disponibili. Per la nuova istituzione l’avvio è infatti molto difficile a causa dei tagli di risorse e di personale indicati dalla Legge di stabilità per il 2015 e dalle altre normative vigenti.
A questo, si aggiungono poi i criteri adottati per distribuire i tagli, che penalizzano in modo particolare alcune città metropolitane, come quella fiorentina, in conseguenza della procedura utilizzata basata sull’incrocio della “capacità fiscali” con il “costo efficiente” delle funzioni fondamentali.
Nella tabella 1 si può vedere una stima dell’esito dell’applicazione di quel criterio, per quantificare le risorse che saranno teoricamente nella disponibilità delle città metropolitane.
Fonte: stime su dati Sose – ministero Economia e finanze
Sulla base delle informazioni oggi disponibili, tutte le città
metropolitane si troverebbero nella condizione di non poter garantire
con le proprie entrate neanche lo svolgimento delle funzioni
fondamentali attribuite. E il disavanzo risulterebbe particolarmente
oneroso per le città di Firenze, Napoli, Genova e Reggio Calabria.
Disavanzi che saranno poi ulteriormente aggravati dall’applicazione alle
città metropolitane delle sanzioni per il mancato rispetto del patto di
stabilità interno delle ex province. Anche se va ricordato che il
decreto enti locali, approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei
ministri, riduce notevolmente il peso delle sanzioni: dal 100 al 20 per
cento dello sforamento.
Quanto al personale, dovrà diminuire del 30 per cento rispetto a quello delle ex-province, anche se è ragionevole ipotizzare che l’intervento riguarderà in via prioritaria le funzioni non fondamentali. Resta tuttavia evidente lo squilibrio tra risorse (economiche e umane) e funzioni da adempiere.
In più, una delle principali risorse finanziarie a disposizione dei nuovi enti (Rc-auto) è di fatto scarsamente incrementabile sia perché in alcuni casi sono stati già utilizzati gli spazi di manovra consentiti sia per l’effetto dumping conseguente all’eventuale aumento delle aliquote. Secondo alcune ipotesi, il ruolo di questa voce di entrata verrà ripensato: dovrebbe comunque rimanere nella disponibilità finanziaria delle città metropolitane, ma trasformarsi in una imposta statale.
Quanto al personale, dovrà diminuire del 30 per cento rispetto a quello delle ex-province, anche se è ragionevole ipotizzare che l’intervento riguarderà in via prioritaria le funzioni non fondamentali. Resta tuttavia evidente lo squilibrio tra risorse (economiche e umane) e funzioni da adempiere.
In più, una delle principali risorse finanziarie a disposizione dei nuovi enti (Rc-auto) è di fatto scarsamente incrementabile sia perché in alcuni casi sono stati già utilizzati gli spazi di manovra consentiti sia per l’effetto dumping conseguente all’eventuale aumento delle aliquote. Secondo alcune ipotesi, il ruolo di questa voce di entrata verrà ripensato: dovrebbe comunque rimanere nella disponibilità finanziaria delle città metropolitane, ma trasformarsi in una imposta statale.
Una nuova addizionale sugli imbarchi
In definitiva, per far quadrare i conti le città metropolitane si
troveranno nella condizione di contenere le spese e quindi, di fatto,
nell’impossibilità di svolgere il ruolo loro assegnato dal legislatore.
L’alternativa è potenziarne l’autonomia finanziaria attraverso l’istituzione di un tributo il cui gettito sia destinato, in parte o interamente, ai singoli enti. Sono state già avanzate diverse ipotesi: dalla rinegoziazione dei mutui, all’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili, ma tra le più accreditate c’è sicuramente quella relativa all’addizionale sui diritti di imbarco portuali e aeroportuali, la cui applicazione potrebbe consegnare alle città metropolitane circa 154 milioni di euro.
L’alternativa è potenziarne l’autonomia finanziaria attraverso l’istituzione di un tributo il cui gettito sia destinato, in parte o interamente, ai singoli enti. Sono state già avanzate diverse ipotesi: dalla rinegoziazione dei mutui, all’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili, ma tra le più accreditate c’è sicuramente quella relativa all’addizionale sui diritti di imbarco portuali e aeroportuali, la cui applicazione potrebbe consegnare alle città metropolitane circa 154 milioni di euro.
Fonte: stime su dati Istat
L’imposta di imbarco può certo rappresentare una fonte di gettito da
destinare allo sviluppo delle città metropolitane, ma non mancano le
criticità. In primo luogo, aumenterebbe il livello di pressione fiscale
complessivo, anche se si potrebbero prevedere forme di esclusione per la
popolazione residente nelle singole città. Così come il nuovo tributo
non dovrebbe riflettersi negativamente sulla dimensione dei flussi
turistici.
In secondo luogo, l’imposta può aprire molte discussioni circa eventuali interventi compensativi a favore di comuni esterni alle città metropolitane, ma che hanno nel loro territorio aeroporti o porti importanti. Basta citare l’esempio di Pisa e Livorno che con l’introduzione della nuova addizionale contribuirebbero al gettito complessivo della città di Firenze e potrebbero aver diritto a una quota di quella entrata.
In secondo luogo, l’imposta può aprire molte discussioni circa eventuali interventi compensativi a favore di comuni esterni alle città metropolitane, ma che hanno nel loro territorio aeroporti o porti importanti. Basta citare l’esempio di Pisa e Livorno che con l’introduzione della nuova addizionale contribuirebbero al gettito complessivo della città di Firenze e potrebbero aver diritto a una quota di quella entrata.
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