di Francesco Gastaldi e Sonia Zarino
Con la legge 56/2014 (detta legge Delrio) la Città Metropolitana,
realtà istituzionale di cui si discuteva da almeno venticinque anni, è
diventata realtà e dal 1 gennaio 2015 subentrerà, con funzioni anche
nuove e diverse, alle dieci relative province, comportando rilevanti
innovazioni sui processi di governo del territorio. Il testo normativo
individua le funzioni fondamentali del nuovo ente di area vasta che
dovrà occuparsi di sviluppo economico, promozione e gestione integrata
dei servizi, infrastrutture, reti di comunicazione e le relazioni
istituzionali afferenti al proprio livello, comprese quelle a livello
europeo. La Città Metropolitana si occuperà inoltre di mobilità e
viabilità e dovrà assicurare la compatibilità e la coerenza della
pianificazione urbanistica comunale nell’ambito metropolitano.
Le Regioni dovevano già a luglio decidere quali funzioni delegare
alle città metropolitane e tuttavia, per il momento, l’accordo si è
trovato solo per quelle di tipo amministrativo. Per tutto il resto le
Regioni si sono impegnate unicamente ad “adottare le iniziative
legislative di propria competenza” entro la fine del 2014. Un impegno in
verità assai vago che lascia intendere, in filigrana, il dualismo che
si è venuto a creare tra le regioni e i nuovi enti metropolitani che,
specie in alcuni casi, hanno un peso assai elevato nelle dinamiche
politiche e socio-economiche degli ambiti regionali di appartenenza.
In attesa della riforma del titolo V della seconda parte della
Costituzione – delle relative norme di attuazione e fermo restando la
competenza regionale (articoli 114 e 117) – le Città Metropolitane
saranno governate, secondo la legge 56/2014, dal sindaco, il consiglio e
la conferenza metropolitana. Non è prevista la costituzione della
giunta, ma è data la facoltà al sindaco di nominare un vicesindaco e uno
o più consiglieri delegati. Il consiglio, l’organo d’indirizzo e
controllo, approva regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni
altro atto ad esso sottoposto dal sindaco metropolitano; ha altresì
potere di proposta dello statuto (attualmente in fase di redazione) e
poteri decisori finali per l’approvazione del bilancio.
Proprio le risorse appaiono il nodo attualmente più intricato in
quanto le Città Metropolitane, a fronte di un aumento del numero di
competenze “pesanti”, ereditano quelle delle province, che da alcuni
anni sono oggetto di pesante decurtazione. Posto che le Città
Metropolitane per funzionare necessitano di risorse proporzionate alle
funzioni che esse saranno chiamate a svolgere, l’utilizzo dei fondi
europei tramite i PON (Piani Operativi Nazionali) si pone così come una
importante scelta strategica: lo stanziamento previsto è di quasi 600
milioni di euro tra il 2014 e il 2020, ma riguarda solamente progetti
inerenti l’agenda digitale, la mobilità e sostenibilità urbana e
l’inclusione sociale.
Verso il Piano Territoriale Metropolitano
Il nuovo ente si occuperà di “pianificazione territoriale generale”,
comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle
infrastrutture, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e
all’esercizio delle funzioni dei comuni ricompresi nell’area. A tale
attribuzione si affianca la “pianificazione territoriale di
coordinamento”, nonché la “tutela e valorizzazione dell’ambiente”
ereditata dalla Provincia; un ruolo di coordinamento tra i diversi temi e
soprattutto tra i differenti piani, possibilmente con un impegno
concreto di razionalizzazione e semplificazione. Il termine
“pianificazione generale” sembra far riferimento alla possibilità di
previsioni di carattere prescrittivo e cogente, selezionando progetti e
azioni rilevanti di scala vasta e lasciando così alla strumentazione
urbanistica “tradizionale” compiti regolativi di livello
comunale/locale.
In un quadro di leggi urbanistiche e di governo del territorio in
cui, ad eccezione della regione Piemonte, le Città Metropolitane non
esistono, e fatte salve le leggi regionali che dovrebbero specificare in
dettaglio compiti e ruoli delle singole realtà istituzionali, il Piano
Territoriale Metropolitano (PTM) sarà quindi chiamato a svolgere tre
principali funzioni: strategica, di coordinamento e prescrittiva, con efficacia prevalente per ambiti e temi selezionati cercando forme di condivisione e raccordo con i comuni.
Riassumendo si può dire che il PTM potrebbe quindi avere alcune
caratteristiche del piano territoriale di coordinamento provinciale e
avere una valenza di piano strutturale per quel che riguarda l’assetto
complessivo del territorio – non incidente però sui diritti edificatori
- oltre una valenza attuativa per alcune funzioni strategiche
(infrastrutture e sistemi di livello metropolitano) da gestire tramite
accordi di programma con gli enti locali interessati. In attesa che
siano le leggi urbanistiche regionali a definire le prerogative del PTM,
saranno gli Statuti attualmente in corso di elaborazione a farsi carico
di tale definizione, dopo di che si aprirà la fase di elaborazione che
potrebbe, verosimilmente, avvalersi delle elaborazioni già prodotte
dalle province in sede di piani territoriali di coordinamento.
Nessun commento :
Posta un commento
Grazie per il tuo commento, iscriviti al blog per ricevere gli aggiornamenti