a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

venerdì 24 luglio 2015

Città metropolitane senza fondi


Pubblicato su La Voce.info il 24/07/2015

Le città metropolitane sono appena nate e già devono affrontare molte difficoltà. Prima tra tutte la questione delle risorse. L’istituzione di imposte proprie sarebbe auspicabile, ma a sua volta apre il problema degli interventi compensativi a favore dei comuni limitrofi all’area metropolitana.



Città metropolitane senza fondi

L’istituzione delle città metropolitane rappresenta la prima riforma in linea con gli obiettivi e le strategie europee che identificano le città e le aree urbane come i luoghi chiave della crescita intelligente, dell’innovazione e della inclusività. Tuttavia in queste aree, per la più elevata densità demografica che le caratterizza, si concentrano anche gli squilibri territoriali più evidenti. Insieme alla necessità di rilanciare le politiche urbane, sono tutti elementi che sottolineano le potenzialità connesse all’istituzione di un livello territoriale di governo intermedio.
Se la fiducia nelle potenzialità intrinseche dei sistemi metropolitani è alta, si fa strada tuttavia una crescente preoccupazione legata alle risorse disponibili. Per la nuova istituzione l’avvio è infatti molto difficile a causa dei tagli di risorse e di personale indicati dalla Legge di stabilità per il 2015 e dalle altre normative vigenti.
A questo, si aggiungono poi i criteri adottati per distribuire i tagli, che penalizzano in modo particolare alcune città metropolitane, come quella fiorentina, in conseguenza della procedura utilizzata basata sull’incrocio della “capacità fiscali” con il “costo efficiente” delle funzioni fondamentali. 

Nella tabella 1 si può vedere una stima dell’esito dell’applicazione di quel criterio, per quantificare le risorse che saranno teoricamente nella disponibilità delle città metropolitane.
 
Fonte: stime su dati Sose – ministero Economia e finanze

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Sulla base delle informazioni oggi disponibili, tutte le città metropolitane si troverebbero nella condizione di non poter garantire con le proprie entrate neanche lo svolgimento delle funzioni fondamentali attribuite. E il disavanzo risulterebbe particolarmente oneroso per le città di Firenze, Napoli, Genova e Reggio Calabria. Disavanzi che saranno poi ulteriormente aggravati dall’applicazione alle città metropolitane delle sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità interno delle ex province. Anche se va ricordato che il decreto enti locali, approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri, riduce notevolmente il peso delle sanzioni: dal 100 al 20 per cento dello sforamento.
Quanto al personale, dovrà diminuire del 30 per cento rispetto a quello delle ex-province, anche se è ragionevole ipotizzare che l’intervento riguarderà in via prioritaria le funzioni non fondamentali. Resta tuttavia evidente lo squilibrio tra risorse (economiche e umane) e funzioni da adempiere.
In più, una delle principali risorse finanziarie a disposizione dei nuovi enti (Rc-auto) è di fatto scarsamente incrementabile sia perché in alcuni casi sono stati già utilizzati gli spazi di manovra consentiti sia per l’effetto dumping conseguente all’eventuale aumento delle aliquote. Secondo alcune ipotesi, il ruolo di questa voce di entrata verrà ripensato: dovrebbe comunque rimanere nella disponibilità finanziaria delle città metropolitane, ma trasformarsi in una imposta statale.

Una nuova addizionale sugli imbarchi

In definitiva, per far quadrare i conti le città metropolitane si troveranno nella condizione di contenere le spese e quindi, di fatto, nell’impossibilità di svolgere il ruolo loro assegnato dal legislatore.
L’alternativa è potenziarne l’autonomia finanziaria attraverso l’istituzione di un tributo il cui gettito sia destinato, in parte o interamente, ai singoli enti. Sono state già avanzate diverse ipotesi: dalla rinegoziazione dei mutui, all’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili, ma tra le più accreditate c’è sicuramente quella relativa all’addizionale sui diritti di imbarco portuali e aeroportuali, la cui applicazione potrebbe consegnare alle città metropolitane circa 154 milioni di euro.

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Fonte: stime su dati Istat
L’imposta di imbarco può certo rappresentare una fonte di gettito da destinare allo sviluppo delle città metropolitane, ma non mancano le criticità. In primo luogo, aumenterebbe il livello di pressione fiscale complessivo, anche se si potrebbero prevedere forme di esclusione per la popolazione residente nelle singole città. Così come il nuovo tributo non dovrebbe riflettersi negativamente sulla dimensione dei flussi turistici.
In secondo luogo, l’imposta può aprire molte discussioni circa eventuali interventi compensativi a favore di comuni esterni alle città metropolitane, ma che hanno nel loro territorio aeroporti o porti importanti. Basta citare l’esempio di Pisa e Livorno che con l’introduzione della nuova addizionale contribuirebbero al gettito complessivo della città di Firenze e potrebbero aver diritto a una quota di quella entrata.

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