a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

venerdì 28 febbraio 2014

Le “città regione”: alcuni esempi europei a confronto nel progetto Joining Forces



La governance delle aree metropolitane è un tema che da diverso tempo è al centro delle analisi sulle nuove forme di organizzazione territoriale. Il progetto Joining Forces, recentemente concluso, nell’ambito del programma Urbact II ha sviluppato la ricerca di strumenti di governo delle aree metropolitane per affrontare meglio le sfide dell'Europa delle città: la competitività, la coesione sociale e la sostenibilità ambientale.

Gli 8 partners coinvolti nel progetto
Joining Forces, recentemente concluso e pubblicato, erano Lille (Francia) capofila del progetto, Burgas (Bulgaria), Brno (Repubblica Ceca), Bruxelles (Belgio), Cracovia (Polonia), Eindhoven (Paesi Bassi), Firenze (Italia) e Siviglia (Spagna). Esse hanno coordinato e sviluppato i vari temi oggetto di studio e considerati strategici ai fini di caratterizzare un’area metropolitana europea:
  • Pianificazione strategica del territorio;
  • Gestione della mobilità e dei trasporti;
  • Principali questioni ambientali: approvigionamento idrico, smaltimento dei rifiuti, ecc.
  • Competenza economica (creatività, ricerca ed istruzione);
  • Sistemi di gestione (pubblica e mista pubblico/private);
  • Inclusione sociale, partecipazione, responsabilizzione;
  • Attrattività e competitività (inclusi la promozione e il marketing territoriale).

“La competitività è una risposta di tipo sociale alle sfide economiche: non significa soltanto fornire un livello più alto di servizi pubblici, ma richiede anche una vera abilità nel cooperare con diversi attori ubicati nella stessa area. La sostenibilità, come obiettivo per la gestione ambientale, presuppone l’idea di molte decisioni collettive e di strategie di sviluppo per un futuro più vivibile. L’integrazione sociale costituisce una strategia per ridurre le tensioni urbane tra gruppi di abitanti. I problemi etici, di genere e generazionali devono essere risolti nella maggior parte delle grandi città e nelle rispettive periferie. Le risposte possono essere date con l’aiuto proveniente dalla pianificazione fisica e sociale.”[1]

giovedì 27 febbraio 2014

Unioni dei Comuni nel levante della Provincia di Genova: ecco le prime ipotesi

I piccoli comuni saranno obbligati, secondo il disegno di legge in itinere, a gestire le funzioni fondamentali in forma associata. Alcune realtà si stanno già organizzando nella Provincia di Genova.

In  Provincia di Genova è attualmente costituita una sola Unione di Comuni che comprende Campo Ligure, Masone, Mele, Rossiglione, Tiglieto.
E’ inoltre in attuazione la formazione di un’altra Unione, quella della Valle Scrivia, che avrà sede presso il Comune di Busalla e comprenderà inoltre i Comuni di Casella, Crocefieschi, Isola del Cantone, Montoggio, Savignone, Ronco Scrivia, Valbrevenna e Vobbia.

Le prime ipotesi di Unioni di Comuni nel levante della Provincia di Genova riguardano Comuni dell'Aveto e della Val Graveglia (Borzonasca, Santo Stefano d'Aveto, Rezzoaglio, Mezzanego, Ne), il "trio" Casarza L., Castiglione Chiavarese e Moneglia, il "duo" Camogli e Portofino ("Unione del Promontorio") e, infine, l'Unione costituita da Recco, Avegno e Uscio.

mercoledì 26 febbraio 2014

En attendant le Città metropolitane

di Walter Tortorella*
pubblicato il 24/02/2014 su ForumPA.it

Contrariamente a quanto sta succedendo nel resto del monto in Italia le città metropolitane pur avendo valenza costituzionale non esistono né come soggetti economico-territoriali né come soggetti politico-amministrativi. A 23 anni dalla loro introduzione nell’ordinamento italiano, quindi, si preparano ad essere riformate (dal disegno di legge Delrio) senza essere mai esistite. Presentiamo un’analisi di Walter Tortorella che si sofferma sugli aspetti problematici e pericolosi di questa prossima svolta. Occasione è l’uscita del volume “Città metropolitane. La lunga attesa” scritto con Massimo Allulli[i]

La competizione economica internazionale si misura sempre più sulla capacità dei grandi centri urbani di essere motori di sviluppo e da tempo, i sistemi territoriali cresciuti attorno alle grandi realtà urbane hanno guadagnato terreno come attori economici globali. Diversi studi, da quelli della Banca Mondiale a quelli dell’Ocse, seppure con un grado di analisi opinabile, tendono ad evidenziare come oggi una quarantina di città-regione rappresentino circa il 40% dell'economia mondiale. Sul piano dell’innovazione e della produzione, la competitività degli stati, e quindi delle aree continentali, dipenderà sempre più dalle reti – formali e informali - delle grandi aree metropolitane e dalla loro tendenza a superare addirittura i confini statuali.

Il livello urbano, insomma, sembrerebbe reagire meglio del livello nazionale alle attuali sfide della globalizzazione. Guardando all’Europa le principali città-regione - al netto di Londra e Parigi - come Barcellona, Lione, Francoforte, Stoccarda, Amsterdam, Copenaghen, Stoccolma si sono, da tempo, avviate verso forme di governo metropolitano all’interno di un’architettura istituzionale nazionale. Non è un caso che per il prossimo periodo di programmazione dei fondi comunitari 2014-2020 la Commissione Europea - con la proposta di riserva regolamentare del 5% delle risorse FESR per le aree urbane - abbia dato grande enfasi al ruolo delle città nella gestione diretta delle risorse.

In Italia, invece, le città metropolitane pur avendo valenza costituzionale (vale ricordare che ad oggi non ne è stata formalmente istituita alcuna) non esistono né come soggetti economico-territoriali né come soggetti politico-amministrativi. Al contrario esistono come “realtà funzionali”, ovvero fluidi bacini di utenza per lo più intercomunali – si pensi alla mobilità per lavoro, istruzione, servizi sanitari, leisure, ecc. - senza alcuna delimitazione amministrativa rispetto a spazi territoriali conclusi. 

martedì 25 febbraio 2014

Città metropolitane, ecco come trovarle

di Sabrina Iommi - Pubblicato su La Voce .info il 25 febbraio 2014

l disegno di legge Delrio propone una definizione di città metropolitana che difficilmente può garantire gli obiettivi che la riforma si prefigge. Un criterio alternativo invece ridisegna i comuni, riducendone drasticamente il numero. La frammentazione amministrativa e la competitività del paese.

PERCHÉ RIVEDERE GLI ASSETTI ISTITUZIONALI
L’iter di approvazione della legge Delrio “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni” ha riaperto il dibattito sulla questione ormai più che ventennale dell’individuazione e delimitazione delle città metropolitane in Italia. Per valutare se e quanto la proposta sia adeguata, occorre ripartire da quelli che in generale devono essere gli obiettivi della revisione degli assetti istituzionali.
L’architettura istituzionale, vale a dire l’insieme dei diversi enti, ciascuno con i propri confini e con le proprie funzioni è finalizzata a creare un contesto, fatto di regole certe, ma anche di servizi di supporto e di strategie di investimento, in cui le imprese possano accrescere la loro efficienza e le famiglie il loro benessere. Come insegna l’economia istituzionale, le istituzioni non sono necessariamente efficienti, possono ridurre o accrescere i costi di transazione, così condizionando la performance complessiva dell’economia e il benessere della collettività. (1)
 
Ogni ipotesi di revisione degli assetti istituzionali deve quindi porsi come fine quello di ridurre i costi di transazione, in modo da I) ritrovare la coerenza tra confini reali delle comunità da governare e quelli formali delle istituzioni deputate a prendere le decisioni collettive, II) ridurre i tempi della decisione pubblica, anche limitando il numero dei decisori coinvolti, III) sfruttare economie di scala e di scopo, IV) selezionare e concentrare gli investimenti.

sabato 22 febbraio 2014

Provincia di Genova: il Tar annulla nomina commissario, ipotesi elezioni

Provincia di Genova: il Tar annulla nomina commissario, ipotesi elezi
La sentenza del TAR ha dato ragione all'ex consigliere provinciale, Angelo Spanò, per il quale la nomina di Fossati era avvenuta in base a una norma del decreto Monti, poi affossato dalla Corte Costituzionale.

Colpo di scena nella tormentata vicenda della riforma degli Enti Locali. Per il Tar della Liguria, la nomina dell'attuale commissario straordinario della Provincia, Piero Fossati, è illegittima in quanto conseguente al decreto di scioglimento del Consiglio Provinciale, che va annullato perchè in contrasto con il dettato costituzionale.

Tutto ruota attorno al decreto Monti sulla soppressione delle province, poi giudicato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Nel maggio 2012, l'allora presidente della provincia di Genova, Alessandro Repetto si dimise. Quindi si proseguì con la nomina di un commissario straordinario, così come previsto dal una norma del decreto Monti, poi affossato dalla Corte Costituzionale.

L'ex consigliere provinciale, Angelo Spanò, aveva presentato ricorso al Tar e ora ha visto riconosciute come valide le sue motivazioni. Per Spanò, dopo le dimissioni di Repetto, bisognava andare a votare. E questo potrebbe accadere adesso dopo il parere del tribunale.

Fossati ha chiesto al prefetto come dovrà comportarsi visto che la sentenza impedisce al commissario e ai suoi vice di firmare atti. «Il prefetto mi ha detto che si è messo in comunicazione con il ministero. Mi è stato detto di andare avanti fino a che non ci sarà una comunicazione ufficiale».

«Attendo di capire se il ministero, che ha proposto la mia nomina al Presidente della Repubblica, farà ricorso al Consiglio di Stato per chiedere la sospensiva o quant'altro. In ogni caso non sono io che posso decidere e attendo di capire come mi dovrò comportare».

giovedì 13 febbraio 2014

Il finanziamento delle Città Metropolitane nel disegno di legge di riordino degli Enti Locali



L’articolo 9 del progetto di legge 1212 concernente il riordino degli enti locali e attualmente all’esame del Senato dispone che ciascuna Città metropolitana succeda a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi (comprese le entrate provinciali) della Provincia cui subentra (con esenzione fiscale per il trasferimento di beni). 

Il testo dispone che le risorse della Città metropolitana siano costituite dal patrimonio, dal personale e dalle risorse strumentali della Provincia medesima (comma 1). 

La città metropolitana succede inoltre a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, ivi comprese le entrate, all’atto del subentro alla provincia. Le entrate delle province sono costituite da:
- imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto, la cui aliquota è stabilita nella misura del 12,5 per cento (salvo la facoltà delle Province di variarla in aumento o in diminuzione di 3,5 punti percentuali).
- imposta provinciale di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli iscritti al pubblico registro automobilistico (IPT);
- altri tributi propri derivati;
- compartecipazione provinciale all’IRPEF (fissata dal d.P.C.M. 10/7/2012 nello 0,60 dell’imposta);
- compartecipazione alla tassa automobilistica regionale sugli autoveicoli.

Il decreto legislativo n. 68 del 2011, inoltre, all’art. 24 disciplina articolatamente il sistema finanziario delle città metropolitane, e attribuisce loro la facoltà di avvalersi di altre fonti di entrata oltre a quelle derivanti dal trasferimento di quelle della provincia, secondo diverse modalità attuative e previo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Funzioni metropolitane e spesa pubblica
Abbiamo visto come la legislazione riguardante il finanziamento delle città metropolitane assegni ad esse risorse anche aggiuntive, rispetto ai bilanci delle attuali province, in funzione della complessità delle funzioni che i nuovi enti dovranno svolgere.

Non solo quindi le funzioni fondamentali delle ex Province, ma anche la pianificazione territoriale generale e la strutturazione del trasporto pubblico, o ancora lo sviluppo economico e sociale dell’intero territorio governato. 

In funzione della complessità delle funzioni assunte dalla Città Metropolitana sarà la legge di stabilità a definire, di volta in volta, la dotazione finanziaria. Una posizione assai elastica del legislatore, quindi, che tende ad assecondare la configurazione assunta dal nuovo ente in rapporto alle funzioni effettivamente ricoperte: solo quelle della ex Provincia, o queste più altre delegate dai Comuni, o ancora queste più altre delegate dalla Regione.

Una ulteriore ed importante fonte di finanziamento delle città metropolitane può inoltre essere individuata negli assi di sviluppo 2014-2020 individuati dalla Commissione Europea per l’erogazione di fondi strutturali.

Nel complesso la politica di coesione europea permetterà di mobilitare fino a 366,8 miliardi di euro destinati alle regioni e alle città dell'UE e all'economia reale. È principalmente tramite questo strumento d'investimento che l'Unione realizzerà gli obiettivi della strategia Europa 2020: crescita e occupazione, lotta contro i cambiamenti climatici e riduzione della dipendenza energetica, della povertà e dell’esclusione sociale.  


I motivi per unirsi: Castelnuovo e Ortonovo al voto per unire le forze

Castenuovo e Ortonovo alla prova del voto per unire le forze e cogliere le opportunità offerte ai Comuni che decidono di fondersi: sappiamo che il referendum ha avuto tuttavia esito negativo, ancora una volta hanno prevalso campanilismi e interessi particolari.

Gorreto, lottare per non "sparire"

 Piccoli centri sempre più spopolati, inoltre il recente rapporto Istat conferma che la Liguria è la regione più "anziana" d'Italia.

domenica 9 febbraio 2014

Le Unioni di Comuni nel disegno di legge sul riordino degli enti locali – Il caso della Provincia di Genova

I piccoli comuni saranno obbligati, secondo il disegno di legge in itinere, a gestire le funzioni fondamentali in forma associata. Alcune realtà si stanno già organizzando nella Provincia di Genova. Ma quali saranno i possibili scenari futuri nel nostro territorio? E quale sarà il rapporto tra Unioni di Comuni e Città Metropolitana?


La proposta di legge di riordino degli Enti Locali[1] attualmente all’attenzione del Senato si propone, tra le altre cose, di razionalizzare la spesa derivante dall’esercizio delle funzioni amministrative di una miriade di piccoli Comuni che, a fronte di costi di gestione relativamente elevati, faticano comunque ad erogare servizi indispensabili alle popolazioni.



Il disegno di legge riprende un cammino più volte intrapreso, con molte difficoltà, volto a incentivare l’esercizio associato delle funzioni e dei servizi di competenza dei Comuni più piccoli allo scopo di realizzare economie di scala e, si spera, una erogazione più efficiente dei servizi pubblici.


Le Unioni di Comuni sono enti locali costituiti da due o più Comuni “per l’esercizio associato di funzioni o servizi di loro competenza”[2]. In base alla legge 122/2010, art. 14, i Comuni con meno di 5000 abitanti (o meno di 3000 se montani) devono costituire unioni per l’esercizio “obbligatoriamente associato delle funzioni fondamentali”[3].


A fronte dell’avvenuta gestione in forma associata dei servizi, il patto di stabilità viene “attenuato” per il Comune capofila e, per contro, reso più severo per gli altri Comuni associati poiché l’operazione non può dare origine ad un aumento di spesa complessivo dei Comuni facenti parte dell’Unione.


Le unioni di Comuni possono avvenire anche tra entità aventi popolazione maggiore di 5000 abitanti (o di 3000 per i comuni montani), e in tal caso la disciplina di riferimento è quella contenuta nell’art. 32 del Testo Unico degli Enti Locali.


La disciplina delle Unioni di Comuni nel nuovo testo viene semplificata con l’abolizione dell’Unione di Comuni per l’esercizio facoltativo di tutte le funzioni e servizi comunali. Restano ferme le altre due tipologie di unione, quella per l’esercizio associato facoltativo di specifiche funzioni e quello per l’esercizio obbligatorio delle funzioni fondamentali. Per quest’ultima viene confermato il limite demografico ordinario pari ad almeno 10.000 abitanti, ma l’obbligo di esercitare in forma associata le funzioni viene meno per i soli comuni montani che hanno più di 3.000 abitanti. Viene inoltre spostato il termine per l'adeguamento dei comuni all'obbligo di esercizio associato delle funzioni fondamentali dal 1° gennaio al 31 dicembre 2014.

Il caso della Provincia di Genova 

I Comuni in verde chiaro e verde scuro sono quelli che in base al disegno di legge dovrebbero dar vita alle Unioni. 


Pop <5000 ab  e Non Montani

Pop <3000 ab e Montani o Parz. Montani

Pop >3000 ab e Montani o Parz. Montani

Pop >5000 ab  e Non Montani




  


Applicando le disposizioni della legge in itinere al caso della Provincia di Genova si ottiene una simulazione (Fig. 1) dove sono stati evidenziati 

  • in verde scuro i Comuni con meno di 3000 abitanti e classificati montani o parzialmente montani dall’Istat 
  • in verde chiaro i Comuni con meno di 5000 abitanti e classificati come non montani 
  • in rosa i Comuni montani o parzialmente montani con più di 3000 abitanti  
  • in fucsia i Comuni non montani con più di 5000 abitanti

I Comuni di Pieve Ligure e di Leivi sono attualmente classificati non montani e hanno fatto parte di Comunità Montane, ma avendo meno di 3000 abitanti rientrano comunque tra i Comuni tenuti a dare vita ad una Unione.


In totale sono 41 Comuni su 67 quelli che dovrebbero gestire le funzioni in forma associata come previsto dal disegno di legge, ossia più della metà.

Particolarmente interessanti appaiono, a questo punto gli scenari sulle possibili tipologie di unioni che i vari Comuni potrebbero  originare.



Unioni presenti e future nella (ex) Provincia di Genova

E’ attualmente costituita, nella Provincia di Genova, una sola Unione di Comuni che comprende Campo Ligure, Masone, Mele, Rossiglione, Tiglieto. L'Unione è nata nel 2011 dalla trasformazione della omonima comunità montana soppressa il 1º maggio 2011 a seguito dell'entrata in vigore della Legge Regionale n° 23 del 29 dicembre 2010. 


La popolazione residente nell’Unione al 2013 era di 12.955 abitanti. La sede amministrativa è stata fissata presso Campo Ligure. Le funzioni gestite in forma associata dall’Unione sono quelle di polizia locale, la raccolta e lo smaltimento dei R.S.U. e la gestione dei canili. In base al disegno di legge, a queste funzioni si dovrebbero sommare entro il 2014 tutte quelle definite “fondamentali”.


E’ inoltre in previsione la formazione di un’altra Unione, quella della Valle Scrivia, che avrà sede presso il Comune di Busalla e comprenderà inoltre i Comuni di Casella, Crocefieschi, Isola del Cantone, Montoggio, Savignone, Ronco Scrivia, Valbrevenna e Vobbia. 


Seguendo l’evoluzione normativa in materia, lo Statuto[4] prevede la gestione associata delle funzioni fondamentali[5], allo scopo di “migliorare la qualità dei servizi erogati, di favorire il superamento degli squilibri economici, sociali e territoriali esistenti nel proprio ambito, e di ottimizzare le risorse economico-finanziarie, umane e strumentali, ferma restando la salvaguardia delle rispettiva identità comunali e di un’adeguata gestione dei rapporti con i cittadini”.


E’ interessante notare, a tal proposito, come queste due Unioni comprendano tanto Comuni “sotto-soglia” per quel che concerne la popolazione, e quindi tenuti a farne parte, quanto Comuni che non sarebbero, secondo la legge, tenuti ad aderirvi. 


Altre forme di collaborazione, specie nel campo dell’elaborazione di piani urbanistici, sono attualmente in corso. Ricordiamo, ad esempio, lo stesso Comune di Isola del Cantone, il cui PUC si inscrive all’interno del percorso già tracciato dal progetto “Città dello Scrivia” che interessa l’intera vallata o anche il PUC Coordinato dei comuni di Fascia, Fontanigorda, Gorreto, Rondanina e Rovegno, elaborato in collaborazione con l’Ente Parco dell’Antola e con la Provincia di Genova. Sono esempi (non del tutto isolati, in verità) che sono importanti perché segnalano la volontà dei piccoli Comuni di mettere da parte i campanilismi e cercare insieme soluzioni per la gestione dei servizi ma anche per il rilancio socio-economico del loro territorio.


Resta ancora molto cammino da percorrere, il poco tempo a disposizione potrebbe essere tuttavia un ulteriore incentivo per dar vita ad Unioni che sappiano, ad esempio, mettere insieme peculiarità territoriali, in primis le vallate che incidono il territorio montuoso, e sono spesso perpendicolari alla costa. La vallata dell’Entella è certo un buon esempio, ma vi è anche quella del Petronio, della Fontanabuona, e così via. Le aggregazioni delle ex Comunità Montane possono servire da valido substrato di partenza, da attualizzare in base alle nuove normative e con un occhio ben attento alle sinergie rese possibili dal nuovo ente costituito dalla Città Metropolitana. E, a tal proposito, quali saranno i rapporti tra Città Metropolitana e le Unioni di Comuni?


La questione è da qualche tempo all’attenzione degli Amministratori locali, specie in quei contesti territoriali dove le Unioni si sono radicate più efficacemente, come la Toscana o la Lombardia.

C’è chi pensa che le Unioni debbano essere prese a modello da parte delle stesse Città metropolitane, contemperando l’esigenza di una governance di area vasta con i sistemi territoriali.  

Complessivamente, il disegno di legge delinea un assetto istituzionale assai complesso, dove le competenze possono fluire da un ente all’altro, secondo procedure ancora non ben definite: è auspicabile che la discussione in sede di Senato possa ulteriormente migliorare il testo di legge nell’ottica di una reale semplificazione degli enti locali e del miglioramento della loro governance.



[1] d.d.l. “città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni” A.S. 1212

[2] Cfr. Art. 32 del TU 267/2000 e ss. mm. e ii.


[3] Con esclusione di quelle alla lettera l) del cit. art. 14, così come modificato a seguito dell’entrata in vigore della L. 135/2012 (art. 19). 

[4] Cfr. Statuto dell’Unione dei Comuni dello Scrivia


[5] Cfr. Nota 3


martedì 4 febbraio 2014

D.d.l. Delrio, nuova bocciatura dalla Corte dei conti

da La Gazzetta degli Enti Locali
del 22/01/2014

Bocciate anche le città metropolitane. D.d.l. complesso, costi certi, pochi risparmi
Nuova sonora bocciatura della Corte dei conti sulla riforma delle province contenuta nel discusso d.d.l. Delrio. A distanza di alcun mesi dal primo, negativo, pronunciamento sull’impatto della riforma, la Corte ha replicato in Senato le proprie, critiche osservazioni su un ddl che sembra proprio non avere i crismi della promessa “spending review”.

Si tratta di un parere che i rappresentanti della Corte hanno espresso in audizione alla Commissione affari costituzionali di Palazzo Madama lo scorso giovedì 16 gennaio, ora depositato agli atti relativi al d.d.l. province, approvato alla Camera e diretto all’ok definitivo nell’arco di poche settimane.

lunedì 3 febbraio 2014

Provincia di Genova: Comuni piccoli, spese pubbliche alte.

La struttura della finanza pubblica dei Comuni italiani evidenzia[1] che esistono notevoli differenze tra gli enti in termine di entrate e spese pro-capite.

Questo avviene per diverse ragioni, per cui non è facile estrapolare i fattori che permettono di distinguere con assoluta chiarezza, ad esempio, quali costi e benefici giustifichino livelli di spesa tanto differenti tra un Comune e l'altro e come tali spese si traducano effettivamente in servizi di qualità erogati ai cittadini.

Una ipotesi di lavoro, indubbiamente semplificativa, ma che permette di avviare un confronto e che trova riscontro in autorevoli trattazioni[2], è quella che considera quali variabili di riferimento la dimensione demografica e la spesa corrente pro-capite dei Comuni.

Analizzando la spesa corrente pro-capite del Comuni italiani al 2010, si osserva che il valore medio è di circa 877 euro[3].

I Comuni della Liguria presentano una spesa media corrente pro-capite di 1126 euro, che risulta essere la più elevata tra le regioni a statuto ordinario.

domenica 2 febbraio 2014

La cooperazione intercomunale nella legge Delrio. Grandi speranze e attese deluse

di Paolo Dallasta e Serena Righini   23 Gennaio 2014
pubblicato su Eddyburg

Una critica serrata della proposta governativa sulla nuova organizzazione dei poteri locali: l'ottica miope e avara della "spendig review" ha indotto a eludere un problema essenziale per il corretto funzionamento del territorio, ossia la redistribuzione delle funzioni tra i vari enti amministrativi. 

La recente approvazione alla Camera del disegno di legge 1542 del 20/08/2013 in materia di Città Metropolitane, Province, Unioni e Fusioni dei Comuni è il quarto tentativo in tre anni volto a riformare il sistema degli enti locali. Il dibattito attorno alla nuova legge è purtroppo stato monopolizzato dal tema della spending review, che ha messo in secondo piano la necessità, non più eludibile, di attuare una seria revisione dell’intera architettura istituzionale italiana, nella quale funzioni e competenze spesso si sovrappongono. Si è enfatizzato il tema mediatico del risparmio di risorse pubbliche e di poltrone politiche, sorvolando invece sulla redistribuzione delle funzioni che si potrebbe realizzare con il nuovo assetto istituzionale.

La proposta legislativa si basa, essenzialmente, su tre pilastri:
- istituzione delle Città Metropolitane;
- ridefinizione delle Province, trasformate in enti di secondo livello con progressivo svuotamento di funzioni a favore delle Città Metropolitane o dei Consorzi di Comuni;
- disciplina in materia di unioni e fusioni per i piccoli Comuni.

sabato 1 febbraio 2014

La rivoluzione delle città metropolitane passa per i distretti dell’innovazione

di Francesca Battistoni

In che modo i contesti urbani possono contribuire allo sviluppo economico di un territorio e di un intero sistema Paese? Secondo i tre studiosi Bruce Katz, Jennifer Bradley e Julie Wagner nella misura in cui sono in grado di costruire reti ravvicinate di relazioni tra soggetti produttivi, mondo della ricerca, istituzioni e “facilitatori dell’innovazione" all’interno di un contesto vivibile, e ben infrastrutturato. Il loro libro The Metro Revolution: How Cities and Metros are Fixing our Broken Politics and Economy prova infatti a mettere in relazione i recenti cambiamenti economici con il nuovo ruolo assunto dalle città. Un processo che tocca nel profondo anche il nostro Paese e che le nostre metropoli devono dimostrare di essere in grado di innescare o assecondare.

Una confluenza di cambiamenti economici, demografici e culturali sta modificando la geografia spaziale dell'innovazione. Molti poli d’innovazione su scala regionale legati quasi esclusivamente ai parchi industriali manifestano una evidente sofferenza, mentre la città e lo sviluppo tecnologico urban-oriented sta crescendo. Molti casi a livello mondiale rilevano che i modelli distrettuali centrati sulla città metropolitana sono il cuore dello sviluppo.

La ripresa che verrà dalle Città metropolitane

di Giuseppe Franco Ferrari
pubblicato su Il Sole 24 Ore il 3 gennaio 2014

Il 23 dicembre il Senato ha approvato la legge di stabilità, con la quale è stato prorogato il contestato regime di commissariamento delle Province sino al 30 giugno 2014 (art. 1, comma 441).
La legge di stabilità non prevede solo la permanenza dei commissariamenti in corso - regime già dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza 220/2013 - ma estende il ricorso al commissariamento nell'ipotesi di scadenza naturale del mandato nonché di cessazione anticipata degli organi provinciali che dovessero verificarsi in una data compresa tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2014, periodo nel quale avrebbero dovuto andare al voto 52 Province.

Il legislatore ha voluto prendere tempo nella speranza che nel primo semestre dell'anno giunga a compimento la riforma costituzionale degli enti locali e possa entrare in vigore il disegno di legge ordinaria Delrio (1542/2013), non curandosi del sospetto di incostituzionalità che investe il mantenimento e l'estensione del regime di commissariamento a un ulteriore e rilevante numero di Province.
Per quanto concerne il Ddl Delrio (disegno di legge recante le disposizioni su Città metropolitane, Province, unioni e fusioni di Comuni) il 21 dicembre la Camera dei Deputati l'ha approvato in prima lettura. Si attende l'esame del Senato.