In quale modo il Piano Territoriale Regionale in itinere pone le basi
per il futuro sviluppo socio-economico della Liguria?
Un documento dell’Ordine degli Architetti di Imperia analizza la bozza
del PTR evidenziandone le criticità e i nodi ancora irrisolti.
La Liguria si presenta
attualmente come un territorio che, pur avendo molte potenzialità dovute
essenzialmente alla sua favorevole posizione climatica e paesaggistica, oltre
che geografica configurandosi quale “porta” marittima del Nord Europa, presenta tuttavia da diversi anni i
segnali inconfondibili del declino, tra cui: popolazione
in calo e sempre più anziana, valore aggiunto che
si va riducendo, livello di disoccupazione più alto rispetto alla media
del Nord-Ovest, un numero significativo di attività che chiudono.
Il nuovo Piano Territoriale
Regionale, attualmente in itinere, pone a base delle sue scelte l’esigenza di
arrestare il consumo di suolo, proponendo per le aree extraurbane una visione
basata sostanzialmente su un utilizzo agricolo del territorio.
Ora, se questa visione è
condivisibile per quel che riguarda l’esigenza di salvaguardare e tutelare la
qualità ambientale e paesistica della Liguria, che deve costituire il substrato
e la condizione di fondo per il suo sviluppo economico, l’agricoltura (che, pur
configurandosi quale fenomeno estremamente positivo per il presidio del
territorio, in Liguria molto raramente va oltre la sussistenza o, al più, il
prodotto di nicchia) non appare sufficiente per interpretare l’idea di rilancio
economico necessario a invertire l’andamento negativo del quadro
socio-economico della regione.
La salvaguardia del territorio
nel suo complesso, intesa come ricerca della qualità dell’ambiente e dei
tessuti insediati, deve costituire indubbiamente il presupposto, la condizione
per uno sviluppo socio-economico sostenibile e qualificato, ma da sola non
garantisce il superamento delle attuali criticità.
Il PTR dovrebbe avere il compito di
individuare quelle filiere che su tale substrato possono innestarsi avviando
rapporti di reciproca valorizzazione: il turismo ambientale e culturale, certo,
ma anche la ricerca, l’hi-tech, le manifatture e l’artigianato compatibili ambientalmente
con il territorio che dovrà essere sempre più interconnesso ed integrato,
offrendo le stesse opportunità di vita tanto a chi abita le zone costiere
quanto a chi presidia l’entroterra.
Nuove attività capaci di dare
lavoro a giovani qualificati ed in grado di generare alto valore aggiunto vanno
individuate, e quindi invogliate ad insediarsi nella nostra regione mediante
opportuni meccanismi di incentivazione che ne facilitino la localizzazione
semplificando, in primis, i passaggi burocratici.
Il declino della nostra regione
può essere fermato solo avviando un patto tra generazioni che veda nello
sviluppo sostenibile e nella rigenerazione economica di lungo periodo la chiave
per risolvere l’attuale dicotomia tra l’esplosione del fabbisogno di spesa
sociale dovuta alla crescita del numero di anziani e la progressiva riduzione
di giovani attivi in grado di portare quel valore aggiunto necessario a
mantenere, e possibilmente espandere, il livello di welfare in termini di
sanità, assistenza, garanzia dei diritti.
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