a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

venerdì 14 novembre 2014

URBANISTICA: PICCOLI COMUNI E ONERI DI URBANIZZAZIONE

Il tema della "sovranità" dei singoli comuni, specie se molto piccoli, è uno di quelli assai delicati perchè viene a toccare uno degli assiomi insiti nel tessuto molto frammentario che costituisce il nostro territorio. Eppure, se si mette da parte il ben noto campanilismo, si potrebbe invece considerare quanto un utilizzo meno parcellizzato del territorio e quanto una pianificazione avente vedute un po' più ampie avrebbe ripercussioni positive sulla riduzione del consumo di suolo originando una pianificazione urbanistica di qualità più elavata.

pubblicato su ArcipelagoMilano

di Vittore Soldo*

Il suolo rappresenta il substrato, l’elemento di base, sul quale si manifestano la maggior parte dei processi di insediamento, sviluppo e crescita di una comunità. L’urbanistica è lo strumento grazie al quale questi processi collettivi trovano una sintesi e danno una forma nuova al paesaggio su cui esercitano la propria azione, rendendo il contesto territoriale su cui si manifesta, funzionale alle facilitazioni della comunità che lo insedia.
La missione di una materia così importante e complessa come l’urbanistica dovrebbe essere la seguente: elaborare e risolvere la complessità di creare o rigenerare il tessuto urbano, riuscendo a mantenere in equilibrio il contesto ambientale e la comunità che vi si innesta, anche e soprattutto in funzione di contingenze di carattere economico, produttivo e sociale.
Nel corso del tempo l’urbanistica si è manifestata assecondando le esigenze e i fenomeni sociali (flussi migratori, abbandono delle campagne, industrializzazione, deindustrializzazione). Negli ultimi anni, questa materia è stata per buona parte subordinata a processi esclusivamente speculativi.
 
A oggi, il risultato dell’azione di occupazione della maggior parte del suolo italiano, intesa sia a carattere residenziale che produttivo, ha risentito di una mancata azione di governo del fenomeno che fosse coordinata a vari livelli istituzionali, comprendendo in questo contenitore sia le istituzioni in senso stretto (comuni, province e regioni) che le istituzioni in senso lato (università, associazioni di categoria, ordini professionali). Questo mancato presidio si è espresso soprattutto con una legislazione che ha dato ampi margini perché si arrivasse alla situazione in cui ci troviamo oggi.

Chiunque abbia avuto un’esperienza da amministratore locale ha potuto verificare il grosso limite degli strumenti urbanistici in vigore: il mancato adeguamento degli strumenti rispetto all’assetto istituzionale italiano. Spiego meglio: per quale motivo lo strumento urbanistico della città di Milano dovrebbe dare lo stesso potere, la stessa capacità di governo e si dovrebbe chiamare allo stesso modo (Piano di Governo del Territorio) dello strumento urbanistico a uso di un comune di 400 abitanti? Cosa “governa” un comune di qualche centinaio di abitanti? Cosa governano tanti piccoli comuni italiani confinanti uno con l’altro se non l’aumento di “disordine” urbanistico, sociale, commerciale e ambientale?

Prima questione che si dovrebbe sviluppare quando si ragiona sul contenimento del consumo di suolo dovrebbe essere quella relativa al grado di autonomia di un’istituzione locale rispetto all’attività di pianificazione territoriale che a oggi le competerebbe. I tanti piccoli comuni e le poche grandi città che ci caratterizzano, hanno o non hanno contesti così diversi da giustificare strumenti di governo delle politiche di governo del territorio diverse in funzione della porzione di territorio sul quale si va ad agire?
Chi, tra gli amministratori locali, ha esercitato una politica di contenimento di consumo di suolo l’ha potuto fare soprattutto perché la pressione edificatoria e la spinta imprenditoriale connessa, in questi ultimi anni, è venuta meno. Nonostante ciò l’amministratore locale, che dovrebbe essere, in primis, colui che ha a cuore la propria comunità intesa in una dimensione collettiva e non solo come insieme di tante istanze o di categorie elettorali (anziani, imprenditori, giovani coppie, ecc), risente pesantemente della fiscalità locale, fatta di mancati trasferimenti, mancato utilizzo dei residui attivi e patto di stabilità, quindi, per poter esercitare la propria azione politica arriva a rivolgere la sua attenzione sugli oneri di urbanizzazione.

Questo è uno dei principali meccanismi che innescano il consumo di suolo. La speculazione edilizia, il malaffare, i quartieri e le città dormitorio e tutta la serie di situazioni negative correlate a una sbagliata pianificazione urbanistica si innestano sulla politica degli oneri di urbanizzazione che quindi deve essere rivista e riformata.
A livello di amministratori locali manca inoltre una sensibilizzazione rispetto a quelle che dovrebbero essere le “buone pratiche”: il vero motivo che porta un amministrazione locale ad abbattere il consumo di suolo nel contesto di un comune medio piccolo, cioè nella maggior parte dei comuni italiani, deve essere l’attenzione verso la propria comunità e non verso la propria riaffermazione politica.

La tipica “situazione” urbanistica di un comune medio-piccolo è caratterizzata da una ripartizione delle aree residenziali, produttive e commerciali secondo una logica puramente localistica che si ferma ai confini del comune appunto. Questo ha portato in molti casi a uno sviluppo scriteriato di tutti i tessuti che si innestano sul tessuto principale, il suolo. In molti comuni i tessuti produttivi sono frazionati in più aree non contigue tra loro ma nemmeno con le aree produttive dei comuni confinanti. Stessa cosa per quanto riguarda il tessuto residenziale. Questo chiaramente ha delle chiare implicazioni sul tessuto sociale, produttivo e commerciale: una comunità con un’urbanistica disordinata, poco attenta a razionalizzare suolo, ha come conseguenza una comunità sparsa, che ha pochi luoghi di incontro e che tendenzialmente cerca al di fuori dal proprio contesto le cose di cui ha bisogno e i servizi di cui necessità. Questo porta ai quartieri e ai comuni dormitorio che caratterizzano buona parte della “provincia” che circonda Milano.

Un forte frazionamento del tessuto urbanistico e dei tessuti che si innestano sopra di esso, fa scadere anche il commercio locale: un piccolo imprenditore avrà buon gioco a insediare o allargare la propria attività commerciale nel momento in cui è certo che la propria attività sia facilmente raggiungibile e prossimale ai potenziali clienti più vicini. Una tipica famiglia che vive in un ridente quartiere-villaggio ai margini del centro cittadino di un comune di provincia se si trova nella condizione per dover utilizzare l’automobile per raggiungere un’attività commerciale preferirà un negozio di paese oppure un centro commerciale che offre maggiore scelta? Inoltre, in un centro commerciale c’è la stessa possibilità di entrare in contatto con la propria comunità oppure no?

Altra questione da tenere in considerazione quando si vorrebbe incentivare il contenimento di suolo per un amministratore locale è il costo dei servizi erogati dal comune. Quanto più si avrà un tessuto urbanistico razionalizzato, tanto più si godrà del contenimento della spesa per l’erogazione dei servizi e di conseguenza ci sarà di un contenimento dei costi a carico del cittadino/contribuente. Di contro in un comune medio-piccolo, saranno molto più costosi il trasporto scolastico, la raccolta dei rifiuti, l’approntamento delle reti tecnologiche e la manutenzione delle stesse quanto più il tessuto residenziale, produttivo, commerciale saranno frazionati e dispersi.

Molto utile per contenere il consumo di suolo quindi sarebbe una legge, sia nazionale che regionale che riformi la pianificazione urbanistica e vada a toccare anche la fiscalità locale.
Ad oggi, nel consiglio regionale lombardo, ci si appresta a far passare una legge per il contenimento del consumo di suolo che non ha i giusti presupposti per essere efficace: i motivi di questo sono ben spiegati da Andrea Arcidiacono e Damiano Di Simine nell’articolo comparso il 5 novembre scorso su queste pagine. Addirittura questa legge, potrebbe innescare ulteriore consumo di suolo. Come dicono Arcidiacono e Di Simine si dovrebbe ritornare alla precedente formulazione per poter dire di aver promulgato una legge efficace.
I punti che dovrebbero essere fatti reinserire per contenere efficacemente il suolo sono: 1. il contenimento dei cosiddetti “residui” presenti negli strumenti urbanistici (aree edificabli non ancora realizzate mutuate da strumenti urbanistici precedenti); 2. Subordinazione della facoltà di pianificazione alla costituzione di raggruppamenti di aree omogenee, raggruppamenti di comuni e istituzioni che coprano un territorio inteso come contiguo e omogeneo in raccordo a assonanza con la pianificazione degli enti di area vasta.

Auspico che la maggioranza del consiglio regionale lombardo riveda la propria posizione e riavvii il percorso di confronto sul tema interrotto lo scorso luglio con le minoranze.
Per il contenimento del consumo di suolo, che considero una priorità oltre alle leggi fatte dalle istituzioni, oltre a una politica promossa dai partiti che diffonda sensibilità e buone pratiche amministrative, all’impegno di sensibilizzazione ed elaborazione delle istituzioni accademiche, serve che ciascun cittadino, sia esso di un piccolo comune o di una grande città, recuperi una dimensione di comunità di cui fa parte in modo da intendere la salvaguardia del “bene comune” e quindi anche del suolo, non come un limite alla propria emancipazione ma come la possibilità di sviluppo e crescita di un’intelligenza collettiva che ha un ritorno di più lungo termine.

*Già vice sindaco del Comune di Torre Pallavicina

Nessun commento :

Posta un commento

Grazie per il tuo commento, iscriviti al blog per ricevere gli aggiornamenti