A oggi quelle previste sono quindici, dieci individuate dal Parlamento e cinque indicate dalle Regioni a statuto speciale
di Nico Perrone, dall’«Agenzia Dire» (www.dire.it ) del 15/3/2012
Ridurre la spesa senza tagliare le
prestazioni: in due parole, città metropolitane. Ovvero l’obiettivo
naturale di quel processo di trasformazione iniziato forse utopicamente
con il progetto di abolizione delle province e poi scaturito nel recente
decreto salva Italia del governo Monti, che cancella le Giunte e
trasforma gli enti in organismi di secondo livello.
Un’occasione rara e preziosa, questa,
per arrivare a un traguardo inseguito fin dal 1990, quando la legge 142
si proponeva di riordinare gli enti locali. A dare un nuovo slancio è
intervenuto poi l’articolo 114 della Costituzione, successivo alla
riforma dell’ordinamento della Repubblica del 2001 con la modifica del
titolo V della Carta. Ultima pronuncia del legislatore, quella della
legge 42/2009, rimasta però senza seguito.
Ma cos’è esattamente una città
metropolitana? Si tratta di un’area di cui fanno parte un grande comune e
i ‘satelliti’ più piccoli che gravitano nell’hinterland e sono legati
da ragioni economiche, sociali, culturali e di servizio.
A oggi le città metropolitane previste
sono quindici, dieci individuate dal Parlamento e cinque indicate dalle
Regioni a statuto speciale: Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano,
Napoli, Torino, Reggio Calabria, Roma, Venezia, Cagliari, Catania,
Messina, Palermo, Trieste. La proposta di istituzione spetta al comune
capoluogo e alla provincia, su iniziativa comune o separata, e
successivamente si deve svolgere un referendum confermativo, previo
parere della regione.
A questo punto l’iter prevede
l’istituzione di ciascuna città metropolitana a opera dei decreti
legislativi, da adottare entro il 21 maggio 2012. Un consiglio
provvisorio sarà quindi composto dai sindaci dei comuni interessati. Gli
ultimi passi a livello istituzionale sono stati mossi poche settimane
fa. L’11 gennaio scorso si è infatti insediata la Commissione speciale
mista, paritetica Governo-Regioni-Enti locali, con il compito di
elaborare una proposta di riordino istituzionale.
In conclusione, con la nascita delle
città metropolitane e di conseguenza il riordino dell’amministrazione
periferica dello Stato, si possono eliminare tutte quelle spese
derivanti dalla sovrapposizione di enti e organismi che svolgono le
stesse funzioni. Il risultato è evidente: semplificazione degli assetti
istituzionali locali, riduzione della spesa pubblica e investimento di
queste risorse recuperate per rilanciare l’economia. senza tralasciare
l’aspetto della semplificazione burocratica.
PISAPIA: ‘MILANO LA PRIMA D’ITALIA’
Sindaco Pisapia, sembra più vicino il traguardo di Milano Città metropolitana…
“Milano sarà la prima Città metropolitana
d’Italia. Proprio domani (venerdì 16 marzo) presenteremo a Palazzo
Marino il Comitato promotore della Città metropolitana milanese. Il
traguardo, quindi, comincia a essere ben visibile. Su questo tema,
infatti, c’è una grande sinergia anche con la Provincia di Milano.
Entrambi, insieme anche ad altri soggetti, abbiamo lo stesso obiettivo
nell’interesse dei cittadini. Milano è la città in Italia che più ha la
vocazione a essere governata a livello metropolitano. Per Milano il
cambiamento è già stato avviato con la delibera sul decentramento che
prevede maggiori poteri e maggiore autonomia economica alle zone. Questo
percorso, in parallelo con quello per la Città metropolitana porterà ad
avere delle proprie e vere municipalità. Per lo stato cambierà
l’interlocutore. Non ci sarà più il Sindaco di Milano, né il Presidente
della Provincia, ma un solo Sindaco metropolitano”.
Con questa novità ci saranno risparmi, non solo in termini economici?
Sarà data maggiore concretezza alle
esigenze dei cittadini, a cui saranno offerti servizi sempre migliori.
Meno frammentazioni e una visione di area vasta che potrà finalmente
dare soluzioni a tematiche prioritarie per il governo del territorio. Lo
smog, i trasporti, il lavoro, la cultura devono essere governati da
un’istituzione più vasta, non il singolo – piccolo o grande – comune.
Quali sarebbero invece i
principali cambiamenti per i cittadini dei piccoli comuni inglobati? C’è
il rischio che si trovino a fare i conti con le problematiche delle
grandi città?
I cittadini dei piccoli comuni già si
trovano a fare i conti con le problematiche delle grandi città. E’
proprio questo che recriminano: ovvero avere gli stessi problemi, ma non
la stessa attenzione. Con la Città metropolitana non sarà più così,
perché le tematiche e le problematiche saranno governate su vasta scala.
Tra Milano e l’hinterland esistono, infatti, rapporti strettissimi,
basti pensare al flusso di gente in entrambe le direzioni che si
sviluppa ogni giorno per ragioni di lavoro. I problemi sono comuni e
vanno affrontati con politiche comuni.
DE MAGISTRIS: ‘UNA GRANDE OPPORTUNITA”
Per il sindaco di Napoli, Luigi de
Magistris, la Città metropolitana “è una grande opportunità che va
colta. E fuori di dubbio che le grandi città hanno una estensione ampia
che va oltre il loro confine e si allarga all’area provinciale. Percio’
non ha senso l’esistenza di comune e provincia, poiché crea
appesantimenti e rallentamenti burocratici, oltre ad aggravare i costi.
Città metropolitana permette che si realizzi una positiva concentrazione
di competenze, senza ricadute in termini di rappresentatività: oltre al
sindaco della grande città, infatti, sono coinvolti anche gli esponenti
delle città minori e si crea una sinergia fra grande e piccole città su
argomenti collegati”.
Insomma, ai cittadini conviene….
Una unica centrale istituzionale
favorisce il governo soprattutto su temi come la mobilita’, la tutela
del territorio o l’edilizia scolastica, solo per fare qualche esempio.
Anche sul piano della fiscalità si pone una opportunità in termini di
quell’ autonomia costituzionalmente prevista.
Certo ci sono anche degli oneri e dei
rischi: penso al fatto che, comunque, il sindaco della città capoluogo
si troverà a dover gestire un numero maggiore di abitanti rispetto a
quello attuale, per esempio il governo di Napoli non riguarderà più un
milione di abitanti bensì tre milioni di cittadini. Ma si tratta di una
riforma giusta anche se con aspetti di criticità su cui si dovrà
lavorare. Resta da vedere comunque che tipo di riforma, alla fine, verrà
attuata: sono vent’anni, infatti, che si parla di introdurre la città
metropolitana.
E ci saranno anche risparmi?
Si determinano sicuramente dei risparmi
perché l’attuale divisione delle competenze produce un aggravio anche
dei costi. Certamente si può ottenere, infatti, una maggiore efficacia,
efficienza, razionalizzazione dell’attività amministrativa. Rispetto
allo Stato, poi, si rafforzano le autonomie locali in una ottica di vero
federalismo, inteso non in termini secessionisti come vuole la Lega, ma
come un positivo ritorno ai municipi che rappresentano il radicamento
delle comunità e rispondono ad una preziosa democrazia di prossimità. Si
deve evitare -ed è questo il principale rischio da contrastare- di
rendere la città metropolitana un ‘elefante burocratico’, perché al
contrario essa rappresenta un’occasione soprattutto in termini di
maggiore rapidità ed efficacia dell’azione amministrativa, concentrata
ma allo stesso tempo rispettosa della rappresentatività territoriale
incarnata dalle città più piccole.
Ma anche i piccoli comuni sono realtà importanti, non spariranno?
Si devono valorizzare i vantaggi dei
piccoli comuni che non devono perdere le loro caratteristiche positive.
Dunque va salvaguardata la loro rappresentatività e la loro autonomia su
temi di carattere strettamente locale. Da una maggiore centralizzazione
dell’attività amministrativa, fatto salvo ovviamente il rispetto delle
autonomie locali delle realtà più piccole, si produce comunque un
miglioramento dell’attività amministrativa stessa di cui beneficiano
tutti i cittadini.
ZEDDA: PIU’ OBIETTIVI COMUNI, PIU’ ACCESSI AI SERVIZI
‘Non so se le città metropolitane
saranno istituite con norma nei termini previsti. Di certo c’è che con i
16 Comuni dell’Area Vasta e con la Provincia di Cagliari abbiamo
riavviato l’iter per il Piano Strategico Intercomunale’. Lo dice
all’agenzia di stampa Dire il sindaco di Cagliari, una delle città
destinate a diventare città metropolitana, con la particolarità di
essere stata indicata da una regione a statuto speciale.
‘Le procedure- spiega il primo
cittadino sardo- erano iniziate nel 2006 ma in cinque anni non erano
state approvate neanche le linee guida. Subito dopo il mio insediamento
ho riunito i primi cittadini dei comuni limitrofi e in ottobre abbiamo
presentato il documento strategico. Ora lavoriamo ai progetti concreti
per tutta l’area, gli unici che d’ora in poi potranno usufruire dei
finanziamenti comunitari. La città metropolitana non sarà altro che la
forma istituzionale di questo processo che abbiamo già avviato’. Per
Zedda sono chiari i risparmi, non solo in termini economici, per il
territorio.
‘Come assi portanti di quel documento
abbiamo scelto quattro direttrici: mobilità e trasporto pubblico
integrato, servizi e cultura, residenzialità e ambiente. Rappresentano
le quattro linee strategiche per il rilancio delle nostre città. Ad
esempio il trasporto pubblico: con la benzina che sfiora i 2 euro, un
servizio efficiente da e per il capoluogo verso tutta l’Area Vasta
consente alle migliaia di persone che ogni giorno arrivano a Cagliari di
lasciare a casa l’auto privata. Oltre a essere un aiuto concreto per le
famiglie è anche un modo per salvaguardare l’ambiente e, allo stesso
tempo, vederlo come motore di sviluppo. Una via imprescindibile per la
ripartenza delle nostre economie’.
Nessun rischio, invece, che le problematiche delle grandi città si possano ripercuotere sui piccoli comuni inglobati. ‘Se pensiamo che Cagliari ha poco meno di 157mila abitanti ma offre servizi per 500mila persone, mettere in comune gli obiettivi di tutta l’Area Vasta può solo facilitare l’accesso ai servizi stessi’, conclude Zedda.
Nessun rischio, invece, che le problematiche delle grandi città si possano ripercuotere sui piccoli comuni inglobati. ‘Se pensiamo che Cagliari ha poco meno di 157mila abitanti ma offre servizi per 500mila persone, mettere in comune gli obiettivi di tutta l’Area Vasta può solo facilitare l’accesso ai servizi stessi’, conclude Zedda.
FILIPPESCHI: NON SPRECARE OCCASIONE RIORDINO PROVINCE
’Sono ventidue anni che l’ordinamento
prevede l’istituzione delle Città metropolitane, senza produrre alcun
risultato. Qualcosa evidentemente non ha funzionato nel modello che,
salvo diverse varianti, è sostanzialmente ancora quello della legge
142/90′. Lo dice all’agenzia di stampa Dire Marco Filippeschi,
presidente nazionale di Legautonomie.
‘Nell’attesa della costituzione della
città metropolitana- aggiunge- andavano messi a punto nuovi strumenti
per una pianificazione e una programmazione delle politiche e dei
servizi di area vasta che poggiasse sua ‘larghe intese’ tra
l’amministrazione capoluogo e i comuni contermini interessati da
specifici problemi di sviluppo e di assetto territoriale’.
Anche per Filippeschi non bisogna
sprecare l’occasione che si presenta con il riordino delle Province:
‘Bisogna superare i ritardi e rilanciare il progetto, cogliendo
l’opportunità di un processo di riforma che non può limitarsi solo a un
segmento delle istituzioni locali ma investire tutto il sistema dei
poteri locali: dai piccoli comuni, che devono essere agevolati nel
processo di associazionismo in ambiti sovra-comunali, fino alla Regione,
che deve dismettere funzioni di amministrazione attiva e completare il
decentramento a favore degli enti locali’.
Sul piano pratico, il direttore
generale di Legautonomie, Loreto Del Cimmuto, fissa i termini di
attuazione del progetto: ‘Prevedere che in sede di prima applicazione la
città metropolitana coincida con l’attuale territorio provinciale
potrebbe essere la soluzione più praticabile e di più immediata
fattibilità. Sebbene non rappresenti indubbiamente la soluzione
ottimale, rappresenta tuttavia un punto di partenza per dare una
prospettiva di governo all’area metropolitana’.
Secondo Del Cimmuto, ‘la soluzione è
praticabile: si tratta di ereditare, sotto il profilo amministrativo e
dei confini territoriali, le attuali province, assumendo le funzioni del
comune capoluogo, quelle di area vasta riservate alla Provincia e
quelle che deriveranno dal decentramento regionale’.
C’è però uno scoglio da superare.
‘Tutto ciò ovviamente non basta e si dovrà intervenire sui meccanismi di
governance idonei a garantire efficienza, efficacia e rappresentatività
alle istituzioni di governo. Ma si tratta di partire da un punto fermo.
Gli assetti dovranno essere completati sotto il profilo finanziario da
un rafforzamento dell’autonomia fiscale e impositiva, come previsto per
le città metropolitane dalla legge delega per il federalismo fiscale’.
Infine, spiega Del Cimmuto, ‘potrà sempre essere consentito, in un
secondo momento, ai Comuni ricadenti nell’area metropolitana di
distaccarsene, con le procedure previste dalla Costituzione, purché sia
salvaguardato il principio della continuità territoriale’.
(Nico Perrone – 15 marzo 2012 – dall’«Agenzia Dire») (www.dire.it)
(Nico Perrone – 15 marzo 2012 – dall’«Agenzia Dire») (www.dire.it)
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