di Giorgio Merlo*
Lo Statuto dovrà fugare tutti i dubbi che hanno accompagnato il
dibattito politico, amministrativo e territoriale. E cioè, garantire una
piena integrazione tra la città di Torino, l'hinterland e, soprattutto,
la “seconda cintura” della ex Provincia.
Che la recente elezione dei membri della Città metropolitana non
abbia destato alcun interesse nella pubblica opinione è cosa nota. Come è
nota l’osservazione che il tutto si è risolto in una pratica interna e
autoreferenziale tra i vari eletti dei comuni della provincia. Semmai,
l’unità novità – peraltro già ampiamente prevista alla vigilia – è stato
il “misterioso” comportamento politico che ha portato ad una sorta di
suicidio assistito di Forza Italia e dell’intero centrodestra nel nuovo
organismo. Però, come recita un vecchio adagio, “contenti loro, contenti
tutti”!
Ora, si tratta di capire in che cosa si sostanzierà questo
singolare e anacronistico ente che ha soppiantato la Provincia: dalle risorse a
disposizione alle competenze istituzionali, dal personale a servizio del futuro
ente alla incidenza concreta che avrà sul territorio. Per il momento, salvo
furbizie e invenzioni di escamotage dell’ultima ora, sempre possibili, l’unico
elemento chiaro è l’assenza di emolumenti per i futuri componenti di questo
strano ente.
Elemento sicuramente importante ma non sufficiente per dargli
credibilità agli occhi dei cittadini e consistenza nei confronti delle altre
istituzioni. Ed è perfettamente comprensibile che l’attenzione adesso si sposti
prevalentemente sull’elaborazione dello Statuto della Città metropolitana che
dovrà definirne compiutamente funzioni, ruoli e indirizzo.
Uno Statuto, però,
che dovrà contenere anche un “preambolo” capace di fugare alla radice tutti i
dubbi che hanno accompagnato il dibattito politico, amministrativo e
territoriale in questi mesi e prima della elezione di domenica scorsa. E cioè,
garantire una piena integrazione tra la città di Torino, la cosiddetta “prima
cintura” e, soprattutto, la “seconda cintura” della ex provincia. Cioè, per
entrare nello specifico, l’intero Canavese - occidentale e orientale -, l’area
Pinerolese e la Valsusa, il Chierese, il Chivassese, il Ciriecese e le valli di
Lanzo. Insomma, tutto ciò che fa da contorno alla prima cintura. Perché, è
inutile negarlo, resta questa la preoccupazione centrale che continua a
serpeggiare nei territori “periferici” e che fa sponda a quelle sporadiche e un
po’ qualunquistiche contestazioni sulla inutilità futura di questa ancora
indefinita Città metropolitana.
Una integrazione politica e istituzionale che deve
cancellare ogni residuo sospetto di rendere definitivamente periferiche e
marginali queste aree rispetto all’area torinese e al suo hinterland.
Ecco perché la stesura dello Statuto non può essere solo uno
stanco rito burocratico e protocollare. Proprio attorno allo Statuto si gioca
il futuro e la credibilità di questo ente e la reale partecipazione di quei
territori allo sviluppo della intera provincia di Torino. Sono certo che questa
consapevolezza politica, culturale e
amministrativa è ben presente in chi dovrà stendere questo documento. Ma questo
“preambolo” è, comunque sia, necessario ed indispensabile.
*Onorevole Giorgio Merlo, giornalista RAI
Nessun commento :
Posta un commento
Grazie per il tuo commento, iscriviti al blog per ricevere gli aggiornamenti