L’esigenza di dare forma e sostanza alla “città metropolitana” evocata dalla legislazione attualmente in corso impone una riflessione sulla sua definizione in termini di funzioni e di perimetro amministrativo. Occorre anche definire cosa realmente si intende con il termine “città metropolitana”, se una sorta di super-città che si estende all’esterno di confini del capoluogo inglobando per così dire i territori ai suoi bordi oppure, cosa assai diversa, intendiamo una “regione metropolitana” intesa come area policentrica a struttura reticolare, dove la città capoluogo e i centri minori si relazionano in modo complementare e sinergico all’interno di una struttura policentrica.
In entrambi i casi, la rete infrastrutturale con i relativi flussi di persone, cose e informazioni si configura quale l’elemento che plasma il territorio supportandone le relazioni, a qualunque livello, tanto che soprattutto in funzione di tale rete è necessario, a nostro avviso, definire i confini dell’ azione amministrativa a livello locale.
La dimensione territoriale è, in base ad un orientamento ormai consolidato, il primo riferimento per il governo delle trasformazioni urbanistiche alle diverse scale. Un importante elemento che deriva da questa impostazione è il riconoscimento della forte connessione tra la dimensione della programmazione economica e quella della pianificazione territoriale. In altre parole, l’analisi delle potenzialità e delle fragilità che caratterizzano un territorio nel suo complesso è oggi il presupposto rispetto al quale è possibile valutare la fattibilità delle azioni di trasformazione.
La pianificazione territoriale deve necessariamente avere una valenza programmatica e di lungo periodo, e proporre visioni costruite a partire dagli elementi che strutturano il territorio: ambiente, insediamenti, infrastrutture.
Coerentemente con questa impostazione, l’istituzione delle città metropolitane segna una tappa ulteriore verso un livello di governance territoriale ed è per questo di vitale importanza che siano chiari gli obiettivi e le soluzioni che verranno adottate, perché è su tali scelte che si gioca il successo o il fallimento di questa importante sfida.
Questa avvertenza, che potrebbe suonare come pleonastica, è motivata dal fatto che la direzione imboccata dal legislatore sembra quella dell’imposizione a realtà territoriali anche molto variegate di uno schema rigido e astratto, che in definitiva sostituisce l’impalcatura amministrativo-burocratica delle province con quella, sostanzialmente analoga, delle città metropolitane. La nuova entità nasce di fatto inadeguata a risolvere concretamente le complesse problematiche delle concentrazioni urbane e delle “città-diffuse” perché ripropone schemi di governance non adatti per descrivere le nuove relazioni spaziali e sociali presenti nell’area.
Parlare in termini di città metropolitana o, meglio, di regione metropolitana, dovrebbe significare, a nostro avviso, non tanto la mera estensione dei confini amministrativi di una sorte di super-città inglobante le realtà circostanti, quanto piuttosto maggiori opportunità per i cittadini di condividere la vita urbana e l’accessibilità alle funzioni e ai servizi pubblici di tutti i centri costituenti tale regione.
In questa prospettiva gli abitanti dell’area diventerebbero effettivamente cittadini di un territorio più vasto di quello strettamente comunale, un territorio più ricco di opportunità nel suo complesso, potendo quindi condividere vantaggi, servizi territoriali, trasporti, mercato del lavoro, ecc.). L’obiettivo in termini di pianificazione diventa allora rendere questa integrazione sempre più concreta ed efficiente in termini di minori costi diretti ed indiretti.
Nel caso della mobilità, tali costi sono, ad esempio, quelli relativi al trasporto privato e al trasporto pubblico, alla qualità e salubrità dell’aria, alla congestione viaria, ai tempi di spostamento, ecc.).
Genova e il suo territorio, marcatamente policentrico pur essendo caratterizzato dalla forte polarità del capoluogo, possiede le caratteristiche, anche fisiche, di una regione “a rete” dove la maglia infrastrutturale (strade, ferrovie, porti) ha costituito da sempre l’armatura portante dello sviluppo economico e sociale.
Giovanni Astengo, alla voce “Urbanistica” dell’EUA osserva come “tutta la struttura urbana non può più, a partire dai primi anni del secolo (il 1900, n.d.a.), esser disgiunta dall’elemento dinamico e la rete dei trasporti pubblici nelle grandi città diventa ben presto un’ossatura “infrastrutturale”” e come l’area metropolitana sia caratterizzata da “frequenti e continui rapporti di interrelazione tra zona e zona, con “un intenso flusso di movimenti giornalieri di persone e cose”.
Il PUC recentemente adottato dal Comune di Genova riflette nelle sue linee strutturali l’esigenza di proiettare le scelte di lungo periodo anche al di fuori del limite strettamente amministrativo comunale, proponendo scelte strategiche che hanno forti impatti sul sistema infrastrutturale provinciale, regionale e anche nazionale (Terzo Valico, Nodo autostradale e ferroviario genovese, ecc.).
Genova si propone per il futuro quale nodo strategico di valenza internazionale essendo situata sull’incrocio di assi di comunicazione di livello europeo e mondiale (corridoi TEN, rotte marine transoceaniche) ed è per questo che non può prescindere dallo sviluppare una politica di governance territoriale che metta in gioco risorse estese sinergicamente con le entità territoriali limitrofe. Specularmente i territori che faranno parte della città metropolitana potranno utilizzare quei canali per inserirsi nel flusso degli scambi internazionali, e promuoversi a livello di territorio strutturato in grado di attirare cospicui interessi economici.
In questo senso la visione che Genova esprime attraverso il suo nuovo PUC appare quella più avanzata e più pertinente alla scelta, per noi auspicabile, di un nuovo assetto istituzionale che porti alla costituzione di città metropolitane intese però come entità policentriche di scala sovra urbana.
Il tema della mobilità appare, anche da questo punto di vista, altamente condizionante i possibili sviluppi evolutivi dell’area metropolitana nel suo complesso, in quanto sul capoluogo genovese confluiscono tutte le reti di livello regionale e sovra regionale.
Non si tratta, sia chiaro, soltanto di un problema di pianificazione infrastrutturale, perché anche il tipo di governance della mobilità ha influssi determinanti sulla fruibilità dell’area metropolitana. A tal proposito appare opportuno segnalare come l’attuale assetto della mobilità, priva di una visione davvero globale sul territorio regionale e provinciale, rappresenta una delle principali criticità soprattutto per gli alti costi di gestione che appaiono ogni giorno più insostenibili e per la scarsa integrazione funzionale tra le diverse modalità (gomma, ferro, urbano, extraurbano, ecc.) che genera una scarsa propensione all’utilizzo dei mezzi pubblici.
Altro tema legato strettamente a quello della mobilità dell’area metropolitana è la volontà di correggere i fenomeni di dispersione urbana attraverso la “densificazione” degli insediamenti, che viene perseguita ai fini di diminuire la congestione della mobilità tra centri attrattivi e insediamenti sparsi (tipicamente: residenze e centri direzionali decentrati).
Essa prevede l’insediamento di servizi pubblici e attrattori di traffico di scala metropolitana sui nodi della rete estesa all’area metropolitana stessa, privilegiando stazioni e fermate del trasporto pubblico e punti di interscambio tra mobilità pubblica e privata.
E’ importante, allo scopo di centrare l’obiettivo, calibrare gli interventi previsti per non generare, all’opposto, fenomeni di maggiore domanda di mobilità che richiedano ulteriori infrastrutture prima di aver adeguatamente utilizzato le potenzialità di quelle esistenti.
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