Quello della mobilità in tali
aree è un campo che la pianificazione in Italia dovrà affrontare in modo più
completo e multidisciplinare rispetto a quanto fatto fino ad oggi, complice uno
spezzettamento di competenze tra i vari enti e aziende erogatrici di servizi di
trasporto, che agiscono nella più completa autonomia ed in assenza di
disegni strategici di medio e di lungo periodo a livello territoriale.
La Liguria e il territorio di Genova rientrano a pieno titolo in questo scenario. Da tempo il piano regionale dei trasporti aspetta di vedere la luce, e anche la legge regionale in itinere sul riordino del trasporto pubblico giace in una fase di stallo.
D’altra parte, l’approssimarsi
della creazione della città metropolitana di Genova pone pressanti quesiti in
ordine alla valutazione di una diversa e più efficiente organizzazione ed
integrazione della mobilità nella nuova entità, che assicuri, tra l’altro, un
soddisfacente livello di accessibilità dei cittadini a tutto il suo territorio.
Appare necessario dotarsi di
nuovi strumenti di pianificazione e di gestione della mobilità all’interno di
un’area metropolitana, e per questo riteniamo interessante e utile analizzare
quanto è stato fatto in questo settore, con ottimi risultati, nella vicina
Francia, che ha affrontato già da diversi anni questa esigenza accumulando un
significativo patrimonio di esperienze di successo.
Forse analizzando e cercando di
risolvere la mobilità all’interno di una grande area metropolitana come quella
di Genova si troverebbe anche la chiave per sbloccare le prospettive
pianificatorie a livello regionale che attualmente appaiono imprigionate da
troppe logiche settoriali e da interessi particolari che nulla hanno a che fare
con uno spirito autenticamente votato ad una visione di lungo periodo e che
sappia agire, davvero, nell’interesse dei cittadini.
Il dato che emerge con grande
evidenza, possiamo anticiparlo sin d’ora, è la reale volontà di coordinare
tutti gli aspetti della mobilità per cogliere e potenziare le strategie,
monitorare i risultati, correggere il tiro là dove serve: solo attraverso tale
volontà condivisa da tutti gli attori decisionali di tenere insieme tutte le
variabili che definiscono il tema della mobilità è possibile giungere a risultati
soddisfacenti, in grado di migliorare sensibilmente la qualità della vita nelle
aree urbane interessate.
Il Piano degli Spostamenti Urbani (PDU)
Il piano degli spostamenti urbani
(PDU Plan de Déplacements Urbains) è stato istituito in Francia dalla legge
LOTI nel 1982. Dal 1996 è stato reso obbligatorio per le città con più di
100.000 abitanti, e meglio definito nei suoi contenuti e nelle procedure di
elaborazione.
Il piano degli spostamenti urbani
è uno strumento globale di pianificazione della mobilità alla scala di una area
metropolitana, e serve per definire i principi dell’organizzazione del
trasporto e della sosta delle persone e delle merci, integrando il più
possibile tutte le diverse modalità.
Esso coordina politiche
settoriali che tendono a favorire mezzi di trasporto alternativi all’auto
privata e si propongono di gestire i flussi e la sosta integrando vari temi
chiave aventi una natura trasversale: la protezione dell’ambiente,
l’integrazione tra politiche urbane e mobilità, l’accessibilità dei trasporti
per tutti, la sicurezza degli spostamenti.
Al di là della pianificazione, il
PDU è anche uno strumento di programmazione, poiché stabilisce delle priorità e
prevede il finanziamento delle misure adottate, imponendosi sui piani
urbanistici locali, sugli atti e sulle decisioni prese dai sindaci e dai
gestori stradali in qualità di ufficiali di polizia urbana.
Il PDU, infine, in una reale ottica partenariale, associa nel corso della
sua elaborazione prima e della sua valutazione poi, diversi attori
istituzionali e della società civile per condividere un progetto di mobilità al
servizio degli abitanti e delle attività locali.
Obiettivo primario:
la riduzione del traffico automobilistico
Il PDU si sviluppa in funzione di
alcuni grandi obiettivi strategici, tra i quali figura la diminuzione del
traffico automobilistico. I mezzi che la legge mette a disposizione del piano utilizzano
la pianificazione urbanistica, l’organizzazione e la gestione dei trasporti,
l’analisi dei diversi modi di spostamento, per arrivare alla messa in campo di
azioni circa le modalità di trasporto alternative all’uso dell’auto.
Attraverso una migliore
integrazione con la pianificazione urbana, il PDU deve permettere un maggiore
utilizzo delle reti di trasporto collettivo già esistenti e favorirne
l’utilizzo per gli spostamenti di corto raggio. Gli spostamenti a piedi e
tramite bicicletta costituiscono, in questi casi, già delle valide alternative
all’uso dell’auto.
Il PDU si integra con la
pianificazione, ad esempio, anche favorendo lo sviluppo urbano attorno alle
fermate del trasporto pubblico esistenti o in progetto. Altro importante
obiettivo del PDU è quello di facilitare gli spostamenti di corto raggio a
piedi e in bicicletta tramite la creazione di una maglia estesa di esercizi
commerciali e di servizi di vicinato, anche destinando parte delle carreggiate
viarie a questo tipo di spostamenti (marciapiedi più larghi e dotati di verde,
piste ciclabili, ecc.).
Gli strumenti a disposizione del piano
Il piano dispone di un insieme di
strumenti per indirizzare gli spostamenti individuali effettuati con mezzi
motorizzati verso alternative più sostenibili:
- Azioni che riguardano i mezzi di trasporto, migliorando l’utilizzo della sede stradale all’interno dell’area metropolitana tramite una diversa ripartizione anche fisica della sede tra i diversi mezzi e modi di trasporto e migliorando altresì i livelli di informazione sulla circolazione;
- Sviluppo dei trasporti in comune;
- Sviluppo delle modalità di trasporto che inquinano di meno (spostamenti a piedi, bicicletta);
- Azioni sulla sosta pubblica definendo regole e tariffe per gli automobilisti privati e veicoli commerciali (fornitori), riservando stalli per le persone a mobilità ridotta, stabilendo misure specifiche per i residenti e i veicoli del car-sharing, favorendo i parcheggi per biciclette e delineando le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici o ibridi.
- Azioni sulla sosta privata delimitando i perimetri nei quali è possibile diminuire o sopprimere del tutto le previsioni di nuovi parcheggi pertinenziali là dove il livello dei servizi di trasporto pubblico lo permette, fissando nel contempo delle quote di base per la dotazione di spazi per la sosta delle biciclette;
- Organizzazione delle condizioni di approvvigionamento dell’area metropolitana tramite la regolamentazione degli orari di consegna delle merci e dei tipi di veicoli, l’utilizzo delle infrastrutture logistiche esistenti e la localizzazione delle infrastrutture di previsione entro una prospettiva multimodale.
Il piano promuove
la realizzazione dei piani della mobilità delle imprese e delle collettività
pubbliche. Promuove inoltre l’organizzazione di una tariffa e di una
bigliettazione integrata. L’insieme di questi campi d’azione è illustrata in
una serie di misure concrete che il piano propone ed articola.
Tre grandi temi chiave trasversali
- Il miglioramento della sicurezza degli spostamenti
Il piano deve migliorare la
sicurezza dei cittadini più vulnerabili, che sappiamo essere i pedoni e i
ciclisti.
- L’accessibilità dell’intera “catena” degli spostamenti alle persone con ridotta mobilità
Si intendono qui le persone che
presentano qualunque forma di handicap (motorio, sensoriale, cognitivo e
psichico) o che presentano forme di mobilità ridotta temporanee. Questa misura
rende necessario porre una particolare attenzione su tutti gli aspetti che
riguardano, in qualche modo, le necessità di spostamento: l’eliminazione delle
barriere architettoniche negli edifici, sui mezzi, nelle strade e negli spazi
pubblici, con particolare riguardo ai passaggi dall’uno all’altro elemento.
- La protezione dell’ambiente
Il piano ha l’obiettivo di
assicurare l’equilibrio tra i bisogni di mobilità da una parte e la protezione
dell’ambiente e della salute dall’altra, promuovendo i modi di trasporto meno
inquinanti per lottare anche contro i cambiamenti climatici dovuti ai gas serra.
A tale scopo il piano prevede il calcolo delle emissioni di CO2 al momento
zero, e il calcolo delle stesse dopo 5 anni dall’approvazione per misurarne gli
effetti concreti.
Su quale perimetro territoriale opera il piano degli spostamenti urbani
Il piano agisce sul territorio di
competenza dell’Autorità organizzatrice dei trasporti urbani, avente per lo più
dimensione intercomunale.
Esso è obbligatorio per le
agglomerazioni urbane con più di 100.000 abitanti. In Francia tali realtà sono
ormai ben 60 e raggruppano la metà dell’intera popolazione francese.
Da notare come la legge, in
Francia, inviti a non assumere pedissequamente, a base del piano, il perimetro dei trasporti collettivi in opera
nell’area di riferimento, osservando come tale perimetro non corrisponda
necessariamente ai bacini di interesse degli abitanti dell’agglomerazione. Il
pianificatore è chiamato a svolgere una riflessione considerando scale
territoriali diverse, anche se le azioni del piano potranno essere applicate
solo entro l’ambito di riferimento.
La legge francese prevede che il
PDU possa essere elaborato alla scala dello schema di coerenza territoriale
(che potremmo assimilare al nostro Piano Territoriale di Coordinamento),
favorendo così il coordinamento della pianificazione urbana strategica con
quella dei trasporti. Il piano degli spostamenti urbani non ha la stessa
portata territoriale dello schema di
coerenza territoriale, tuttavia una riflessione a questa scala più ampia
permette di meglio conoscere e comprendere il sistema della mobilità declinando
azioni congruenti con esso all’interno del PDU, ma anche con quanto avviene in
tema di trasporti a livello di dipartimenti e di regioni nei territori
limitrofi, arrivando anche ad instaurare forme di cooperazione e di governance
condivisa.
Chi elabora il PDU?
L’Autorità Organizzatrice del
Trasporto Urbano è l’organismo individuato per elaborare il piano. Essa nelle
aree urbane con più di 100.000 abitanti è composta prevalentemente da
rappresentanti delle varie amministrazioni intercomunali che dispongono di una
pluralità di competenze, o, in misura minore, dai consorzi che gestiscono i
trasporti pubblici. Il piano è comunque sempre il risultato della
collaborazione di numerosi attori, che portano ciascuno le proprie istanze e le
proprie competenze.
Dell’Autorità
fanno parte lo Stato, la Regione e il Dipartimento, quali enti responsabili del
trasporto e della viabilità. I comuni che fanno parte del PTU (perimetro dei
trasporti urbani) sono chiamati ad esprimersi sul progetto del PDU. L’Autorità
consulta anche i rappresentanti delle professioni e degli utenti dei trasporti,
le associazioni di persone disabili o a mobilità ridotta, le camere di
commercio e dell’industria e le associazioni ambientaliste.
I cittadini
hanno per legge la possibilità di esprimere il loro parere sul progetto finale,
tuttavia sta sempre più prendendo piede presso le Autorità la consuetudine di
organizzare forme di partecipazione anche nelle prime fasi di analisi e di
progetto (Cfr. l’esempio di Grenoble).
Le fasi del progetto
L’elaborazione
del piano è facilitata da organismi di controllo tecnici e politici e da studi
che supportano ed esplicitano le diverse fasi, dall’analisi all’approvazione
definitiva.
Nello schema
qui riprodotto sono rappresentati i ruoli degli attori coinvolti:
Organismo
|
Composizione
|
Ruolo
|
Comitato tecnico
|
Tecnici dell’Autorità dei trasporti, dei comuni, degli
uffici urbanistici comunali , delle altre collettività territoriali, dello
Stato aventi competenze sulla mobilità e l’urbanistica;
Rappresentanti degli attori tecnici (aziende di
trasporto, gestori di parchi logistici, trasportatori di merci…)
|
Prepara l’incarico
Segue la realizzazione degli studi
Propone scenari ed opzioni
Rendiconta presso il Comitato di Pilotaggio
|
Comitato de pilotaggio
|
Eletti dell’Autorità e dei Comuni
Eletti o rappresentanti del dipartimento e della
regione; rappresentanti dello Stato
|
Pianifica le fasi fondamentali
Analizza e definisce le opzioni
Decide gli orientamenti strategici
|
Il processo
di elaborazione di un PDU è relativamente lungo (da 2 a 4 anni), poiché
necessita di diverse tappe aventi lo scopo di costruire un progetto condiviso:
- Studi preliminari: permettono di analizzare le riflessioni condotte in precedenza in materia urbanistica e di trasporto, di esaminare gli strumenti “quadro” nei quali il Piano dovrà inscriversi e di elencare gli studi realizzati e i progetti in corso. Questa tappa permette di identificare i grandi temi del Piano. E’ la base da cui partire per sviluppare ogni tipo di considerazione e di proposta, e anche il livello di partenza sul quale andranno misurati i risultati ottenuti.
- Diagnostica: l’analisi condotta nel corso della ricognizione delle tematiche permette di mettere in evidenza i punti forti e, all’inverso, le disfunzioni della mobilità sul territorio, e di identificare la coerenza con le scelte urbanistiche. Questa fase si conclude con la formalizzazione degli obiettivi strategici.
- Scenari: l’approccio di prospettiva condotto in questa tappa permette una presa di coscienza da parte di chi deve compiere delle scelte politiche assumendo un certo scenario che mira a “correggere il tiro” rispetto alle tendenze in atto che si svilupperebbero spontaneamente (scenario “0”).
- Progetto: il progetto propone in modo integrato una serie di azioni e delle ipotesi di tempistica.
Definito il
progetto, ha inizio la fase di consultazione pubblica delle associazioni di
cittadini, seguita da un sondaggio sull’insieme della popolazione interessata.
Il progetto,
eventualmente modificato per tener conto delle conclusioni del responsabile del
sondaggio, è quindi approvato e assume valore giuridico.
La fase
della messa in opera può essere monitorata in modo regolare da autorità
tecniche e politiche. Esse avranno quale obiettivo di vegliare sull’avanzamento
delle azioni e di sgombrare le difficoltà dovute ad esempio alla molteplicità
degli attori nella messa in opera del Piano.
Le azioni del Piano
Il Piano
deve agire sull’insieme dei modi di spostamento urbani e su numerose leve:
offerta di trasporto, attrezzature, tariffazione e regolamentazione,
comunicazione, messaggi mirati a favorire il cambiamento dei comportamenti nei
confronti della mobilità.
- Sulle merci: regolamentazione dei veicoli commerciali e della sosta relativa. Razionalizzazione della logistica urbana.
- Intermodalità: tariffa integrata. Creazione di parcheggi di interscambio.
- Sosta veicolare: regolamentazione e tariffazione legata ad un efficace controllo. Progettazione degli spazi limitante l’offerta.
- Circolazione delle auto: schemi di gerarchizzazione delle strade. Zone a traffico “dolce”. Moderazione della velocità.
- Trasporti collettivi: sviluppo delle linee di trasporto pubblico. Ottimizzazione delle linee esistenti. Miglioramento della qualità (regolarità, frequenza).
- Modi attivi: zone a traffico dolce; riqualificazione degli spazi pubblici pedonali; aree di sosta pubbliche e private per le biciclette.
- Gestione della mobilità e nuovi servizi: messa in opera di centri per la mobilità e dei piani per la mobilità di grandi complessi (es.: centri d’affari, ospedali, ecc.). promozione dei nuovi servizi per la mobilità.
- Urbanistica e spostamenti: densificazione attorno alle stazioni e fermate dei trasporti collettivi (normativa dei piani regolatori). Studio e ottimizzazione della rete pedonale e ciclabile.
Il Piano deve
a tal scopo contenere anche delle norme vincolanti per Comuni e gestori delle
strade:
- Comuni: norme sulla sosta privata o pubblica;
- Gestori delle strade: norme sulla limitazione di velocità, sulla gerarchizzazione delle reti viarie o sulla realizzazione di infrastrutture di trasporto collettivo.
Gli strumenti di messa in opera del piano
Il piano
degli spostamenti urbani è un documento di pianificazione a media e lunga
durata, esso possiede tuttavia anche un carattere più operativo: l’Autorità
organizzatrice ha il compito di elaborare un calendario di decisioni e di
realizzazioni e di studiarne anche le
modalità di finanziamento.
In genere i
piani prevedono i primi risultati entro 5 anni (i tempi di un mandato politico)
ma si riferiscono a visioni più strategiche a 15-20 anni (è il caso ad esempio
di Nantes).
Le Autorità
cercano di solito di favorire l’integrazione del Piano con gli altri organismi
e strumenti che sul territorio si occupano del trasporto. Vengono così create
delle azioni specifiche, portanti su alcuni specifici settori o su assi
territoriali, che si iscrivono tuttavia nel contesto più ampio del piano[1].
Monitoraggio e valutazione
Il Piano
ogni 5 anni è soggetto ad una valutazione, tuttavia la legge non precisa la
metodologia da utilizzare a tal fine. Esaminando un certo numero di esperienze
fatte, si può concludere che molto raramente i presupposti del progetto di
piano sono stati rimessi in discussione, e che inoltre i vari approcci
convergono su di un certo numero di aspetti: la valutazione necessita di un
supporto politico forte e permette nella maggior parte dei casi di riunire i
partner essenziali e a volte i cittadini.
La
valutazione si basa soprattutto sulla messa in opera delle azioni del Piano e
sulla misurazione dei loro effetti, con la difficoltà metodologica di valutare
la loro efficacia a parità di condizioni.
Gli
strumenti utilizzati sono vari. Essi si basano sovente su osservazioni
combinate con altri dispositivi (analisi O/D, sondaggi a campione…).
Più
recentemente è stato introdotta (analogamente alla nostra procedura di VAS) un’altra
tipologia di valutazione, di tipo ambientale, che richiede di misurare gli
effetti del piano a priori al fine di scegliere gli scenari meno impattanti
sulla qualità dell’aria, sul clima acustico, le emissioni di gas serra o ancora
sul patrimonio e la biodiversità.
Il Piano può
essere infine oggetto di valutazione per apportare correzioni in funzione dei
risultati raggiunti a metà percorso.
Il PDU modello per i piani delle aree
metropolitane europee
30 anni dopo
la sua creazione il PDU francese è oggi uno strumento tra i più utilizzati
dalle autorità organizzatrici dei trasporti urbani. L’Europa ha nel 2007
adottato un “libro verde” della mobilità intitolato “Verso una nuova cultura
della mobilità urbana”, declinato nel 2009 in un piano d’azione che fa della
promozione dei “piani di mobilità urbana sostenibile” la sua azione primaria,
oggetto di diversi programmi finanziati dalla commissione europea.
[1]
Particolarmente interessante il caso di Genoble che ha dato vita al “contratto
di asse”, un patto siglato da tutti i comuni attraversati da una linea di tram
e che ha l’obiettivo di incentivare una urbanizzazione più densa e strutturata
intorno alle fermate della futura linea.
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