Una interessante ricerca effettuata
nei primi anni 2000 su 73 città portuali europee[1]
si è posta l’obiettivo di mettere in evidenza le leve che producono una
evoluzione positiva delle dinamiche urbano-portuali ed in particolare in quale
modo le strategie di riconversione di aree portuali dismesse possano comportare
consistenti vantaggi in termini economici e sociali per l’intero eco-sistema
urbano.
Essa individua quali indicatori
per l’analisi comparativa i seguenti quattro gruppi di temi:
1. I
dati riferibili all’economia portuale (traffici, dinamiche e ricadute in
termini di valore aggiunto prodotto, attrezzature portuali, attrezzature per
l’intermodalità)
2. Il
grado di connessione della città con le reti economiche e di trasporto europee
(accessibilità ai mercati regionali europei, attrattività per le imprese,
specializzazioni economiche ed industriali delle città, funzioni urbane di
rilevanza europea)
3. Il
tipo di governance delle città-porto (dinamiche territoriali riferite alle
interfacce città-porto, rapporti tra le diverse autorità di gestione degli
ambiti, creazione dell’immagine e della comunicazone)
4. Lo
sviluppo sociale indotto (analisi del tasso di disoccupazione in rapporto
alla media nazionale)
L’economia portuale
Secondo i risultati di tale
ricerca, Genova è, con Anversa, Amburgo, Rotterdam, Brema, Le Havre e
Felisxtowe nel gruppo dei porti più dinamici per quel che concerne i traffici
container anche in virtù delle vaste superfici di stoccaggio disponibili e
delle attrezzature di servizio per la manutenzione dei contenitori.
Per quel che concerne il grado di
modernizzazione e di specializzazione relativi al movimento dei contenitori Genova
appare un porto emergente (insieme, ad esempio, a Marsiglia, Barcellona,
Livorno, Algeciras, Valencia) anche in virtù della sua posizione nodale
rispetto ai corridoi logistici trans europei e mediterranei.
Dal punto di vista
dell’attrattività e dell’interconnessione modale dei flussi containerizzati, Genova
risulta essere un hub potenziale (insieme, nuovamente, a Marsiglia, Barcellona, Livorno, Algeciras,
Valencia).
L’efficacia, la varietà e il
numero delle interconnessioni modali rappresentano un vantaggio strategico e
anche una condizione necessaria per il funzionamento dei porti generalisti.
Analizzando le dinamiche del
traffico container, Genova è segnalata per la sua notevole crescita avvenuta
tra 1991 (344.000 TEU) e 2001 (1.527.000
TEU), un vero e proprio cambio di scala dell’impianto portuale confermato da
una crescita che, pur con alcune fluttuazioni ed in forme meno impetuose, è
confermata anche ai giorni nostri.
Genova è anche un porto a forte
valorizzazione generata attorno ai traffici (così come Anversa, Amburgo o
Barcellona), e una parte importante di tali traffici è composta da merci varie
(tra il 45 e il 65% del totale). Esso presenta inoltre un forte mix di
funzioni, e lo stesso si può dire degli altri porti facenti parte del cluster.
Il raggio di influenza europeo
I porti del Nord “raggiungono” in
6 e 12 ore di tragitto su strada una percentuale di popolazione tre volte più
elevata rispetto a quella raggiunta dagli altri porti europei, che raggiungono
in 12 ore il 6%, in media, della popolazione europea. Quelli dell’Europa del
Nord in 12 ore raggiungono in media il 18% e in 48 ore oltrepassano l’80%
(mentre tutti gli altri si attestano attorno al 50%). Queste performance sono
da ricondurre in primis alla densità urbana del Nord-Ovest dell’Europa e alla
qualità delle infrastrutture di trasporto ivi disponibili[2].
Se si analizza anche la ricchezza
accessibile il dominio dei porti del Nord appare ancora più accentuato. Questo
fenomeno è dovuto alla migliore accessibilità di tali porti alla cosiddetta
“megalopoli europea” che si estende grosso modo tra Londra e Milano e
concentra, ancora ai giorni nostri, la maggiore ricchezza prodotta a livello
continentale.
Se si considera il Nord-Ovest del
Mediterraneo, i porti di Savona, Genova e La Spezia presentano globalmente
(intesi cioè come sistema) il miglior posizionamento in rapporto alla
popolazione e alla ricchezza europea.
Ad esempio, tra Genova e
Algeciras vi è un differenziale di 1 a 6 per l’accessibilità in meno di 36 ore.
Anche Nizza e Marsiglia sono molto ben posizionati sia in termini di
popolazione che di ricchezza accessibile, e sono appaiati ai porti italiani
meglio classificati per l’accesso alla ricchezza in meno di 36 e 48 ore. La
concorrenza con i porti italiani è da parte di Nizza per quel che riguarda i
passeggeri, mentre Marsiglia fa concorrenza a Genova per quel che concerne le
rinfuse liquide.
Il raggio di influenza di un
porto appare quindi potenzialmente tanto più esteso quanto la popolazione (o la
ricchezza) accessibile è consistente e vicina. Per quel che concerne i porti
del Nord-Ovest del Mediterraneo il potenziale di accessibilità riferito alla
popolazione è all’incirca di 22-23 milioni contro i circa 32-33 milioni dei
porti dell’Europa del Nord. Dal punto di vista del potenziale economico, quello
dei porti del Nord-Ovest del Mediterraneo è di circa 380 miliardi di euro
contro gli oltre 600 miliardi di quelli dell’Europa del Nord.
Tra i porti del Nord Ovest quelli
del sud dell’Italia e della Spagna sono fortemente penalizzati, all’interno del
cluster, a causa della loro maggiore distanza dalle zone a forte densità
demografica ed economica e di una rete infrastrutturale poco efficiente. Il
valore più basso in questo senso appartiene ad Algeciras.
Dal punto di vista
dell’accessibilità delle città portuali, ossia il numero di città accessibili
in giornata, i fattori determinanti sono la dimensione urbana e l’attrattività
turistica. Nizza, Trieste e Venezia risultano essere per questo tra le
città-porto più accessibili. Questo fattore contribuisce a sviluppare il
traffico di passeggeri, ossia un indicatore maggiormente legato alla dimensione
urbana.
Genova risulta in base a questo
schema dotata di una accessibilità inferiore di due classi a quella delle tre
città sopra ricordate, e fa parte del cluster più numeroso di città europee che
comprende porti anche di tipo molto diverso, quali Anversa, Barcellona,
Catania, Rotterdam, ecc.
Se si considera il numero di
imprese portuali, si può osservare che è legato tanto alla taglia della città
quanto al volume di traffici marittimi, anche se è difficile stabilire delle
relazioni lineari di causa-effetto.
Genova risulta altresì tra le
città-porto aventi i traffici maggiormente differenziati (merci e passeggeri)
insieme a Venezia e Barcellona, mentre dal punto di vista delle attività industriali,
Genova presenta una debole diversificazione. Dal punto di vista delle attività
economiche dell’area urbana nel caso di Genova la dominante è rappresentata
dagli scambi, diversamente da Savona e da La Spezia dove la componente
industriale è più accentuata. Ciò conferma la tendenza che vede le città più
grandi aventi minore specializzazione rispetto a quelle minori, e nel caso di
Genova questa varietà rispecchia anche la varietà di traffici presente nel suo
porto.
Un altro indicatore importante
per valutare il raggio di influenza di una città (non solo di tipo portuale) è
la popolazione residente nell’area metropolitana, che va tuttavia
considerata incrociandola con parametri più specifici. Ad esempio, ve ne sono
due particolarmente indicativi, ossia l’accessibilità delle altre città e la
concentrazione di sedi principali delle grandi multinazionali, che nel caso
delle città portuali risultano più deboli rispetto all’insieme delle città
europee analizzate.
Sono due aspetti sui quali
occorre portare l’attenzione soprattutto in funzione dello sviluppo futuro che
si pensa di prefigurare per questo genere di città.
Genova dal punto di vista della
popolazione si pone in un gruppo di città di cui fanno parte anche, ad esempio,
Bari, Bilbao, Bordeaux, Brema, Glasgow.
Le grandi città tendono ad
ampliare il raggio di influenza delle funzioni di rango internazionale in
misura maggiore rispetto alle città di taglia media, anche se con diverse
sfumature e particolarità dovute, ad esempio, ai diversi regimi amministrativi
presenti nei diversi paesi.
Un indicatore che sta acquistando
una sempre maggiore importanza è la presenza di sedi universitarie e di
ricerca, che misura anche il grado di innovazione e di produzione
culturale.
Complessivamente il raggio di
influenza di Genova si situa in una classe medio-bassa (6° su 7) insieme a
città quali Bari, Brema, Liverpool, Rouen, Tarragona. Questo avviene nonostante
Genova, insieme a Savona e La Spezia, possegga come abbiamo visto il miglior
posizionamento tra i porti del Nord Ovest del Mediterraneo in rapporto alla
popolazione e alla ricchezza europea.
Tra le città portuali la più
“influente” risulta Amsterdam (classe 2) seguita da Barcellona, Lisbona e
Stoccolma (classe 3). Genova risulta dietro anche a Marsiglia (classe 4), e
Napoli, Nizza, Rotterdam, Venezia (classe 5).
Analizzare per Genova le cause di
questo differenziale appare dunque fondamentale per aumentare il raggio di
influenza della città migliorandone contestualmente la situazione
socio-economica.
Amsterdam è la città europea che
svetta per le sue funzioni internazionali nonostante la sua dimensione
demografica superi appena il milione di abitanti nel 2000. Essa presenta una
notevole mixità di funzioni finanziarie, collegamenti aeroportuali, un’alta
qualità urbana, e attira molte multinazionali oltre che numerosi turisti dai
quali scaturisce la ricchezza umana ed economica della città.
Genova, specie negli ultimi anni,
ha notevolmente rinforzato la vocazione turistica innescata dall’operazione
Expo92, riuscendo a diventare una delle mete più attrattive nel panorama
italiano e uno scalo crocieristico in costante crescita.
In effetti il raggio di influenza
è maggiore per quelle città portuali che non hanno specializzato le proprie
attività esclusivamente in funzione degli scambi portuali, ed hanno puntato
anche, ad esempio, sul turismo quali ad esempio Venezia, Amsterdam, Barcellona,
Atene, ecc.
La debolezza dei collegamenti con
le altre città appare tuttavia uno dei fattori che maggiormente penalizzano la
sua capacità di effettuare un passaggio di scala verso una dimensione
autenticamente europea, attrattiva di nuove professionalità e di imprese ad
alto valore aggiunto.
Chiaramente quanto più il mix di
funzioni è alto, tanto maggiore dev’essere la capacità di gestione degli
equilibri tra attività strettamente portuali e attività più spiccatamente
urbane, e qui entra in gioco il modello di governance che di volta in volta è
stato adottato e che costituisce una potente leva in grado di determinare lo
sviluppo dell’area città-porto nel suo complesso.
Governance e rappresentazione
Oltre ai dati economici relativi
ai traffici portuali e al raggio di influenza delle città porto, un altro
elemento particolarmente significativo dell’analisi è costituito dal tipo di
governance che i diversi attori urbani e portuali sono in grado di sviluppare:
quali azioni, quale coordinamento, quale comunicazione e quale rappresentazione
ne deriva agli occhi del mondo.
Tre sono le componenti che
consentono una ricognizione sulle dinamiche territoriali delle città
analizzate:
·
Il grado di complessità spaziale del sistema
città-porto
·
La capacità di “reattività” al problema delle
aree dismesse o sottoutilizzate
·
La reale volontà di effettuare una riconversione
Genova presenta un grado di
complessità elevato, dovuto anche alla distribuzione della superficie portuale
su più siti e presenta inoltre notevoli limitazioni alla sua espansione a causa
della conformazione geografica della costa ligure, stretta tra il mare e le
colline.
Quanto alla reattività al
problema delle aree dismesse, Genova è stata ed è ancora protagonista di una
delle più cospicue operazioni di riconversione di parti obsolete del porto
antico, per restituire alla città un ampio fronte mare completamente
trasformato e arricchito di nuove funzioni urbane e turistiche.
L’operazione ha avuto un grande
successo anche a livello internazionale, ed è attualmente uno dei casi studio
più conosciuti insieme, ad esempio, a quelli di Barcellona o Bilbao.
Effettuando tale riconversione Genova ha aggiunto alle funzioni tradizionali
portuali-industriali-terziarie-commerciali anche quelle
culturali-ludico-turistiche, entrando da questo punto di vista nel novero delle
principali mete a livello europeo e mondiale.
Tra le azioni messe in atto per
ottenere questo risultato, sono da segnalare le realizzazioni di strutture
architettoniche di rilievo internazionale (acquario, museo Galata, recupero urbano dei vecchi pontili e dei
magazzini del Cotone, ecc.), la creazione di una grande infrastruttura di
trasporto (metropolitana), l’organizzazione di eventi di importanza
internazionale (Expo 1992, GeNova 2004, G8).
La governance politica è stata un
fattore determinante per la realizzazione di questo risultato, perseguito sin
dall’inizio con grande determinazione e convinzione con l’obiettivo di giungere
ad un significativo rinnovamento dell’immagine e della vocazione della città
che portasse nuova linfa all’economia e alla società, auspicio che si è in
buona parte avverato.
Analizzando il complesso dei
progetti di riconversione realizzati dalle città-porto europee, alcuni temi
chiave emergono con forza:
·
Le strutture di tipo culturale (musei, auditori,
ecc.)
·
Strutture per il tempo libero
·
Centri terziari direzionali
·
Stazioni marittime
·
Università
·
Strutture per la balneazione
Genova
possiede tutte queste caratteristiche e forse anche qualcuna di più, e si pone
dunque come una città dove l’intervento di recupero urbano assume un carattere
paradigmatico.
In generale,
si osserva come la maggior parte delle operazioni di riconversione presentino
un carattere multifunzionale, dove le funzioni più tradizionali si affiancano a
funzioni innovative, soprattutto di tipo ludico e turistico.
Dinamiche di governance città-porto
Uno degli
fattori cruciali degli assetti delle città portuali è la natura della
governance delle aree di interesse, rispettivamente, della città e del porto. A
livello europeo, prevalgono nettamente i porti amministrati dalla mano pubblica
(49 contro 24). Di questi, alcuni sono “porti autonomi” retti da un’agenzia
come ad esempio i francesi Bordeaux, Marsiglia, Rouen, mentre altri come quello
di Nizza e Calais sono sotto il diretto controllo dello Stato e gestiti tramite
concessioni.
I porti
italiani e quelli spagnoli sono amministrati da Autorità portuali controllate
dallo Stato.
Nei porti del
Nord c’è meno uniformità: alcuni sono gestiti direttamente dall’amministrazione
comunale, altri da un organismo sprovvisto di personalità giuridica (Amsterdam)
o ancora da società di diritto privato (es.: Anversa, Rotterdam, Brema,
Amburgo).
Tra i porti
gestiti da amministrazioni private si segnalano soprattutto quelli britannici[3].
In essi la gestione è assicurata da società commerciali. Dover e Belfast, in
ragione della loro strategicità politica, sono gestiti da consigli autonomi
composti da responsabili economici e politici locali.
Complessivamente,
la tendenza in atto va verso la privatizzazione degli scali, sotto due forme:
·
Società di diritto privato (Anversa, Amburgo,
Brema, Rotterdam)
· Gestione dei terminal affidata agli operatori
privati (cfr. Italia[4])
limitando le competenze delle Autorità Portuali alla programmazione,
coordinamento, promozione e controllo delle operazioni
Una delle
istanze che si stanno facendo strada è quella inerente l’esigenza di una
gestione a livello regionale degli scali per mettere a fattor comune tutte le
potenzialità e confezionare un’offerta maggiormente competitiva a livello
internazionale.
Resta tuttavia
molto forte e condizionante il peso delle Autorità statali che tendono a
riferire ogni scalo direttamente al livello centrale, piuttosto che promuovere
alleanze di scala regionale.
Al di là delle
particolarità gestionali di ciascuna città portuale, che pure meritano uno
studio approfondito caso per caso, in tutti i casi in cui vi è stata una attiva
dinamica di cooperazione tra i diversi attori coinvolti (segnatamente, tra
operatori portuali e autorità cittadine) i risultati in termini di successo
delle attività di riconversione non sono mancati. E’ quindi logico supporre che
la dinamica di queste città passi oggi attraverso la costruzione di una visione
più integrata dello sviluppo urbano e portuale.
Genova
presenta, da questo punto di vista, un tipo di governance classificata
“emergente” al pari di Barcellona, Dunkerque e Glasgow, avendo messo in opera
una riconversione urbano-portuale di grande respiro. L’essere considerata
“emergente” è dovuto al fatto che non sono stati attivati fenomeni
partecipativi estesi alla popolazione nel momento delle decisioni, ma visti i
risultati ottenuti appare appropriato situarla tra la classe “emergente” e
quella “sofisticata”.
Quest’ultima
categoria è stata attribuita ad esempio alle città di Bilbao e Rotterdam, che
presentano tutti gli indicatori previsti (coordinamento della pianificazione e
coordinamento delle azioni decisionali e operative).
[1]
Les Villes Portuaires en Europe – Analyse comparative (IRSIT 2004)
[2] Nelle
infrastrutture di trasporto si intendono compresi tutti i vari aspetti delle
filiere logistiche (pratiche doganali, stoccaggio merci, trasbordi intermodali,
ecc.)
[3]
Cfr. abolizione del “National dock labour scheme” 1989 e istituzione del “Port
Act” 1991.
[4]
Cfr. legge sui porti, 84/1994
[5] Le
tonnellate movimentate da un porto non hanno tutte lo stesso valore. Per
analizzare la struttura dei traffici si utilizzano dei coefficienti di
ponderazione per ogni tipologia di traffico (in genere: merci varie, rinfuse
liquide, rinfuse solide).
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