Mantenere e migliorare la qualità
della vita che caratterizza il Tigullio significa anche sapersi aprire ad una dimensione più vasta, che possa inserire il territorio e le sue
peculiarità in un circuito molto più ampio, cogliendo le opportunità offerte ai
territori metropolitani dall’Unione Europea per affrontare, con successo, le
sfide della globalizzazione.
Il recente convegno “Tigullio al bivio” che si è svolto a Chiavari l’11 gennaio scorso ha registrato una ampia
partecipazione da parte di istituzioni e cittadini ed è stato a nostro avviso
assai importante perché ha rappresentato finalmente la definitiva presa di
coscienza della necessità di avviare un percorso di cambiamento e di
rinnovamento, cosa fino a qualche tempo fa davvero non scontata.
Il Tigullio è da sempre un territorio
giustamente orgoglioso delle sue peculiarità e autonomie, bello e sfruttato sin
troppo, nel recente passato, da uno sviluppo economico spesso poco attento a
preservarne le qualità ambientali e culturali, uno sviluppo che ha
“colonizzato” con seconde case e porticcioli di gusto spesso discutibile un
territorio fragile che si è sentito “usato” dopo esser stato “comprato” per
esigenze di status symbol dalla borghesia ricca del Nord, ma raramente davvero
compreso e rispettato nella sua identità.
Sono abbastanza comprensibili
dunque l’ansia con cui esso assiste al declino della propria economia
tradizionale, che continua ad espellere i pur rari giovani presenti sul suo
territorio, e la ritrosia con la quale esso vive la prospettiva di entrare a
far parte di una nuova entità territoriale, la ancor poco definita Città
metropolitana, che non a caso durante il convegno da molti è stata evocata con
toni allarmati e preoccupati.
Tuttavia, ed è questo l’elemento
nuovo emerso nel convegno, la prospettiva di un necessario cambiamento di rotta
rispetto all’attuale andamento delle politiche socio-economiche attive sul
territorio, dimostratesi ad oggi deboli nel contrasto della pesante crisi in
atto è stata ampiamente condivisa da tutti: diverse e variegate sono semmai le
ricette proposte.
A tal proposito, è interessante
notare come, rispetto al passato, emergano con decisione, in modo trasversale,
tematiche nuove circa le direzioni da intraprendere per il futuro sviluppo e
rilancio socio-economico del Tigullio.
Il territorio è visto (forse per
la prima volta con tanta condivisione) non tanto come superficie da riempire di
interventi edilizi, ma come substrato ideale, per qualità dell’ambiente, del
clima, della dimensione urbana, ad ospitare attività innovative a basso impatto
ecologico e ad alto valore aggiunto: aziende hi-tech, turismo di qualità
attento all’ambiente e alla cultura, artigianato locale, convegnistica,
formazione, sport, commercio e servizi innovativi. Non sono idee nuove, in
verità, ma è decisamente diversa l’accoglienza che esse hanno ricevuto da un
largo pubblico rispetto al passato, quando le stesse idee erano viste come
fantasie improponibili “qui da noi” e riservate a realtà decisamente più
lontane ed esotiche.
Attività un tempo trainanti quali
l’edilizia sorprendentemente sono state citate ma con accenti abbastanza
negativi e pessimistici, così come l’industria “tradizionale” comparti del
resto fortemente in crisi e dati (forse un po’ troppo frettolosamente) per
finiti, mentre sarebbe più opportuno, a nostro avviso, cercare di comprenderne
i pur esistenti margini di rilancio, depurati degli aspetti negativi e
ponendoli al servizio del nuovo modello di sviluppo correttamente orientato a
preservare la qualità ambientale quale bene prezioso.
Anche la presenza di molti
amministratori locali di vario colore politico segna una tendenza nuova, quella
cioè di tentare il superamento dei campanilismi per instaurare dinamiche
collaborative “di area vasta” che riescano a proporre una offerta variegata (costa,
entroterra, città, campagna, ecc.) non solo nei confronti dei turisti, ma anche
di coloro che vorranno impiantare qui le loro attività, e di coloro che
vorranno venirvi ad abitare. La necessità di essere attrattivi, e non solo
d’estate, è un’altra delle “novità” che gli amministratori dei nostri territori
iniziano a sentire come ineludibile.
La globalizzazione e la
conseguente crisi delle economie tradizionali ha posto in luce per i sistemi
economici locali la necessità di rimettersi in gioco entrando nella
competizione a livello non più nazionale, ma europeo e mondiale.
Questo significa da un lato
mettersi al passo con la domanda e l’offerta che tende a mutare continuamente,
per via di fattori molteplici che agiscono spesso come variabili indipendenti,
dall’altro saper fare emergere quelle peculiarità che sono in grado di agire
positivamente e diventare gli elementi vincenti della competizione
territoriale.
Fin qui, si potrebbe obiettare,
non si vede la necessità di far parte di una Città metropolitana. A questa
obiezione rispondiamo che quegli obiettivi di cui sopra hanno molte più
probabilità di essere colti se perseguiti dall’interno di una entità
amministrativa di scala maggiore, perché è ad una scala europea e mondiale che
occorre oramai agire, ed è questo il livello a cui guarda anche l’Unione
Europea se parliamo ad esempio di risorse destinate allo sviluppo territoriale.
Alcuni presenti al convegno hanno
ricordato l’importanza dell’esperienza dei Patti Territoriali che, coordinati
dalla Provincia di Genova e sottoscritti dall’associazione industriali, da
molte categorie economiche, da organizzazioni sindacali, da istituzioni, da
enti locali del territorio e da soggetti del sistema bancario, hanno
cofinanziato dall’inizio degli anni Duemila oltre 200 tra infrastrutture
pubbliche e progetti di innovazione e sviluppo di aziende e imprese sul
territorio per più di 38 milioni di euro.
In quel caso il ruolo di regia è
stato svolto dalla Provincia che ne ha curato i molti e complessi adempimenti
tecnici, finanziari ed amministrativi.
Cessata l’esperienza della
Provincia, sarà la Città metropolitana ad essere investita del ruolo di
coordinamento e di cofinanziamento di progetti di sviluppo.
L’Europa ha scelto per il
settennato 2014-2020 proprio le aree urbane e metropolitane quali obiettivi
prioritari per il finanziamento di progetti di sviluppo socio-economico, nella
convinzione che sarà lo sviluppo delle nostre città a determinare il futuro
dell'Unione"[1].
Le politiche e i programmi
comunitari puntano quindi su progetti ai quali verranno dedicati risorse
europee addizionali, e per la cui definizione è decisiva l’operatività del
livello metropolitano.
Gli obiettivi individuati dalla
Commissione Europea sono del resto del tutto coerenti con quelli indicati nel
corso del convegno di Chiavari:
• sviluppo “intelligente” (smart cities), innovazione sociale e
creazione di poli di conoscenza per valorizzare, attraverso la collaborazione a
rete, scambi culturali, di tecnologie, di eccellenze innovative e di buone
prassi, di progetti di successo per l'ambiente e la vivibilità urbana;
• aree metropolitane quali poli di attrazione, luoghi dove è desiderabile vivere, avanguardie di un modello europeo di sviluppo urbano sostenibile, capace di armonizzare le esigenze della crescita con quelle dell'ambiente e della socialità.
• aree metropolitane quali poli di attrazione, luoghi dove è desiderabile vivere, avanguardie di un modello europeo di sviluppo urbano sostenibile, capace di armonizzare le esigenze della crescita con quelle dell'ambiente e della socialità.
Mantenere e migliorare la qualità
della vita che caratterizza il Tigullio significa quindi, e non sembri un
paradosso, sapersi aprire ad una dimensione più vasta, che sappia, anche attraverso
i canali offerti dalla Città metropolitana, inserire il territorio e le sue
peculiarità in un circuito molto più ampio, cogliendo le opportunità offerte ai
territori metropolitani dall’Unione Europea per affrontare, con successo, le
sfide della globalizzazione.
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