Oggi il tema del governo del territorio è completamente assente
dall’agenda politica, assorbita totalmente dalle questioni istituzionali e
della spesa pubblica. Anche il tema dell’area vasta interessa solo per
l’abolizione delle province, mentre occorrerebbe una approfondita riflessione a
partire da una altrettanto approfondita ricerca sulla struttura amministrativa
in relazione alle diverse geografie, di natura ambientale, socioeconomica e di
governo dei servizi, che quasi sempre superano gli attuali confini
amministrativi e alle quali quasi sempre vengono date soluzioni non commisurate
ai problemi che pongono.
Pubblicato su Urbanistica Informazioni n° 248
di Francesco Sbetti
Il tema del governo del
territorio è completamente assente dall’agenda politica, assorbita totalmente
dalle questioni istituzionali e della spesa pubblica. E mentre è assente dai
programmi del Governo, le Regioni, dopo la stagione "riformista" dei
primi anni 2000, sembrano come "pentite" e preferiscono agire sulle
strade della cosiddetta "semplificazione" intervenendo in modo
settoriale con modifiche normative e procedurali sul commercio, sulle aree
produttive e ancora sul piano casa, prefigurando una sorta di modello che si
stabilizza attraverso interventi "in deroga", un governo del
territorio per "scopo" che superi la necessità del piano.
Ancora una volta nella storia
urbanistica italiana sono rimasti solo i comuni ad occuparsi contemporaneamente
del governo delle trasformazioni del territorio, della gestione delle emergenze
ambientali, del reperimento e fornitura di servizi compresa la casa. I comuni
sono rimasti soli, senza risorse e senza la possibilità di agire con gli
strumenti della fiscalità locale.
L’area vasta viene liquidata come
problema assieme alle provincie e le aree metropolitane sembra non interessino
nessuno e così la riorganizzazione istituzionale/amministrativa del Paese viene
anch’essa lasciata ai comuni i quali stanno cercando di aggregarsi in modo più
o meno casuale per raggiungere i 5000 abitanti che la leggi di riduzione della
spesa hanno deciso. Il tema richiederebbe invece una approfondita riflessione a
partire da una altrettanto approfondita ricerca (ma anche di queste sembra che
nessuno sia più interessato) sulla struttura amministrativa in relazione alle
diverse geografie, di natura ambientale, socioeconomica e di governo dei
servizi, che quasi sempre superano gli attuali confini amministrativi e alle
quali quasi sempre vengono date soluzioni non commisurate ai problemi che pongono.
Servirebbe studiare e ricostruire localmente i processi di
metropolitanizzazione, che comprendono al loro interno fenomeni, anche
contrapposti, di diffusione insediativa, di densificazione e di abbandono, ma
dove l’esito più evidente è rappresentato da pendolarismo sempre più lungo dal
conseguente aumento di traffico e congestione delle aree centrali.
In questo quadro di assenza di
politiche e strategie l’unica questione che da tutti viene posta come il
problema non più prescindibile è rappresentata dalla necessità di porre fine al
consumo di territorio. Si tratta di una emergenza rilevante per la quale
esistono diversi disegni di legge nazionali e regionali e alla quale da tempo
l’Inu presta attenzione provvedendo a denunciare e documentare (il Rapporto
annuale sul consumo di suolo) il fenomeno. Ma il consumo di suolo rischia di
essere una bandiera ed un arma utile solo a far lievitare i valori e le rendita
in una fase di ridotti investimenti immobiliari, ma di alti fabbisogni di
abitazioni sociali, di infrastrutture di servizi e di spazi verdi urbani e
naturali.
Consumo di suolo zero non
significa occupare ogni spazio libero da edificazioni, quanto piuttosto
rispondere alle domande e a tutti i fabbisogni (compresi quelli di verde e di
reti ecologiche) utilizzando gli spazi che si sono liberati da funzioni che
hanno perso la loro ragione originaria (caserme, fabbriche, scuole, manicomi
...), andando a riconoscere le nuove caratteristiche che ha assunto la città
contemporanea sia dal punto di vista ambientale, che economici che propriamente
urbanistico. Affrontare il tema della riduzione del consumo di suolo significa
affrontare anche il tema dell’agricoltura e dei modi di produzione agricola,
troppo spesso estranei al territorio e incuranti dei consumi idrici ed
energetici che comportano, così come significa guardare il territorio in chiave
ecologica, con attenzione ai processi naturali oltre che alla sempre disattesa
difesa del territorio.
L’Inu si appresta a preparare il
XXVIII Congresso a Salerno il 24/26 ottobre 2013, un appuntamento importante
per l’Istituto e per tutti coloro che si occupano (dovrebbero occuparsi) del
territorio e delle città. Nello scenario delineato il rischio è quello di
diventare un appuntamento non ascoltato, non registrato.
Il Position paper approvato dal
Direttivo Nazionale dell’Inu e pubblicato in questo numero di Urbanistica
Informazioni delinea in modo chiaro non solo la diagnosi dei mail della città e
del territorio italiano, ma articola anche attraverso tre temi:
·
la rigenerazione urbana come resilienza;
·
la forma di piano e i compiti della
pianificazione;
·
le risorse per il governo del territorio, la
città pubblica e il welfare urbano;
possibili percorsi normativi e di
pratica tecnico-politica.
Si tratta di un modello che l’Inu
ha intrapreso da tempo, almeno dal Congresso di Bologna, quello cioè di
denuncia, diagnosi delle criticità e proposte normative-disciplinari.
Un modo di essere dell’Istituto
che si pone nell’ottica dell’offrire soluzioni di governo del territorio in
sede nazionale e per le amministrazioni locali. Ma oggi, per riportare al
centro dell’attenzione i temi posti dalle città e dal territorio e per
indirizzare gli investimenti per rispondere ai fabbisogni abitativi e
infrastrutturali, serve una vera e propria azione politica. Il documento per il
Congresso dell’Inu deve essere sostenuto e supportato da azioni che sappiano
coinvolgere, a partire dagli Amministratori locali, le forze riformiste nel
Parlamento, costringendoli a produrre leggi e interventi di spesa. Una azione
politica indirizzata anche verso la stampa e i media troppo spesso interessati
solo a sterili grida di denuncia e non a confrontarsi con le proposte di
trasformazione e riforma.
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