Il
tema della governance
del trasporto pubblico dovrebbe essere al centro della pianificazione
regionale anche in vista dell’entrata a regime del riordino degli Enti Locali
prefigurato dal DL
95/2012 che prevede, nel caso della Liguria, l’accorpamento di due province
(Savona e Imperia) e la trasformazione della Provincia di Genova in Città
Metropolitana.
Diciamo
subito che la legge proposta presenta alcune luci e molte ombre, e pur
ispirandosi qua e là a principi condivisibili, non raggiunge complessivamente
l’obiettivo di dare al trasporto pubblico locale un assetto tale da garantirne
l’efficacia e il soddisfacimento delle esigenze dei cittadini liguri.
Positiva
appare l’introduzione del concetto di Ambito Territoriale Ottimale per il TPL
che inquadra giustamente il concetto di mobilità in un sistema territoriale di
riferimento, ma proprio per questo occorre una maggiore definizione del
soggetto che andrà a progettare e gestire questo ambito, mentre l’Osservatorio
proposto appare come una entità “a staff” il cui ruolo è poco più che
consultivo.
E’
auspicabile quindi una rielaborazione del testo in sede di Commissione, cui
abbiamo avuto modo di fornire, nel corso di una audizione, una dettagliata
relazione, qui riportata sulle osservazioni, le perplessità, i suggerimenti per
arrivare all’adozione di un testo maggiormente rispondente alle esigenze di una
legge che deve, prima di tutto, garantire un servizio di mobilità pubblica
migliore e più integrato rispetto all’attuale, pur partendo dalla necessità di
ottimizzare le risorse sempre più scarse messe a disposizione dallo Stato.
Osservazioni
al disegno di legge regionale n° 64/2012 - Riforma del sistema di trasporto
pubblico regionale e locale.
Capo I – Finalità
Art.
1 - Finalità
Sarebbe
stato bene fare una introduzione che evidenziasse il valore sociale, ambientale
ed economico del TPL , ed il suo carattere di servizio pubblico di primaria
importanza per garantire il diritto alla mobilità delle persone. Di questo
aspetto invece non si fa cenno, e tale mancanza appare particolarmente evidente
e grave.
Positiva
appare l’introduzione del concetto di Ambito Territoriale Ottimale per il TPL,
come, fra l’altro, da noi già proposto in passato, per ricondurre il concetto
di mobilità a quello di sistema territoriale.
Capo II – Definizioni
Art.
4 – Servizi minimi
E’ di fondamentale importanza la
determinazione dei servizi minimi, che sono quelli a carico della Regione.
Il
D.Lgs 422/97 definisce i servizi minimi come quelli qualitativamente
e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei
cittadini e i cui costi sono a carico del bilancio delle Regioni
(art. 16 comma 1).
I
servizi minimi devono essere definiti tenendo conto (art. 16 comma 1):
a.
dell’integrazione tra le reti di trasporto;
b.
del pendolarismo scolastico e lavorativo;
c.
della fruibilità dei servizi da parte degli utenti per l’accesso ai vari
servizi amministrativi, sociosanitari e culturali;
d.
delle esigenze di riduzione della congestione e dell’inquinamento.
Non
si tratta, come si vede, di garantire solo gli spostamenti per esigenze
scolastiche o di pendolarismo casa-lavoro, ma, più in generale, una copertura
più ampia di tali casistiche, ben al di là delle ore di punta.
Naturalmente
per poter fare una accurata stima di queste necessità occorre avere a disposizione
i dati relativi alla domanda diffusa di mobilità, presente e potenziale.
Definiti
quindi gli strumenti per la simulazione del sistema di trasporto, è possibile
valutare quantitativamente ogni configurazione di offerta di trasporto e,
pertanto, progettare la rete dei servizi minimi.
Dal
punto di vista qualitativo, è
necessario precisare che la Regione ha il compito di definire la Carta della
Mobilità, in cui devono essere precisati gli standard qualitativi minimi
del servizio, gli indicatori per la loro misurazione ed i criteri per il
monitoraggio.
Per
la definizione della Carta della Mobilità si deve far riferimento al D.P.C.M.
28/98 (Schema generale di riferimento per la predisposizione della carta dei
servizi pubblici nel settore trasporti – Carta della mobilità).
In
essa sono definiti come “fattori di qualità del viaggio” i seguenti:
-
sicurezza del viaggio;
-
sicurezza personale e patrimoniale del viaggiatore;
-
regolarità del servizio e puntualità dei mezzi;
-
pulizia e condizioni igieniche dei mezzi e/o dei nodi;
-
comfort del viaggio;
-
servizi aggiuntivi (a bordo e/o nei nodi);
-
servizi per viaggiatori con handicap;
-
informazioni alla clientela;
-
aspetti relazionali/comunicazionali del personale a contatto con l’utenza;
-
livello di servizio nelle operazioni di sportello;
-
attenzione all’ambiente.
Per
ogni fattore sono definiti diversi indicatori di valutazione; il livello minimo
dello standard di qualità deve essere definito dalla Regione.
Attraverso
la stima degli indicatori, in fase di monitoraggio del sistema, è possibile
conoscere, tra l’altro, il grado di apprezzamento del servizio da parte degli
utenti.
Art.
5 – Servizi aggiuntivi, integrativi e complementari
· S. aggiuntivi:
integrano i s.minimi e sono a carico degli Enti Locali (Provincie, Comuni)
· S. integrativi:
integrano i s.minimi ma non sono a carico degli Enti pubblici (fatti da
privati)
· S.
complementari: ad esempio car sharing e bike sharing non a carico della
Regione. Sono disciplinati dai Comuni.
Osserviamo
che le risorse complessive del sistema della mobilità sono comunque sempre in
capo allo Stato, che le distribuisce alle Regioni in base a criteri abbastanza
arbitrari, attribuendo fondi solo in parte strutturalmente dedicati a tale
capitolo[1].
Non
è ben chiaro (già a partire dal decreto 422/97) se i servizi aggiuntivi, quelli
cioè che devono essere finanziati dagli Enti Locali che li istituiscono,
debbano essere inseriti negli strumenti di programmazione e se debbano essere
affidati congiuntamente ai servizi minimi. E’ necessario comunque considerare
che, data la definizione dei servizi minimi contenuta nel decreto, il ricorso
ai servizi aggiuntivi da parte degli Enti Locali dovrebbe essere marginale.
E’
fondamentale, infatti, che non venga messo in discussione l’effetto rete dato
dalla connessione di linee a maggiore e a minore intensità, che è una delle
condizioni perché il TPL sia davvero un servizio utile per il territorio nel
suo complesso.
Nel
complesso si rileva una certa farraginosità dell’impianto programmatorio e
gestionale che potrebbe non riuscire, dunque, a superare la frammentazione
dell’attuale quadro decisionale. Il ruolo delle Province, e, in prospettiva,
della Città Metropolitana, potrebbe essere valorizzato preferendo, rispetto al
ricorso ad Accordi di Programma separati, l’impiego di Conferenze di servizi
(sul modello già adottato in altre Regioni: Campania, Lazio, Lombardia, Puglia,
Toscana, Veneto) lasciando poi ai diversi enti locali il compito di
gestire le successive determinazioni a livello intercomunale.
Nell’Art.
6, comma 2 lett. b) quando si dice
che la Regione approva il programma dei servizi, ecc., sentite le
organizzazioni sindacali, il Comitato regionale per i problemi del consumo e
dell’utenza e la Consulta regionale dell’handicap, non si fa cenno alle
associazioni degli utenti del TPL che pure sono i principali fruitori del
servizio.
Art.
8 – Ambito Territoriale Ottimale regionale per il trasporto pubblico e locale
Come
già detto, è positiva l’istituzione dell’ATO regionale che tuttavia appare
alquanto povero di contenuti. Non si capisce infatti quali siano le sue
effettive attribuzioni e quali i suoi compiti, aldilà delle definizione
spaziale (territorio regionale). L’ATO appare, a questo stadio, poco più di una
definizione astratta.
Comma
2, lettera b): la regione non deve solo gestire il Contratto di servizio, ma
deve anche elaborarlo e farlo assumere dal gestore. Questo è un dato
importantissimo perché è nel CdS che sono indicate puntualmente tutte le
richieste e le clausole che la Regione fa sottoscrivere al gestore.
Comma
3: la regione DEVE invece che “può” destinare una quota pari almeno all’1%
delle sue risorse per implementare quelle da destinarsi al contratto di
servizio.
Art.
9 – Accordi di Programma
Appare
maggiormente opportuno che la Regione mantenga in capo la responsabilità
pianificatoria e gestionale dell’intero bacino, esclusi, eventualmente, i
servizi interni dei Comuni capoluogo e attivando una stretta sinergia con la
futura Città Metropolitana, le cui problematiche si intrecciano necessariamente
con l’intero bacino regionale, andando anche oltre. Il ruolo pianificatorio
delle Province dovrebbe essere ricompreso, come si diceva, tramite la
partecipazione ad apposite Conferenze di Servizi.
Art.
10 – Competenze regionali e comunali sugli impianti fissi
Sono
da ricomprendere nelle competenze della Regione anche le stazioni ferroviarie
gestite da RFI (piccole stazioni) dato che sono in condizioni assai precarie,
allo scopo di rivitalizzarle e di dotarle di servizi al territorio. Non solo
riaprire le biglietterie, ma usarle come uffici turistici al servizio dei
Comuni. Per questo ovviamente i corrispondenti fondi statali saranno dirottati
sulla Regione, che li utilizzerà di concerto con i Comuni.
Capo IV – Gestione del Servizio di
trasporto pubblico regionale e locale
Art.
11 – Affidamento del servizio
Viene
contemplata la possibilità di affidare i servizi pubblici ad un unico gestore:
ci si riferisce unicamente ai servizi minimi? Oppure si possono ricomprendere
anche altre tipologie? Questo punto andrebbe meglio chiarito.
Art.
12 – Contratto di Servizio
Non
sono stati previsti parametri che incentivino la maggiore qualità del servizio
(es.: riduzione tempi di percorrenza). Sul tema del contratto di servizio ci
sarebbe moltissimo da dire, e rimandiamo ad una ulteriore trattazione.
Art.
13 – Sostituzione del soggetto gestore
Viene
inserita una clausola sociale che tutela giustamente il personale nel caso
un’azienda perda l’affidamento;
Art.
14 – Subaffidamenti
Nell’ambito
dei livelli minimi di servizio il soddisfacimento delle esigenze di mobilità
nei territori a domanda debole è previsto anche tramite il sub affidamento del
servizio ad ulteriori soggetti imprenditoriali, che possono essere anche a taxi
e affini.
Art.
15 – Tariffe
La
Regione è il soggetto che ha la responsabilità della politica tariffaria.
Viene
introdotta la possibilità di effettuare una diversificazione delle tariffe
in base all’ora, alla frequenza o alla continuità d’uso o alla condizione
reddituale.
Osserviamo
come questo articolo si ponga in contrasto con quanto sancito dall’Art. 1 comma
1 ove si parla di “offerta indifferenziata”.
Pensiamo
che la diversificazione delle tariffe non si possa applicare ai servizi minimi
ma solo, al limite, a quelli aggiuntivi.
Appare
positiva l’introduzione della bigliettazione elettronica, tuttavia osserviamo
che da anni ci stiamo trascinando senza risultati e con un grande dispendio di
risorse il cosiddetto progetto “BELT”. E’ appena il caso di osservare che non è
il biglietto elettronico (utile per avere il controllo dei flussi) a fare
l’integrazione tariffaria, quanto piuttosto una precisa scelta di politica
della mobilità.
Art.
16 – libera circolazione delle Forze dell’Ordine sui mezzi del TPL
Ora,
se è lecito che un Pubblico Ufficiale viaggi gratuitamente sui mezzi pubblici
quando è nell’esercizio delle sue funzioni, non si vede perché la Regione ne
debba pagare il prezzo a Trenitalia (che è un’azienda pubblica a tutti gli
effetti, appartenendo per il 100% al Ministero del Tesoro). Proponiamo quindi
di rivedere questo punto nel senso sopradescritto.
Art.
17 – Osservatorio Regionale dei Trasporti
L’ORT
si configura come il braccio “tecnico” della Regione in tema di trasporti. Non
si è voluto creare una vera e propria Autorità, tuttavia questo ufficio, se
funzionerà, sarà molto utile per creare un nucleo di conoscenze tecniche e di
pratiche programmatorie.
Sarebbe
meglio che tale ufficio non fosse “a sostegno” della programmazione, ma fosse
l’organo cui dare mandato per la programmazione del servizio in tutta la sua
complessità, dotandolo di adeguato personale e risorse.
Vedremo
quanto potrà davvero incidere sulle scelte e quale sia la reale volontà di
farlo funzionare. La decisione di affidare la progettazione del trasporto
pubblico regionale a FILSE non ci pare (con tutto il rispetto) una garanzia per
una efficace riorganizzazione nel senso voluto dagli utenti, poiché appare
piuttosto come una operazione puramente finanziaria per fare tornare i conti. Dovrebbe
essere il servizio (qualità e quantità) il protagonista dell’operazione, che
però non sappiamo quanto verrà salvaguardato.
Tra
parentesi, non si fa cenno a possibili forme di consultazione/collaborazione
nei confronti delle associazioni di consumatori o di utenti, che nel caso di un
osservatorio sarebbero tra i naturali interlocutori.
Capo V – Contributi per investimenti
nel settore del Trasporto Pubblico regionale e locale
Art.
18 – Concessione Contributi
La
Regione "può" concedere contributi: ma non si dice quanto, come
minimo. Non vi è nulla di certo per il TPL, la situazione regionale segue da
vicino quella nazionale.
Art.
21 – Investimenti per il trasporto ferroviario regionale
E’
positivo che la Regione voglia dotarsi di un proprio materiale rotabile, anche
se ai ritmi attuali, la flotta regionale non la vedranno neppure i nostri
nipoti.
Art.
22 – Vincoli
Bene
che i mezzi acquistati con il contributo della Regione restino in Liguria e non
“migrino” altrove, anche perché questo dovrebbe incentivare l’acquisto di mezzi
più idonei alle caratteristiche del nostro territorio, cosa ad oggi per nulla
realizzata.
Capo VI- Disposizioni generali
Art.
25 – Informazioni all’Utenza
Occorre
in questo articolo specificare meglio la necessità di dare informazioni integrate
(tra i diversi mezzi di trasporto, tra ferro e gomma ad esempio) e tempestive
(anche durante il viaggio se necessario).
[1] Si
stima in un miliardo e 600 milioni nei prossimi tre anni (2013-2015) il gettito
proveniente dalle accise dei carburanti per finanziare i servizi di trasporto
pubblico locale di bus e treni, a fronte di un fabbisogno annuo che è
attualmente di circa 5 miliardi di euro. Questa stima deve però fare i conti
con l’attuale calo dei consumi che ha portato nel 2012 ad un calo del gettito
fiscale del 7,2%. Gian Primo
Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, afferma che il rischio è
che il dato possa diventare una tendenza marcata: "C'è il pericolo che il
calo perduri nel 2013. Se dovesse succedere costerebbe allo Stato 2,6 miliardi
di euro in un anno".
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