a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

sabato 18 gennaio 2014

Le Città metropolitane diventano possibili?

di Francesco Gastaldi*

La questione di possibili forme di istituzionalizzazione di una scala di area metropolitana di governo del territorio delle grandi città, ritorna ciclicamente alla ribalta. Già all’inizio degli anni Novanta, con la legge 142 dell’8 giugno 1990 di riforma delle autonomie locali, si aprì un ampio periodo di riflessione che riguardò la delimitazione dei confini territoriali delle aree urbane individuate dal testo normativo e la delega di poteri e funzioni da parte delle regioni.

Il dibattito non produsse effetti concreti, veti incrociati tra comuni, province e regioni (in taluni casi di diversi colori politici), rifiuto di procedure impositive e top-down, inerzialità sotto il profilo dell’innovazione istituzionale e perfino alcuni aspetti contraddittori nell’articolato legislativo, fecero prevalere l’immobilismo. Solo alcune regioni delimitarono le aree, ma senza prevedere il parallelo decentramento di funzioni. I nuovi enti, che avrebbero dovuto avere operatività entro 24 mesi rimasero sulla carta, il Governo che avrebbe potuto emanare decreti legislativi attuativi, non lo fece. La legge 436 del 1993 rese facoltativa la delimitazione da parte delle regioni, svuotando di fatto le potenzialità insite nel precedente testo legislativo che presentava comunque molte lacune circa il reperimento delle risorse finanziarie.


Cadde l’oblio fino al 2001, con la riforma del titolo V della Costituzione (legge costituzionale 3/2001) la Città metropolitana ha acquisito dignità costituzionale con la modifica dell’art. 114, che lo inserisce di diritto tra gli enti locali che costituiscono la Repubblica Italiana. Fra alterne vicende legate alla legge delega sul federalismo,  si arriva al decreto legge 95 del 2012 del Governo Monti (decreto “spending review”) convertito in legge n. 135 il 7 agosto del 2012. L’articolo 18 della suddetta legge stabilisce organi elettivi, funzioni amministrative, risorse umane e strumentali delle città metropolitane con la contestuale soppressione delle Province del relativo territorio. Nel 2013 però il processo di istituzione e il concomitante processo di “soppressione e accorpamento” delle Province subisce ancora uno stop da parte della Corte Costituzionale.  La Consulta infatti dichiara incostituzionale il decreto legge 95 convertito, per violazione dell’art. 77 Costituzione, in relazione agli artt. 117 e 133 della Costituzione, in quanto il decreto-legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema.

Si arriva al Disegno di Legge Delrio approvato il 26 luglio 2013 dal Consiglio dei Ministri contenente le nuove disposizioni sulle Città Metropolitane (e la nuova disciplina delle province quali enti di area vasta) che prima di Natale ha avuto l’OK della Camera dei Deputati e sta iniziando l’iter di approvazione al Senato della Repubblica. Le città metropolitane vengono definite come enti territoriali di area vasta e le funzioni istituzionali generali saranno: cura dello sviluppo strategico del proprio territorio, promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione e cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, comprese quelle a livello europeo.

Il consiglio metropolitano è composto dal sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione (da 24 a 14). È organo elettivo di secondo grado e dura in carica 5 anni; hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della città metropolitana. Lo statuto può comunque prevedere l’elezione diretta a suffragio universale del sindaco e del consiglio metropolitano, il Sindaco metropolitano è sempre il Sindaco del comune capoluogo.

Le città metropolitane che dovranno essere costituite, entro la data di entrata in vigore della legge, sul territorio delle province omonime sono 9: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria.
Roma avrà una disciplina analoga a quella delle altre città metropolitane, salvo i poteri speciali derivanti dallo status di Capitale e quanto previsto dai decreti legislativi su Roma Capitale.
Inoltre, le regioni a statuto speciale Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia potranno istituire città metropolitane nei rispettivi capoluoghi di regione, nonché nelle province già individuate come aree metropolitane dalle rispettive leggi regionali vigenti alla data di entrata in vigore della legge.

Con la procedura prevista dall’articolo 133 della Costituzione (legge della Repubblica, su iniziativa dei comuni, sentita la stessa regione), nelle province con popolazione superiore ad 1 milione di abitanti possono essere costituite ulteriori città metropolitane. Altresì, possono essere istituite nuove città metropolitane nel caso di due province confinanti che complessivamente raggiungano la popolazione di almeno 1 milione e mezzo di abitanti. Le città metropolitane subentrano alle province esistenti. L’approvazione del Disegno di Legge è stato rallentato dall’iter della legge di Stabilità e dalla Fiducia al Governo Letta.

Nel frattempo, a fronte di queste inerzie legislative, le diverse realtà locali non sono state ferme, su alcuni temi di governo del territorio (gestione dei servizi, rifiuti, infrastrutture, trasporti e mobilità ecc.) forme di raccordo di tipo metropolitano sembrano ormai un’esigenza imprescindibile. In diverse aree italiane forme di accordo fra comuni, a scala variabile rispetto ai singoli temi, sono già una realtà.

* Docente di Urbanistica presso IUAV di Venezia

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