Pubblicato su Il Corriere della Sera - 26 marzo 2014
Passo in
avanti del governo sulla riforma delle Province: con 160 sì e 133 no il
governo incassa al Senato la fiducia che ha posto sul disegno di legge
sulle Province. Il provvedimento torna ora alla Camera in terza lettura,
un passaggio che dovrebbe essere solo formale, anche perché il ddl
scade il 7 aprile. Tra le novità contenute nel testo l’istituzione di
dieci Città metropolitane, il trasferimento di alcune delle funzioni
delle Province a Comuni e Regioni, la trasformazione degli organi
provinciali in enti di secondo grado. Le Province già commissariate
continueranno ad esserlo e quelle in scadenza saranno prorogate fino al
31 dicembre 2014, spostando al 1° gennaio 2015 il momento in cui le
nuove Città metropolitane entreranno a pieno regime. Un passaggio
obbligato in attesa che i due rami del Parlamento partoriscano la
riforma del Titolo V della Costituzione cancellando definitivamente
l’istituzione delle Province.
Cosa prevede
Si
tratta, in realtà, di un maxiemendamento interamente sostitutivo del
ddl originale che rivisita i compiti delle province in vista del loro
superamento, e istituisce le città metropolitane (Torino, Milano,
Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e, dopo il superamento
del commissariamento del Comune, Reggio Calabria) a partire dal prossimo
primo gennaio. In attesa della riforma del Titolo V della Costituzione,
e della definitiva abolizione, gli organi provinciali non saranno più
eletti dai cittadini.
Le reazioni favorevoli
Immediate le reazioni. Luigi Zanda,
presidente del Gruppo Pd al Senato, ha detto che il ddl Delrio «è il
primo tassello di un complesso di riforme istituzionali che comprende
anche le modifiche al titolo V della Costituzione, la fine del
bicameralismo perfetto con la trasformazione del Senato, la nuova legge
elettorale e l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti votata
qualche settimana fa». «Sono estremamente soddisfatta per
l’approvazione da parte del Senato del ddl Delrio», ha commentato la
ministra per gli Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta. Stessa lunghezza d’onda per Pier Ferdinando Casini,
presidente della commissione Affari esteri del Senato: «Oggi il governo
assume un’iniziativa seria e il compito del Senato e della politica non
può che essere quello di assecondare il processo di riforme». Lo
stesso Graziano Delrio, padre del
Ddl, ha plaudito su Twitter: «Un Paese più semplice e capace di dare
risposte». E poi più tardi ha spiegato che il disegno di legge è «un
passo che offre più opportunità con le Città metropolitane e che aiuterà
i Comuni a lavorare meglio insieme». Secondo Delrio, queste sono solo
le premesse per una nuova riorganizzazione dello Stato» perché «le Città
metropolitane diventeranno il luogo della competizione economica con le
altre grandi aree europee e luogo di coordinamento efficace dei servizi
pubblici. Le Province restano per ora solamente come agenzie di
servizio ai Comuni e non più con funzioni duplicate per una pubblica
amministrazione più efficiente e più semplice».
I contrari
Nel Partito democratico va controcorrente Laura Puppato,
che ritiene che il provvedimento abbia «più luci che ombre perché
inizia a riformare il sistema delle autonomie, la nuova architettura del
territorio e dà risposte ai cittadini». Duro il senatore di Forza
Italia Lucio Malan: «Il
farneticante ddl Delrio non abolisce le Province, non riduce i livelli
di Governo, ma aumenta la burocrazia, i costi e, per la prima volta
nella Storia della Repubblica, impone a milioni di cittadini governi
locali non eletti da loro, né dai loro rappresentanti». E il presidente
della commissione Affari Costituzionali della Camera Francesco Paolo Sisto,
raggiunto da Radio 24, ha aggiunto: «Per non mandare al voto le
province ci sono tanti sistemi, questo è il peggiore. È una sorta di
succedaneo della grande riforma costituzionale che invece, secondo me,
deve essere una priorità». Ma quello che preoccupa di più il governo è
la fiducia un po’ risicata ottenuta sulla riforma delle Province, che ha
confermato il rischio di defezioni capaci di logorare il tessuto della
maggioranza: alcuni senatori dei Popolari per l’Italia (il gruppo
dell’ex ministro Mauro) hanno votato contro il provvedimento.
L’annuncio della fiducia e le proteste
Era
stato il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ad annunciare poco
prima delle 11.30, tra le polemiche e le proteste dell'opposizione,
l’intenzione di mettere il voto di fiducia sul ddl Delrio. La seduta è
stata sospesa, tra le polemiche e le proteste dell'opposizione, per
consentire la riunione della Conferenza dei capigruppo per definire i
tempi di voto. Sul voto pendeva inoltre la relazione tecnica della
Ragioneria generale dello Stato, attesa al Senato e indispensabile per
andare avanti nelle votazioni. La presidente dei senatori di Sel,
Loredana De Petris , aveva commentato: «Quello che sta avvenendo è
surreale: prima votiamo le norme transitorie e poi, non si sa come e
quando, faremo il provvedimento-madre». Ma l'obiettivo dell'esecutivo di
Matteo Renzi è quello di far approvare la legge in tempi rapidissimi,
per evitare che all'election day del 25 maggio, quando si voterà per il
Parlamento europeo e per il rinnovo delle amministrazioni di oltre 4.000
comuni (tra cui Firenze), gli elettori ricevano al seggio anche le
schede per le province (in palio ce ne sarebbero oltre 50).
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