di Francesca Battistoni
Le città metropolitane sono le maggiori aree urbane del Paese nelle quali si concentrano grandi potenzialità di sviluppo insieme a problemi e contraddizioni - sociali, economiche ed ambientali - che la crisi ha acuito. Da come si avvierà il percorso non solo istituzionale, ma di effettiva integrazione territoriale e di pianificazione strategica condivisa, dipenderà la possibilità di farne un veicolo fondamentale per la ripresa dell'Italia.
Abbiamo chiesto a Marco Magrassi, esperto di politiche urbane dell'Unità valutazione degli investimenti pubblici del Dipartimento per le politiche di sviluppo del Ministero dello Sviluppo economico che interverrà nel convegno “Programmazione europea e città metropolitane” di raccontarci a che punto è la norma che delinea le città metropolitane e come cambierà il governo locale.
Abbiamo chiesto a Marco Magrassi, esperto di politiche urbane dell'Unità valutazione degli investimenti pubblici del Dipartimento per le politiche di sviluppo del Ministero dello Sviluppo economico che interverrà nel convegno “Programmazione europea e città metropolitane” di raccontarci a che punto è la norma che delinea le città metropolitane e come cambierà il governo locale.
Qual è l’importanza delle città metropolitane oggi?
Le funzioni urbane travalicano i confini amministrativi dei singoli Comuni che per le dieci città metropolitane italiane sono peraltro di dimensione molto diversa e variabile: − Milano ha, ad esempio, un territorio comunale relativamente piccolo mentre Roma è un comune enorme, se non ricordo male il maggiore in Europa. Questo è un ulteriore elemento di complessità nel legiferare e regolare in modo efficiente flussi, funzioni e servizi pubblici a livello di area vasta: è importante prevedere, nei limiti del possibile, gradi di flessibilità nell’individuazione dell’area delle città metropolitane evitando eccessivi automatismi (quale quello che stabiliva, nella norma respinta per altri motivi dalla Corte Costituzionale, l’esatta coincidenza della città metropolitana con il territorio provinciale senza possibili deroghe o flessibilità).
D’altronde, una norma serve: le iniziative “spontaneiste” e locali condotte nell’ultimo decennio per rispondere alle esigenze di governo metropolitano con strumenti di pianificazione strategica hanno avuto percorsi e risultati la cui utilità è stata molto variabile.
Come si avvierà il percorso di pianificazione strategica per le città metropolitane? Con quali risorse?
I Fondi strutturali 2014-2020 saranno in parte utilizzati per sostenere investimenti in un‘Agenda Urbana in cui le città metropolitane avranno senz’altro un ruolo centrale, ma che non sarà ad esse limitata abbracciando anche il ricco tessuto di città medie che così tanto caratterizza e arricchisce la struttura sociale, economica e territoriale del nostro paese. Al di là dei diversi strumenti o “contenitori” di programmazione, nazionali e/o regionali, che potranno essere definiti per realizzare l’Agenda urbana, l’importante è darsi pochi chiari obiettivi, individuare dei risultati attesi, fare delle scelte, senza volere fare di tutto un po’ come invece è spesso accaduto. Su questi punti il dibattito è aperto e ci sono ipotesi di lavoro.
Intanto, il documento Metodi e obiettivi 2014-2020 (approvato dal Governo a fine 2012), nell’articolare l’Opzione strategica Città, indica alcuni settori di intervento prioritari, mentre –rispetto agli aspetti di governance− la prima versione dell’Accordo di Partenariato per la futura programmazione, discussa anche con la CE nel passato marzo, attribuisce massima responsabilità e delega alle città metropolitane (così come fanno anche i Regolamenti europei che regolano i fondi per le coesione).
In ogni caso, sarà importante utilizzare i Fondi comunitari, ad esempio, per realizzare le prime sperimentazioni nel gestire su scala metropolitana alcune delle funzioni previste dal disegno di legge depositato dal Ministro Delrio e oggi in Parlamento. Se il ddl, al suo art.9, prevede numerose e ampie funzioni per la nuova città metropolitana, con i Fondi ci si potrebbe concentrare su una o due di esse (ad es. servizi sociali selezionati, o gli sportelli unici per le attività produttive) da ampliare, migliorare e estendere all’area vasta, possibilmente con tempi certi di realizzazione e compatibili con il settennio della programmazione europea.
Come cambia il governo locale con l’istituzione della città metropolitana?
Di pianificazione strategica ce ne è stata di “cattiva” e di buona. La prima è stata quella che non è riuscita a convincere, a permeare gli uffici di line delle amministrazioni comunali per un limite nella leadership o nelle modalità di partecipazione al piano. Una pianificazione strategica che non tiene conto o valorizza gli strumenti e le modalità ordinarie − piano della mobilità, piano di zona sociale, o piano dei rifiuti − diventa un libro dei sogni. Sono buoni piani quelli che invece creano ownership negli uffici tecnici dei Comuni interessati, aiutandoli a confrontarsi con una visione e un metodo di lungo periodo e che trascenda le emergenze del quotidiano.
Segnalo che peraltro, sempre all’art. 9, la norma sulle città metropolitane prevedrebbe l’adozione di un piano strategico metropolitano, il che è un fatto senz’altro positivo ma, come l’esperienza insegna, non sufficiente a garantire che lo strumento veda la luce e viva una vita “vera”.
Le funzioni urbane travalicano i confini amministrativi dei singoli Comuni che per le dieci città metropolitane italiane sono peraltro di dimensione molto diversa e variabile: − Milano ha, ad esempio, un territorio comunale relativamente piccolo mentre Roma è un comune enorme, se non ricordo male il maggiore in Europa. Questo è un ulteriore elemento di complessità nel legiferare e regolare in modo efficiente flussi, funzioni e servizi pubblici a livello di area vasta: è importante prevedere, nei limiti del possibile, gradi di flessibilità nell’individuazione dell’area delle città metropolitane evitando eccessivi automatismi (quale quello che stabiliva, nella norma respinta per altri motivi dalla Corte Costituzionale, l’esatta coincidenza della città metropolitana con il territorio provinciale senza possibili deroghe o flessibilità).
D’altronde, una norma serve: le iniziative “spontaneiste” e locali condotte nell’ultimo decennio per rispondere alle esigenze di governo metropolitano con strumenti di pianificazione strategica hanno avuto percorsi e risultati la cui utilità è stata molto variabile.
Come si avvierà il percorso di pianificazione strategica per le città metropolitane? Con quali risorse?
I Fondi strutturali 2014-2020 saranno in parte utilizzati per sostenere investimenti in un‘Agenda Urbana in cui le città metropolitane avranno senz’altro un ruolo centrale, ma che non sarà ad esse limitata abbracciando anche il ricco tessuto di città medie che così tanto caratterizza e arricchisce la struttura sociale, economica e territoriale del nostro paese. Al di là dei diversi strumenti o “contenitori” di programmazione, nazionali e/o regionali, che potranno essere definiti per realizzare l’Agenda urbana, l’importante è darsi pochi chiari obiettivi, individuare dei risultati attesi, fare delle scelte, senza volere fare di tutto un po’ come invece è spesso accaduto. Su questi punti il dibattito è aperto e ci sono ipotesi di lavoro.
Intanto, il documento Metodi e obiettivi 2014-2020 (approvato dal Governo a fine 2012), nell’articolare l’Opzione strategica Città, indica alcuni settori di intervento prioritari, mentre –rispetto agli aspetti di governance− la prima versione dell’Accordo di Partenariato per la futura programmazione, discussa anche con la CE nel passato marzo, attribuisce massima responsabilità e delega alle città metropolitane (così come fanno anche i Regolamenti europei che regolano i fondi per le coesione).
In ogni caso, sarà importante utilizzare i Fondi comunitari, ad esempio, per realizzare le prime sperimentazioni nel gestire su scala metropolitana alcune delle funzioni previste dal disegno di legge depositato dal Ministro Delrio e oggi in Parlamento. Se il ddl, al suo art.9, prevede numerose e ampie funzioni per la nuova città metropolitana, con i Fondi ci si potrebbe concentrare su una o due di esse (ad es. servizi sociali selezionati, o gli sportelli unici per le attività produttive) da ampliare, migliorare e estendere all’area vasta, possibilmente con tempi certi di realizzazione e compatibili con il settennio della programmazione europea.
Come cambia il governo locale con l’istituzione della città metropolitana?
Di pianificazione strategica ce ne è stata di “cattiva” e di buona. La prima è stata quella che non è riuscita a convincere, a permeare gli uffici di line delle amministrazioni comunali per un limite nella leadership o nelle modalità di partecipazione al piano. Una pianificazione strategica che non tiene conto o valorizza gli strumenti e le modalità ordinarie − piano della mobilità, piano di zona sociale, o piano dei rifiuti − diventa un libro dei sogni. Sono buoni piani quelli che invece creano ownership negli uffici tecnici dei Comuni interessati, aiutandoli a confrontarsi con una visione e un metodo di lungo periodo e che trascenda le emergenze del quotidiano.
Segnalo che peraltro, sempre all’art. 9, la norma sulle città metropolitane prevedrebbe l’adozione di un piano strategico metropolitano, il che è un fatto senz’altro positivo ma, come l’esperienza insegna, non sufficiente a garantire che lo strumento veda la luce e viva una vita “vera”.
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