a cura di Sonia Zarino (architetto, urbanista)

giovedì 28 febbraio 2013

Ripartire dalle funzioni per un efficace riordino degli Enti Locali

Province si, province no, città metropolitane, macro-regioni: il tema della riorganizzazione degli Enti Locali si impone all’attenzione dell’opinione pubblica ormai da molti anni, ma nonostante  la notevole mole di studi, analisi e dispositivi di legge fin qui prodotti, esso sembra lungi dall’essere stato risolto.

I provvedimenti più recenti, in particolare, prefigurando soppressioni e accorpamenti, tradiscono la prevalente volontà di conseguire soprattutto dei risparmi economici più che un efficace riordino degli Enti e finiscono per proporre una riorganizzazione che prescinde dai criteri che dovrebbero invece essere posti alla base della ridistribuzione delle diverse funzioni attribuite alle autonomie locali a garanzia del loro corretto funzionamento nell’interesse dei territori amministrati.
Riteniamo utile affrontare la questione utilizzando quale traccia per il ragionamento il testo di una relazione[1] prodotta dal prof. Francesco Merloni sullo stato attuale delle riforme in cui emerge come prioritario il tema dell’attribuzione delle funzioni quale premessa per un coerente e funzionale riassetto degli Enti Locali.
Parlando delle funzioni, possiamo concordare sul fatto che sarebbe auspicabile una loro maggiore semplificazione e ridefinizione intanto per eliminare quelle ormai obsolete e soprattutto i “doppioni” che si sono stratificati nel corso delle varie riforme e che hanno finito per mettere in discussione il principio costituzionalmente garantito dell’autonomia dei diversi livelli di governo locale.

La mancata chiarezza nella distribuzione delle funzioni è stata del resto la causa principale dei fallimenti incontrati dai tentativi di riforma succedutisi negli ultimi anni, ed è per questo che occorre ripartire dai criteri in base ai quali ridistribuire le funzioni tra gli Enti se si vuole ottenere una riforma finalmente efficace ed al passo con le nuove esigenze di sviluppo e coesione territoriale.

Partendo dall’analisi delle norme costituzionali post-riforma del titolo V, si evince che in tutto il territorio nazionale i Comuni e le Province devono avere lo stesso livello minimo di funzioni fondamentali. Vi è una netta distinzione tra funzioni comunali e funzioni di area vasta: là dove il Comune non riesce ad assicurare una funzione fondamentale, subentra la Provincia (principio di sussidiarietà).

La differenziazione nell’individuazione delle funzioni va fatta a livello regionale, perché la Regione ha anche il compito di individuare altre funzioni da delegare, oltre a quelle fondamentali.

Si può osservare che, a seguito della riforma del titolo V, è stato riconosciuto il principio della sussidiarietà tra gli Enti, limitando il principio di uniformità alle funzioni fondamentali individuate con legge dello Stato.

Anche per questo l’individuazione delle funzioni fondamentali da attribuire agli Enti Locali è preordinata ad ogni riforma in quanto consente una revisione organica delle funzioni stesse, depurandole dalle superfetazioni causate dal sovrapporsi di riforme successive e a volte incoerenti tra loro.

Possiamo dire che, a distanza di dodici anni dalla riforma del titolo V, il percorso stabilito per la definizione e l’attribuzione delle funzioni ha subito molteplici  rallentamenti e cambi di rotta, e risulta di fatto interrotto, senza che i nuovi provvedimenti abbiamo conseguito significativi risultati in termini di semplificazione e razionalizzazione delle competenze attribuite agli Enti Locali.

Cosa si può fare?

Ci troviamo attualmente in una fase di stallo, mentre si annunciano novità importanti quali la concretizzazione, dal 1 gennaio 2014, delle città metropolitane. E’ il momento per riprendere il dettato costituzionale per darvi una ordinata e razionale attuazione, partendo come ovvio dalla individuazione delle funzioni degli Enti Locali.

In Italia si distinguono funzioni di prossimità, di competenza comunale, e funzioni di area vasta (provincia, città metropolitana). I Comuni svolgono tutti le stesse funzioni, indipendentemente dalla loro taglia territoriale e demografica. Questo aspetto pone non pochi problemi, di natura organizzativa e soprattutto economica, per i piccoli comuni, che devono raggiungere una dimensione adeguata per svolgere effettivamente le funzioni comunali.[2]

Anche il secondo livello di governo locale possiede le stesse funzioni, estese all’area vasta ed assicurate nei confronti dei Comuni del territorio (pianificazione urbanistica, trasporti, ambiente, lavoro e formazione professionale).Alle funzioni di area vasta corrisponde un autonomo livello di governo che si distingue dal livello corrispondente alle funzioni comunali, anche quando esse siano svolte in forma associativa intercomunale.

Se non è auspicabile un eccessivo ricorso dell’attribuzione di funzioni comunali al secondo livello, occorre risolvere il problema della relativamente piccola taglia di moltissimi Comuni. Per far ciò, occorre riportare il territorio comunale alle dimensioni adeguate allo svolgimento delle sue proprie funzioni, operando per via di accorpamenti o in alternativa per via di associazione e collaborazione.Le forme associative tra Comuni, in particolare, sono lo strumento per svolgere in modo condiviso le funzioni propriamente comunali.

Tali forme possono essere più o meno “forti” in funzione del livello di gestione integrata che i vari Comuni si ripropongono di ottenere, e contenere garanzie democratiche per i cittadini in grado di rappresentarne adeguatamente le istanze e le volontà.

Per quel che riguarda le funzioni di area vasta, esse consistono:

a)  Nelle funzioni la cui dimensione di esercizio supera chiaramente quella comunale. Nel caso dei Comuni grandi e delle Città metropolitane le funzioni di area vasta interferiscono necessariamente con quelle comunali, in gran parte sovrapponendovisi;

b)  Nelle funzioni ad elevato contenuto tecnico non organizzabili a livello comunale;

c) Nelle funzioni da svolgersi “nei confronti dei Comuni (es.: programmazione, coordinamento, localizzazione (positiva o negativa) di interventi pubblici anche complessi, dove la decisione amministrativa deve valutare i diversi interessi pubblici in gioco, ma senza esserne direttamente condizionata”[3].

La partecipazione attiva dei Comuni resta ovviamente un elemento imprescindibile, tuttavia è importante affermare il principio che, in caso di conflitti, l’ultima parola spetta all’ente di area vasta.

Quanto alle funzioni relative all’area vasta, occorre in primo luogo considerare, aggiornandole, quelle già previste dal Tuel e che sono:

a)  Le funzioni in materia di ambiente (difesa del suolo, tutela contro l’inquinamento, protezione della natura);

b) La viabilità provinciale, da coordinare strettamente con quella dei vari comuni tanto per la parte di programmazione quanto per quella della manutenzione;

c) Le funzioni in materia di mercato del lavoro (sicurezza, offerta e domanda, formazione professionale);

d)  L’assistenza tecnica ai Comuni che va potenziata (uffici unificati, stazioni appaltanti unificate, coordinamento dei dati, utilizzo delle tecnologie informatiche, ecc.);

e)  Il governo del territorio, coordinando sempre meglio gli strumenti di pianificazione territoriale con quelli di governo locale e di attuazione, incentivando le scelte localizzative condivise dei servizi ed impianti di livello comprensoriale per evitare inutili duplicazioni e mettere a sistema le risorse. Il piano territoriale di coordinamento dovrebbe avere una valenza maggiormente cogente sulle scelte di area vasta e le conseguenti ricadute a livello comunale;

f)  I trasporti pubblici locali sono da organizzarsi, al minimo, secondo bacini di livello provinciale (o di città metropolitana);

g)  La raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti necessitano di una gestione integrata a livello provinciale (o di c.m.), anche per consolidare una filiera basata sull’uguale differenziazione dei rifiuti e la conseguente migliore qualità del prodotto da avviare al riciclo che porterebbe non solo a risparmi di gestione ma anche a maggiori ricavi dalla vendita del rifiuto separato;

h)  Servizio idrico integrato (distribuzione dell’acqua e depurazione) per ridistribuire le risorse e supportare soprattutto le piccole realtà nella realizzazione e manutenzione degli impianti;

i) Distribuzione dell’energia promuovendo la creazione di impianti di micro-generazione da mettere in rete e sfruttando fonti rinnovabili (sole, vento, biomasse, ecc.);

j)  Le funzioni in materia di edilizia scolastica sono da riconnettere con quelle della programmazione dell’offerta formativa;

k)  Le funzioni inerenti i servizi sociali andrebbero conferite in toto ai Comuni;

l)   Le funzioni inerenti lo sviluppo economico andrebbero conferite completamente alla Regione.

Alla luce dell’assetto legislativo vigente, è la Provincia (e, a breve, la città metropolitana) l’ente cui tali funzioni debbono essere attribuite, adeguando alle funzioni le Province esistenti, ridisegnandone il territorio in conseguenza di una sua rilettura in grado di attualizzare i bisogni e le aspettative, arrivando ove necessario ad una scomposizione/ricomposizione dei confini attuali che non è fattibile operando dal centro.

Occorre operare in modo articolato su base regionale possibilmente fissando dei requisiti minimi uniformi su base nazionale che tengano conto tanto dell’ampiezza territoriale quanto della densità della popolazione, alla ricerca di un equilibrio in grado di portare ad una effettiva efficacia gestionale delle diverse funzioni.

Anche gli organi di governo possono essere semplificati e ridotti, senza tuttavia sottovalutare l’importanza di garantire adeguate rappresentanze democratiche ai territori coinvolti.





[1] Semplificare il governo locale? Partiamo dalle funzioni. F. Merloni, pubblicato sul sito dell’associazione Astrid.

[2] I comuni fino a 1000 abitanti e fino a 5000 devono esercitare obbligatoriamente in forma associata, attraverso Unione di Comuni o convenzione tutte le sei funzioni fondamentali indicate nell’articolo 21, comma 3 della legge 42/2009.


[3] Semplificare il governo locale? Partiamo dalle funzioni. F. Merloni

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