da Il Secolo XIX del 28 marzo 2014 - visualizza articolo in .pdf
a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)
lunedì 31 marzo 2014
Intervista a Fossati: Preoccupato non per me ma per la democrazia
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Dal 2015 via alle provincie "light"
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sabato 29 marzo 2014
La tassazione locale nella Provincia di Genova: un aumento cospicuo tra 2007 e 2012
In base ai dati forniti dalla CGIA di Mestre il volume delle tasse locali in Italia tra il 1997 e la fine del 2013 ha conosciuto un aumento del 200 % circa (pari, in termini assoluti, a +72,8 miliardi di euro), con un gettito che nel 2013 ha sfiorato i 109,2 miliardi di euro.
Secondo il Segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi tale aumento è dovuto al decentramento fiscale avviato con la legge Bassanini e che aveva quale scopo trasferire parte della tassazione centrale a livello di enti locali. E’ per questo che sono state introdotte tasse quali l’Ici, l’Irap, le addizionali Irpef comunali e regionali, che hanno fatto aumentare notevolmente il gettito della tassazione locale.
Secondo il Segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi tale aumento è dovuto al decentramento fiscale avviato con la legge Bassanini e che aveva quale scopo trasferire parte della tassazione centrale a livello di enti locali. E’ per questo che sono state introdotte tasse quali l’Ici, l’Irap, le addizionali Irpef comunali e regionali, che hanno fatto aumentare notevolmente il gettito della tassazione locale.
Le tasse locali, si disse, serviranno a coprire le funzioni trasferite dallo Stato agli Enti Locali. In parallelo, avrebbe dovuto diminuire il gettito verso lo Stato centrale, cosa che però non è mai avvenuta, così le tasse locali si sono sommate a quelle versate allo Stato centrale.
Negli ultimi anni poi, la crisi economica ha causato il drastico ridimensionamento dei trasferimenti dallo Stato verso gli Enti Locali, che hanno dovuto aumentare le imposte locali per poter garantire gli stessi livelli di servizio ai cittadini.
Già nel 2010 la stessa CGIA quantificava per il Comune di Genova 1377 euro pro capite di tasse locali (470 comunali, 80 euro provinciali, 827 regionali), su un dato nazionale di circa 1230 pro capite. Il dato era inoltre previsto in aumento, come si è poi effettivamente riscontrato, tanto che già nel 2011 la sola tassazione nel Comune di Genova era salita a oltre 840 euro pro capite, e nel 2012 siamo oltre i 1000 euro.
Abbiamo già analizzato in un precedente articolo le relazioni tra aumento delle tasse locali e andamento demografico negativo, quello che colpisce è la rapidità degli aumenti delle tasse locali che si sono verificati in pochi anni, specialmente a partire dal 2011.
Esaminando i dati dei certificati consuntivi dei Comuni (disponibili sul sito del Ministero dell’Interno) si ha una interessante fotografia del territorio che evidenzia dove la pressione pro capite dei tributi locali è maggiore.
Il Comune che evidenzia il maggiore incremento tra 2077 e 2012 è anche quello con meno abitanti: in base ai dati forniti Rondanina presenta un incremento pro capite di oltre 800%. Seguono Favale di Malvaro (+307,5%) e Montebruno (+153,6%). Anche i comuni di Rezzoaglio, Cogoleto, Orero, Lorsica e Gorreto segnano aumenti oltre il 100%.
Genova è anch’essa tra i Comuni che hanno più che raddoppiato, nel periodo, le tasse locali pro-capite, segnando un +128,3%.
Di due Comuni, Rovegno e Ne, non sono ancora resi disponibili i dati al 2012, ragion per cui la variazione è calcolata tra 2007 e 2011.
Il dato conferma altre analisi già condotte in passato (e disponibili su questo sito) ovvero che la pressione fiscale da tassazione locale è più alta nei comuni “ad alta intensità di servizi” (capoluogo, centri costieri) e nei comuni più interni e con meno abitanti. Una fascia di comuni intermedi tra costa ed entroterra presenta valori considerevolmente inferiori rispetto al primo gruppo di Comuni.
E’ interessante notare come in questa fascia di Comuni si sia registrato, nell’ultimo decennio, una buona tenuta della popolazione residente, dovuta in buona parte a fenomeni di immigrazione da altri Comuni.
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giovedì 27 marzo 2014
Province e Città Metropolitane, sì del Senato alla fiducia. Il ddl adesso torna alla Camera
Pubblicato su Il Corriere della Sera - 26 marzo 2014
Passo in
avanti del governo sulla riforma delle Province: con 160 sì e 133 no il
governo incassa al Senato la fiducia che ha posto sul disegno di legge
sulle Province. Il provvedimento torna ora alla Camera in terza lettura,
un passaggio che dovrebbe essere solo formale, anche perché il ddl
scade il 7 aprile. Tra le novità contenute nel testo l’istituzione di
dieci Città metropolitane, il trasferimento di alcune delle funzioni
delle Province a Comuni e Regioni, la trasformazione degli organi
provinciali in enti di secondo grado. Le Province già commissariate
continueranno ad esserlo e quelle in scadenza saranno prorogate fino al
31 dicembre 2014, spostando al 1° gennaio 2015 il momento in cui le
nuove Città metropolitane entreranno a pieno regime. Un passaggio
obbligato in attesa che i due rami del Parlamento partoriscano la
riforma del Titolo V della Costituzione cancellando definitivamente
l’istituzione delle Province.
Cosa prevede
Si
tratta, in realtà, di un maxiemendamento interamente sostitutivo del
ddl originale che rivisita i compiti delle province in vista del loro
superamento, e istituisce le città metropolitane (Torino, Milano,
Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e, dopo il superamento
del commissariamento del Comune, Reggio Calabria) a partire dal prossimo
primo gennaio. In attesa della riforma del Titolo V della Costituzione,
e della definitiva abolizione, gli organi provinciali non saranno più
eletti dai cittadini.
Le reazioni favorevoli
Immediate le reazioni. Luigi Zanda, presidente del Gruppo Pd al Senato, ha detto che il ddl Delrio «è il primo tassello di un complesso di riforme istituzionali che comprende anche le modifiche al titolo V della Costituzione, la fine del bicameralismo perfetto con la trasformazione del Senato, la nuova legge elettorale e l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti votata qualche settimana fa». «Sono estremamente soddisfatta per l’approvazione da parte del Senato del ddl Delrio», ha commentato la ministra per gli Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta. Stessa lunghezza d’onda per Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Affari esteri del Senato: «Oggi il governo assume un’iniziativa seria e il compito del Senato e della politica non può che essere quello di assecondare il processo di riforme». Lo stesso Graziano Delrio, padre del Ddl, ha plaudito su Twitter: «Un Paese più semplice e capace di dare risposte». E poi più tardi ha spiegato che il disegno di legge è «un passo che offre più opportunità con le Città metropolitane e che aiuterà i Comuni a lavorare meglio insieme». Secondo Delrio, queste sono solo le premesse per una nuova riorganizzazione dello Stato» perché «le Città metropolitane diventeranno il luogo della competizione economica con le altre grandi aree europee e luogo di coordinamento efficace dei servizi pubblici. Le Province restano per ora solamente come agenzie di servizio ai Comuni e non più con funzioni duplicate per una pubblica amministrazione più efficiente e più semplice».I contrari
Nel Partito democratico va controcorrente Laura Puppato, che ritiene che il provvedimento abbia «più luci che ombre perché inizia a riformare il sistema delle autonomie, la nuova architettura del territorio e dà risposte ai cittadini». Duro il senatore di Forza Italia Lucio Malan: «Il farneticante ddl Delrio non abolisce le Province, non riduce i livelli di Governo, ma aumenta la burocrazia, i costi e, per la prima volta nella Storia della Repubblica, impone a milioni di cittadini governi locali non eletti da loro, né dai loro rappresentanti». E il presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera Francesco Paolo Sisto, raggiunto da Radio 24, ha aggiunto: «Per non mandare al voto le province ci sono tanti sistemi, questo è il peggiore. È una sorta di succedaneo della grande riforma costituzionale che invece, secondo me, deve essere una priorità». Ma quello che preoccupa di più il governo è la fiducia un po’ risicata ottenuta sulla riforma delle Province, che ha confermato il rischio di defezioni capaci di logorare il tessuto della maggioranza: alcuni senatori dei Popolari per l’Italia (il gruppo dell’ex ministro Mauro) hanno votato contro il provvedimento.L’annuncio della fiducia e le proteste
Era stato il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ad annunciare poco prima delle 11.30, tra le polemiche e le proteste dell'opposizione, l’intenzione di mettere il voto di fiducia sul ddl Delrio. La seduta è stata sospesa, tra le polemiche e le proteste dell'opposizione, per consentire la riunione della Conferenza dei capigruppo per definire i tempi di voto. Sul voto pendeva inoltre la relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato, attesa al Senato e indispensabile per andare avanti nelle votazioni. La presidente dei senatori di Sel, Loredana De Petris , aveva commentato: «Quello che sta avvenendo è surreale: prima votiamo le norme transitorie e poi, non si sa come e quando, faremo il provvedimento-madre». Ma l'obiettivo dell'esecutivo di Matteo Renzi è quello di far approvare la legge in tempi rapidissimi, per evitare che all'election day del 25 maggio, quando si voterà per il Parlamento europeo e per il rinnovo delle amministrazioni di oltre 4.000 comuni (tra cui Firenze), gli elettori ricevano al seggio anche le schede per le province (in palio ce ne sarebbero oltre 50).
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sabato 22 marzo 2014
Aumento delle tasse locali e calo demografico: quale relazione? Il caso della provincia di Genova
Secondo quanto recentemente affermato dalla Corte dei Conti, la
maggior quota dell'aumento della pressione fiscale registrata dal 1990 è dovuta
al parallelo incremento delle tasse locali. Lungi dal realizzarsi, le promesse
federaliste di maggiore efficienza e di minor costo dei servizi locali sono
rimaste tali, e anzi la pressione fiscale è aumentata per compensare gli
effetti della crisi economica che ha ridotto notevolmente gli introiti da tassazione
indiretta.
Le tasse locali vengono inoltre applicate in modo diversificato
accentuando, spesso, le sperequazioni tra cittadini, in particolar modo quelli
economicamente più deboli.
Secondo i dati della Corte dei
Conti, dal 1990 al 2012 "la forza trainante sulla pressione fiscale
complessiva, passata dal 38 al 44%, appare imputabile per oltre i 4/5 alle
entrate locali. La quota di queste su quelle dell'intera pubblica amministrazione
si è più che triplicata passando dal 5,5% al 15,9%" ha detto il presidente
Raffaele Squitieri sentito dalla Commissione Parlamentare sul Federalismo
Fiscale. Nel percorso di attuazione del federalismo non è stato inoltre rispettato
"un vincolo di invarianza della pressione fiscale complessiva" previsto
dalla legge delega. In altre parole, lo Stato centrale taglia i trasferimenti
ma lascia invariato il prelievo di sua competenza; gli enti territoriali, per
sopperire ai tagli dei trasferimenti, aumentano le aliquote dei propri tributi,
a volte anche più dell’occorrente.
Anche la Cgia di Mestre parla di “tradimento”
del federalismo affermando che le tasse locali sono aumentate del 200% dal
1997.
I sindaci si giustificano dicendo
che i tagli ai trasferimenti subiti dai Comuni dal 2007 ad oggi "sono
stati nettamente superiori all' incremento della fiscalità locale". Ed in
effetti il taglio c’è stato, come conferma la stessa Corte dei Conti: 31
miliardi tra 2009 e 2012.
L’analisi dei magistrati
contabili mette in luce anche un importante aspetto della fiscalità locale,
ossia la differenziazione dei tributi a livello locale, che spesso tende a
penalizzare “i territori con redditi più
bassi ed economie in affanno" rendendone nel contempo ancora minore
l’attrattività territoriale, che può indurre le attività economiche a localizzarsi
altrove.
La tassazione locale nei Comuni della provincia di Genova
Il valore medio delle entrate
tributarie comunali pro capite[1]
è, nel 2011, pari a 730 euro circa. Abbiamo analizzato gli scostamenti da
questo valore medio per cercare di capire la maggiore o minore incidenza, per
abitante, della tassazione locale, e come si più vedere dalla cartografia a
presentare i valori più elevati sono la maggior parte dei Comuni costieri e
alcuni della zona montana.
Genova, il capoluogo, supera il
valore medio con 845 euro di tasse locali pro capite, e lo stesso avviene per i
Comuni del promontorio di Portofino e del Tigullio orientale. Anche la Val
d’Aveto e la val Trebbia presentano Comuni con tassazione locale più elevata
della media provinciale.
Osservando la cartografia che
rappresenta la variazione della popolazione residente tra 2001 e 2012 si
riscontra una buona corrispondenza tra i Comuni che presentano valori di
tassazione locale più elevati della media provinciale e perdita di residenti,
anche se la coincidenza non è totale. Ricompaiono molti dei Comuni costieri già
rilevati in precedenza (Genova, promontorio di Portofino, Tigullio orientale),
così come le valli Trebbia e Aveto.
Sorge abbastanza naturale il
pensiero che sia l’aumento delle tasse locali a generare, seppure in parte, la
tendenza a lasciare certi territori per andare a stabilirsi in zone dove la
tassazione è più leggera.
Vi è anche tuttavia una
differente lettura di questo fenomeno, e cioè che sia il calo demografico a
determinare l’aumento delle tasse locali. Se infatti i bisogni locali restano
sostanzialmente invariati dato che i costi fissi per i servizi tendono semmai a
crescere (assistenza anziani, scuole, trasporti, ecc.), il calo demografico
determina un minore gettito in termini di tasse locali che però viene ripartito
sulla base, sempre più ristretta, dei soggetti contribuenti restanti sul
territorio. Tale base si restringe anche per l’aumento dei soggetti incapienti
(disoccupati e inoccupati) che a loro volta necessitano di servizi per i quali
non possono contribuire.
Penso che una ulteriore indagine
potrebbe meglio chiarire questo aspetto certo non secondario per valutare lo
stato socio-economico del nostro territorio.
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mercoledì 19 marzo 2014
Movimenti anagrafici nella provincia di Genova tra 2001 e 2012: un bilancio in negativo
L'analisi dei movimenti della popolazione, divisa nelle sue componenti naturale e migratoria, può dare molte informazioni interessanti sull'attrattività di un territorio, oltre che sulla evoluzione demografica delle classi di età e i probabili trend futuri.
scarica il documento completo
1.
La
popolazione residente
Analizzando
i dati Istat[1]
sui movimenti anagrafici tra 2001 e 2012 la provincia di Genova evidenzia, nel
suo complesso, un calo demografico di più di 25mila unità, pari a quasi il 3%
della popolazione al 2001.
La diminuzione non si è
verificata in modo omogeneo sul territorio della provincia: si è riscontrata in
alcuni Comuni costieri e in alcuni comuni dell’entroterra, particolarmente intensa
in Val Trebbia e in Val d’Aveto, ma notevole anche nella zona della valle Stura.
Il Comune di Genova, che da solo
rappresenta più del 68% della popolazione residente nella provincia, registra
nel periodo considerato un calo di oltre 27mila unità (-4,4%).
I dati delineano una situazione
composita che vede territori, anche molto eterogenei tra loro, che perdono
residenti mentre altri li attraggono.
Tra i territori che si rivelano
maggiormente attrattivi vi sono la Val Fontanabuona, la Val Graveglia e la Val
Petronio, che registrano aumenti anche oltre il 20% (Mezzanego). Sono aree di
retro costa che però risultano collegate ai centri maggiori da una efficiente
rete viaria e dove i valori fondiari e le locazioni sono decisamente più convenienti
rispetto alle località rivierasche. Anche questo trend positivo si è
notevolmente affievolito negli ultimi anni, come testimoniano i dati
post-censimento 2011 che evidenziano, nel 2012, una perdita di residenti anche
in gran parte dei territori che avevano dimostrato una migliore tenuta.
Possiamo quindi concludere che la situazione demografica della provincia appare
piuttosto critica.
2. Variazione del saldo naturale della
popolazione
L’andamento del saldo naturale,
nel periodo 2001-2012, è decisamente negativo. La sola eccezione è
rappresentata dal Comune di Casarza Ligure, dove il valore medio dei saldi
naturali, in percentuale sulla popolazione residente nel periodo considerato
registra un +0,02% . Decisamente prossima allo zero, si dirà, tuttavia è il
solo caso in cui la variazione è mediamente positiva.
Più negativa che altrove appare
la situazione in Val Trebbia e in alcune zone della Val Scrivia, ma quasi
ovunque si nota come le variazioni del saldo naturale siano mediamente negative
in tutta la Provincia.
Genova in particolare presenta
una variazione media di -0,61% rispetto alla popolazione residente, come quasi
tutti i Comuni costieri.
3. Variazione del saldo migratorio
La dinamica dell’immigrazione (interna
ed esterna) ha conosciuto, negli ultimi anni, una considerevole frenata
rispetto al periodo complessivo 2001 – 2012, segnalando anche sotto questo
aspetto una perdita di competitività. Indubbiamente la crisi del settore
edilizio e del manifatturiero ha influenzato di molto questa dinamica
(soprattutto per gli stranieri), mentre altri comparti quali la cura alle
persone (anziani) e l’artigianato (ditte individuali) mostrano una certa
“resilienza” alle difficoltà congiunturali.
Dal punto di vista della localizzazione
si nota come le variazioni dei saldi positivi di maggiore entità sono
localizzate nei Comuni del primo entroterra (Val Fontanabuona, bassa Val
Scrivia, bassa Val Trebbia, Valle Sturla, Val Graveglia, alta Valle Petronio),
che corrispondono alle località che, pur essendo relativamente vicine e ben
collegate con i centri costieri, dove si trovano per la maggior parte ubicati i
posti di lavoro, offrono locazioni e prezzi di vendita sensibilmente inferiori
rispetto a quelli presenti sulla costa.
Negli ultimi tempi si confermano
e in qualche caso si accentuano fenomeni di emigrazione dalle zone più interne
o che presentano un accesso più difficoltoso ai servizi (ad esempio Val d’Aveto
e, sulla costa, Portofino).
Conclusione
La popolazione nella Provincia di
Genova nel periodo 2001 – 2012 si caratterizza per una complessiva diminuzione,
dovuta in primis al saldo naturale che è stabilmente negativo. La componente
migratoria ha costituito, specie nella prima metà del periodo, un elemento
importante di riequilibrio demografico che ha mitigato il calo dovuto alla
componente naturale. Negli ultimi anni si assiste ad una complessiva perdita di
attrattività del territorio provinciale, e si avvertono i segnali di una nuova
tendenza all’emigrazione verso areali economici che offrono maggiori
opportunità.
La struttura demografica della
provincia risulta, nel complesso, molto sbilanciata: nel 2011 solo il 15,5%
della popolazione ha meno di 20 anni (18% nel Nord-Ovest), il 50% ha da 20 a 60 anni (53,3% nel Nord-Ovest) e
il 34,5% ha più di 60 anni (28,7% nel Nord-Ovest -dati Censimento 2011).
[1]
Movimento e calcolo della popolazione residente annuale
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domenica 16 marzo 2014
Passi avanti verso la legge di costituzione delle Città metropolitane
Nonostante le difficoltà, il DDL Delrio attualmente all'esame del Senato procede nel suo iter, e il 1 gennaio 2015 è la nuova data di entrata a regime delle città metropolitane. Oggi più che mai è necessario uno sforzo congiunto da parte di tutti gli enti territoriali per cogliere le opportunità offerte dai finanziamenti europei che, per il periodo 2014-2020, avranno come obiettivo privilegiato proprio le aree metropolitane.
di Andrea Pasetti*
Il 13 marzo scorso, alle ore 11,
è scaduto il termine per la presentazione, presso la prima Commissione Affari
Costituzionali del Senato, di sub emendamenti al testo del DDL 1212 (legge Del
Rio), con gli emendamenti già recepiti dal Relatore, relativo alla nuova
disciplina sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di
Comuni.
Si sta quindi concludendo il
lavoro della Commissione e, come affermato dal sottosegretario Pizzetti nella
riunione della Commissione del 11 marzo, sembra che “sia possibile approvare quanto prima il provvedimento, a cui il
Governo attribuisce particolare importanza”.
Il lavoro svolto dalla
Commissione del Senato ha prodotto un testo del DDL che, pur confermando
l’impostazione originale della versione già approvata dalla Camera, introduce
alcuni miglioramenti e precisa soprattutto le tappe del percorso che porterà
alla piena e definitiva funzionalità della Città metropolitana alla scadenza
del 1 gennaio 2015.
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venerdì 14 marzo 2014
Il territorio della Provincia di Genova, alcune idee per riconquistare l'attrattività perduta
Abbiamo già analizzato in un
precedente articolo[1]
alcuni dati macro-economici che mostrano, piuttosto inequivocabilmente, la
perdita di attrattività che il territorio sta attraversando
specie negli ultimi anni. In questo articolo affronteremo l’analisi delle cause di questo
fenomeno, e la conseguente proposta di provvedimenti atti ad invertire la
rotta, per tornare sulla via dello sviluppo e della crescita.
Non uno sviluppo ed una crescita
“pur che sia”, è bene precisarlo sin da ora: la fragilità del nostro territorio
ed, insieme, il suo altissimo valore devono essere il punto di partenza per
questa che definirei una vera e propria rinascita: economica, sociale e
culturale.
Ecco, si dirà, le solite frasi
fatte, i soliti bei discorsi ambientalisti per anime belle ma poco avvezze a
ragionare di economia: niente affatto, e queste poche righe si propongono di
dimostrare come il rispetto dell’ambiente e la sua corretta valorizzazione
siano uno dei tasselli fondamentali per il rilancio economico della regione
metropolitana genovese.
Il calo demografico: causa o effetto della crisi?
Indubbiamente il calo
dell’occupazione che si è registrato negli ultimi anni e il parallelo aumento
degli inattivi ha avuto un effetti rilevante sull’evoluzione della popolazione.
La diminuzione di occasioni
lavorative ha spinto molti giovani (spesso con alti livelli di formazione e di
professionalità) ad emigrare verso altre regioni e nazioni, dove hanno fondato
nuove famiglie e trasferito i propri interessi economici.
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giovedì 13 marzo 2014
Legge di riforma sugli Enti Locali: il rischio è creare un'altra regione
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mercoledì 12 marzo 2014
La Liguria ai vertici nazionali per laureati e innovazione
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Città metropolitana, per Tursi un incubo da 200 milioni
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sabato 8 marzo 2014
La Provincia di Genova e l’attrattività territoriale: una missione impossibile?
Quotidianamente i giornali parlano del declino e della crisi economica che caratterizzano la Liguria e la provincia di Genova: il calo demografico è un chiaro sintomo della perdita di attrattività di un territorio che, tuttavia, possiede non poche potenzialità. Come fare per valorizzarle e far ripartire l'attrattività territoriale e, quindi, rimettere l'economia locale sulla via dello sviluppo? Proviamo, per prima cosa, ad analizzare i dati per inquadrare il problema.
Dire che un territorio deve essere attrattivo può risultare una ovvietà, tuttavia ci si potrebbe domandare: attrattivo, certo, ma per chi? Scopriremmo così che l’attrattività di un’area può variare, anche considerevolmente, se chi la valuta è un privato ivi residente, oppure un turista, o ancora un lavoratore pendolare, un imprenditore, uno studente straniero, e così via.
L’attrattività è, in generale, la
capacità di ogni territorio di attrarre a sé persone e attività (turismo,
residenzialità, attività economiche, capitali, imprese, centri di formazione e
cultura). Tale capacità è in relazione con un altro fattore, il benessere, che
rappresenta la capacità di ogni territorio di garantire qualità della vita per
chi ci abita e ci lavora. L’attrattività è un fattore fondamentale anche per
sviluppare quella che si chiama la competitività di un territorio, ed è la
capacità di produrre efficaci e sostenibili performance economiche, ambientali
e sociali.
Potremmo sintetizzare che un
territorio è tanto più competitivo quanto più è attrattivo ed in grado di
garantire benessere: i tre aspetti sono altamente interrelati.
L’andamento della popolazione nella provincia di Genova
Un primo misuratore
dell’attrattività territoriale è la variazione della popolazione residente,
esaminata nelle due componenti: saldo naturale e saldo migratorio. Il saldo
naturale misura, in un certo senso, la tendenza di una popolazione a diminuire
o ad aumentare in funzione di dinamiche “interne” al territorio. Ad esempio,
una popolazione con un alto indice di vecchiaia (come è appunto il caso della
provincia di Genova) vedrà in generale una prevalenza dei decessi sulle
nascite, quindi saldi naturali negativi. Il saldo negativo della popolazione
può indicare anche una scarsa propensione ad avere dei figli (condizioni
economiche negative, difficoltà di accesso ai servizi, ecc.). Il saldo
migratorio indica, più direttamente, l’attrattività di un territorio (offerta
di opportunità di lavoro, di formazione, di attività culturali, turismo, ecc.)
poiché misura spostamenti fisici di persone da un luogo verso un altro.
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