a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

sabato 6 aprile 2013

Dall’area metropolitana allo sprawl urbano: la disarticolazione del territorio - parte 2a

Lo sprawl urbano
Parte 2a 

di Giuseppe Mazzeo

pubblicato su TeMA Vol 2 - No 4 - dicembre 2009 - pagg. 7-20
scarica qui il documento completo in .pdf
Il termine “sprawl” è stato coniato in America Settentrionale nella seconda metà degli anni ’60 quando il fenomeno iniziò ad essere analizzato (Real Estate Research Corporation 1974;
Altshuler, 1977; Windsor 1979). La componente fondamentale della definizione è l’incontrollata espansione delle città su aree rurali o semi-rurali; ciò si traduce nella trasformazione di spazi aperti in spazi costruiti e, a lungo termine, nella crescita di una serie di esternalità ambientali negative.

Normalmente l’espressione “sprawl urbano” definisce l’estensione di una città e dei suoi sobborghi sulle aree rurali poste ai confini dell’area urbana. Gli abitanti residenti in questi insediamenti tendono a vivere in singole unità familiari e ad usare l’auto per raggiungere il luogo di lavoro. Il più importante indicatore dello sprawl è la densità di popolazione, ma altri elementi di valutazione sono la mancanza di alternative di trasporto, il consumo di suolo, l’inquinamento antropico, la riduzione della qualità di acqua e suolo; uno degli indicatori positivi maggiormente citati è la qualità della vita, ritenuta migliore al di fuori della città, anche se su questo fattore i pareri sono controversi.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) ha descritto lo sprawl come un modello fisico di espansione a bassa densità delle grandi aree urbane, soprattutto a scapito delle aree agricole, a condizioni di mercato. Lo sprawl è definito come l’avanguardia della crescita urbana e implica minore controllo nella destinazione d’uso dei suoli. Lo sviluppo urbano è a macchia di leopardo, sparso ed esteso, con una tendenza alla discontinuità e alla inclusione di aree agricole. La città dello sprawl è l’opposto della città compatta, è “piena” di spazi vuoti che indicano inefficienza nello sviluppo e crescita incontrollata (EEA 2006). 

Le cause che creano questo fenomeno sono soprattutto due:
  • un rilevante numero di persone sposta la sua residenza dalla città nella campagna, che diventa sempre più urbanizzata. Questo movimento assume due diversi caratteri in relazione al livello di reddito dei gruppi; le famiglie a basso reddito si spostano dalla città a causa degli alti costi della vita, mentre quelle ad alto reddito si spostano alla ricerca di una maggiore qualità della vita. Uno dei risultati di questa redistribuzione territoriale è la lenta creazione di gruppi omogenei, con una pericolosa tendenza alla separazione sociale;
  • i servizi di grande dimensione e la grande distribuzione si localizzano in prossimità delle strade ad alta capacità di flusso perché hanno bisogno di grandi spazi e di reti veloci.
Negli ultimi decenni, l’Italia ha visto urbanizzare grandi quantità di suoli agricoli, pur in presenza di una popolazione in crescita limitata. Molte delle espansioni e dello sviluppo suburbano hanno inciso pesantemente sui suoli agricoli, sulle aree verdi e su altri spazi aperti ed hanno avuto come risultato insediamenti estesi e a bassa densità.

Gli strumenti di pianificazione e di tutela ambientale, d’altra parte, hanno spesso scarse informazioni quantitative relative alla diffusione urbana e al cambiamento nell’uso del suolo a
livello locale (provinciale e comunale). Ciò per mancanza di dati certi e per il fatto che non esistono metodologie standardizzate e definite per quantizzare o simulare la crescita e l’uso del territorio a livello locale (1).

Alcuni tentativi per definire indici quantitativi di misura dello sprawl sono stati fatti, ma comunque vi è una limitata letteratura in materia. La maggior parte dei casi di studio si concentra sulle grandi aree urbane con conseguenti scarse informazioni sull’andamento del fenomeno nelle aree urbane più esterne. Lo stesso si può dire in relazione ai modelli previsionali relativi ai processi di trasformazione funzionale.

Da ciò discende l’importanza di identificare, valutare e applicare misure di sprawl urbano e modelli di crescita urbana su tutto lo spettro dello sviluppo (urbano, suburbano e rurale) allo scopo di tracciare con cura l’evoluzione a livello locale, analizzarne i potenziali effetti sull’ambiente e far derivare da esse effettive ricadute sul sistema decisionale nazionale e locale.

Fattori economico-sociali dello sprawl
L’espansione degli spazi urbanizzati al di fuori delle città è uno dei principali caratteri dell’evoluzione recente nell’uso del territorio. Il concetto di sprawl è utilizzato per descrivere fisicamente le aree urbane in espansione, in relazione ad un fenomeno per il quale l’espansione fisica avviene nonostante una variazione ridotta o nulla della popolazione.
Le frange urbane sono le aree in cui è massimo il cambiamento nell’uso del suolo, cambiamento che lo trasforma da rurale ad urbano. Il dibattito è sul significato di “urbano”: può dirsi urbano un insediamento solo residenziale o tale aggettivo merita di essere associato ad insediamenti che presentano una forte commistione funzionale e produttiva?

Economisti, geografi ed altri ricercatori hanno sviluppato una serie di modelli relativi alla distribuzione funzionale sul territorio. Tra i più importanti vi sono i modelli bid-rent, che assumono che l’uso del suolo da parte delle attività derivi dalle loro diverse necessità di localizzazione in rapporto al centro urbano e da quanto sono disposte a pagare in relazione a tale necessità.(2)
Il risultato è un gradiente di intensità di uso e di prezzi del suolo che decresce a partire dal centro secondo curve più o meno prevedibili: «all activities are thus optimally located, such that utility, or profit, is maximised» (Kivell 1993, 17).

Le formulazioni che considerano il rapporto tra domanda e rendita si fondano sull’ipotesi che ogni attività abbia una sua curva domanda/rendita e che essa sia diversa dalle altre.
La forma della curva dipende dalla natura delle attività, dalla possibilità o meno di trarre vantaggio da una localizzazione centrale e dalla dimensione dei costi di trasporto.
Secondo Kivell, le attività residenziali sono tra quelle che richiedono maggiore quantità di suolo urbano; esse possono desiderare una localizzazione centrale più prestigiosa –anche se le qualità di una localizzazione suburbana sono preferite in percentuali sempre maggiori– ma da esse non derivano rendite comparabili con quelle del commercio e della produzione, per cui si può sostenere che «they become a residual use, consigned to the lowest levels of the bid-rent
curve with locations furthest from the centre» (Kivell 1993, 18). Anche la localizzazione di attività non residenziali utilizza spazi sempre più lontani da centri urbani, che però mantengono il loro ruolo di perno del mercato. Ciò significa che queste attività trovano comunque vantaggioso queste localizzazioni, il che è confermato da analisi costi-benefici basate solo sui vantaggi privati; se, invece, si allargasse l’analisi anche ai costi pubblici e agli svantaggi ambientali i risultati sarebbero altri e si ridurrebbe sicuramente la disponibilità di
spazi a basso costo. 

Secondo l’EEA (2006, 16), «sustainable urban planning strategies to combat urban sprawl can only be effectively specified when the forces driving urban sprawl are fully understood».
Gli elementi di valutazione alla base delle scelte espansive sono normalmente connesse solo con i vantaggi privati di una localizzazione piuttosto che di un’altra.
Gli svantaggi pubblici che ne derivano non sono considerati, anche se incidono, a lungo termine, sulla vita di tutti gli attori in gioco. Basti pensare ad alcuni degli elementi che possono subire modificazioni e variazioni in funzione di una loro più corretta localizzazione, ossia il numero di incidenti dovuti alla crescita delle distanze necessarie ai trasferimenti casa-lavoro, le quantità di inquinanti emessi, la dimensione residua delle aree agricole e l’impatto sulla qualità dei prodotti della terra.
Insieme a questi, altri indicatori utilizzabili possono dare un quadro più preciso dei costi connessi al fenomeno dello sprawl.
Una analisi più corretta dovrebbe, quindi, tener conto di indicatori diversi raggruppabili nelle categorie dei fattori macroeconomici, fattori microeconomici e fattori sociali.
I fattori macroeconomici mostrano che l’espansione della città è causata dalla diffusione residenziale, dallo sviluppo delle attività economiche e dalla crescita delle reti di trasporto.
La crescita della competizione globale è una causa della crescita delle reti di trasporto e dei relativi nodi: ciò facilita lo sviluppo di nuove aree residenziali e non residenziali in prossimità di essi. Il rapido sviluppo delle reti di trasporto negli ultimi 50 anni ha avuto un impatto particolarmente rilevante al di fuori dei centri urbani. Esse, inoltre, occupano oggi molto più spazio di quelle precedenti: secondo l’EEA (2006, 19) le funzioni connesse al sistema produttivo, al commercio e alla mobilità occupano tra il 25 e 50% delle aree costruite, con una media che è pari al 33%.
Ne deriva che le relazioni tra uso del suolo e mobilità sono complesse e, a causa delle interdipendenze, le ricadute possono essere varie: la realizzazione di nuovi quartieri suburbani sforniti di adeguata rete di trasporto pubblico aumenta l’uso dell’auto privata; la costruzione di reti ferroviarie tende ad incrementare la densità edilizia intorno ai nodi (Handy 2005); le scelte residenziali sono un compromesso tra costo dell’abitare e costo del trasporto casa-lavoro; alti livelli di reddito e bassi livelli nei costi di trasporto casa-lavoro accelerano i processi di diffusione urbana.

I fattori microeconomici discendono fondamentalmente dal costo del suolo; quello agricolo è basso, spesso molto più basso, rispetto al suolo urbano, anche in presenza di permessi e facilitazioni. In alcuni casi possono essere i comuni stessi a creare competizione e a mantenere bassi i costi per incrementare gli investimenti in un luogo a scapito di un altro. Anche la proprietà della casa in aree suburbane o rurali, soprattutto nel caso di famiglie e di redditi elevati, è un fattore microeconomico dovuto alla persistenza di un’idea di vita extraurbana migliore di quella urbana.
In questo il fattore economico si fonde con quello sociale. In relazione a quest’ultimo la prima
forza che determina l'espansione delle aree costruite è la crescita della popolazione, fattore che può essere molto differenziato da luogo a luogo.
Altro fattore da considerare è la tipologia delle famiglie: quelle con bambini piccoli sono più spinte a muoversi fuori dalle città, mentre i single o gli anziani hanno una minore propensione a ciò; la crescente incidenza di queste categorie potrebbe produrre una riduzione
della quantità di moto delle famiglie verso l’esterno delle città (Couch e Karecha 2006).

Altri elementi che incoraggiano la diffusione sono la percezione negativa della vita urbana, considerata più inquinata, rumorosa, insicura, poco attraente, senza verde e attrezzature per lo sport. La città è associata alla disoccupazione, alla povertà, all’abuso di droga e alla presenza di fasce sociali con forti problemi di integrazione, nonostante ciò sia spesso sbagliato e sia facilmente confutabile.
Il successo dei modelli espansivi urbani
Il modello urbano di sviluppo espansivo, come detto, non è caratterizzato da un incremento della popolazione complessiva della città, bensì da una sua redistribuzione: in genere si assiste ad una migrazione dalla città principale alla periferia ed oltre. In Europa, come in Italia, le aree urbane si espandono ad una velocità superiore alla crescita di popolazione: negli ultimi venti anni si è assistito ad una espansione fisica del 20% a fronte di una crescita di
popolazione di solo il 6% (CEC 2004).
Un altro carattere dello sprawl è che il processo di crescita è spesso disordinato e non pianificato, con modelli di espansione urbana inefficienti ed insostenibili. Per un gran numero di ricercatori la dispersione urbana è, in parte, il risultato della mancanza di normative preveggenti o, più in generale, di inadeguatezza e scarsa lungimiranza delle politiche di pianificazione urbana (Camagni et al. 2002).
I fattori che contribuiscono al successo della città dispersa sono numerosi (Gibelli 1999) e possono essere inseriti in due gruppi, quelli connessi alla residenza e quelli connessi all’economia. 

Sono fattori connessi alla residenza:  
  • la complessiva perdita di qualità della vita nelle aree urbane dovuta all’elevato costo dell’abitazione, alla congestione, all’inquinamento, al rumore alla bassa qualità degli spazi pubblici, ecc.;
  • l’evoluzione delle preferenze individuali verso abitazioni unifamiliari;
  • lo spostamento di usi residenziali dai luoghi centrali e la loro sostituzione con attività di servizio;
  • l’elevato costo del recupero edilizio nelle aree centrali e il basso costo delle localizzazioni extra-urbane;
  • una pianificazione meno stringente e vincoli istituzionali più deboli nelle aree esterne.
Sono fattori economici:
  • la diffusione di attività back-office sempre più indipendenti dal fattore accessibilità;
  • la minore accessibilità delle aree centrali al traffico motorizzato privato;
  • l’aumento della frammentazione fiscale ed amministrativa.
Tutti questi elementi hanno contribuito al successo dei modelli espansivi urbani, al punto che anche la Commissione Europea ha dovuto prendere atto che lo sprawl urbano è uno dei fattori da tenere sotto controllo nella pianificazione e nella trasformazione delle città, in quanto esso comporta consumo di spazi verdi, alti costi energetici ed infrastrutturali, incremento della segregazione sociale e divisione funzionale dell’uso del suolo; esso, inoltre, incrementa la mobilità individuale ed aumenta la dipendenza dal trasporto motorizzato privato, con aumento di congestione da traffico, consumo di energia ed emissioni di inquinanti (OECD 2000; CEC 2004).

Note
1 Tra le analisi svolte si possono citare quelle condotte in Lombardia (PTCP Milano) ed Emilia-Romagna (PTP).
2 Tra i progenitori di questi modelli si ricordano gli studi di Von Thünen, relativi ai sistemi agricoli (1826), e di Hurd, sulle aree urbane (1903).

Nessun commento :

Posta un commento

Grazie per il tuo commento, iscriviti al blog per ricevere gli aggiornamenti